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Politiche universitarie

"Professori a 30 anni". Intervista a Luciano Modica


 
 
01 febbraio 2007
di M.C.
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Senatore Modica, sono reali le preoccupazioni del mondo universitario italiano sui tagli per i settori Università e Ricerca contenuti nella legge finanziaria 2007?
"È una finanziaria difficile, inutile negarlo. Il governo sta cercando di realizzare un risanamento immediato dei conti pubblici per far fronte ad un enorme disavanzo relativo agli ultimi cinque anni. Tutti siamo chiamati a fare sacrifici, anche se Università e Ricerca alla fine saranno meno penalizzati di altri settori".

Come interpreta allora le clamorose dimissioni del suo compagno di partito Walter Tocci dall'incarico di responsabile per l'università dei Ds, per protesta contro le "promesse disattese" dal governo Prodi?
"Posso capire la posizione del mio amico Tocci. Ha ritenuto che il livello di comprensione dei problemi del mondo universitario da parte della classe politica e governativa sia stato insufficiente, soprattutto rispetto ai discorsi che avevamo fatto nel corso della campagna elettorale, ed ha quindi assunto una scelta di onestà intellettuale. Ma ritengo sia giusto guardare alla versione definitiva della finanziaria per giudicare: già è migliorata moltissimo rispetto alla prima stesura, in senato abbiamo inserito altri 230 milioni di euro in più che, sommati ai 420 precedentemente stanziati, portano la somma complessiva ad avvicinarsi sensibilmente a quel miliardo di euro che ci viene richiesto dal mondo universitario. Certo, non basta ancora: ma sono sicuro che Tocci continuerà a battersi con noi per trovare quei 100 milioni di euro che servirebbero ad eliminare il taglio del 20% sui cosiddetti consumi intermedi contenuto nel decreto Bersani-Visco e per raggiungere l'obiettivo che ci siamo posti per i prossimi cinque anni: far aumentare dall'1 al 2% la percentuale di investimenti pubblici per la ricerca rispetto al Pil, ed attestarci così sulla media europea".

Al di là delle misure per contrastare la carenza di risorse, quali sono le riforme - o le modifiche alle riforme precedenti - che il Mur intende attuare per rendere competitivo il sistema universitario italiano?
"Noi dobbiamo restituire al talento e al merito il ruolo che gli compete. Uno degli slogan che pronuncio frequentemente recita così: "Professori a 30 anni": ciò intende sottolineare l'esigenza improcrastinabile di ringiovanire il corpo docente delle nostre università, offrendo cattedre e fondi di ricerca specifici per i giovani, sganciandoli dai tradizionali "appoggi baronali" e impostando un sistema per le carriere che garantisca concorsi più onesti e rapidi. Questa rivoluzione non si ottiene certamente per decreto, ma richiede un tempo più o meno lungo, necessario ad abbandonare consolidati paradigmi sociali. Da parte nostra, dobbiamo investire più denaro ma dobbiamo soprattutto investirlo meglio, evitando gli sprechi e sottoponendo a meccanismi di rigorosa valutazione i percorsi che devono condurre al ruolo di "docente" tutti coloro che fanno insegnamento e ricerca".

Lei ha in mente una precisa strategia per favorire il ritorno dei "cervelli" o quanto meno per frenarne la fuga dall'Italia?
"Vorrei precisare che, secondo me, andare a studiare o a lavorare all'estero non dev'essere sempre considerato, specialmente in alcuni settori, come una fuga. L'importante è che rimanga attiva la bi-direzionalità di questi spostamenti, cioè che i nostri ricercatori siano invogliati anche a rientrare, o addirittura si possano attrarre anche "cervelli" esteri. Per far ciò la ricetta è scontata: ci occorrono nuove infrastrutture, laboratori, biblioteche: qui siamo indietro di anni rispetto a molti altri Paesi".

Nuove università in Sicilia. Le comunità locali di Ragusa e Siracusa reclamano la nascita di strutture accademiche statali ed autonome. A suo avviso questo è uno scenario possibile nell'immediato futuro?
"Non certamente nei prossimi tre anni. La finanziaria infatti ha stabilito una moratoria triennale sulla nascita di nuove sedi universitarie. Conosco bene ad esempio il caso di Ragusa, e so che stanno facendo un ottimo lavoro che non va assolutamente mortificato. Credo comunque che sia pensabile lavorare nel breve periodo per avere poli universitari validi, agganciati alle tradizionali sedi accademiche ma dotati di una certa sfera di autonomia, creando così un sistema virtuoso. Fra tre anni potremo quindi riconsiderare la situazione, valutando se in ciascuna delle città aspiranti esistono requisiti minimi molto significativi in termini di risorse umane, infrastrutture e supporto finanziario".