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Libri e dintorni

Il piacere della grammatica


 
 
01 febbraio 2007
di Salvatore Claudio Sgroi
scsz@libero.it
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Che cosa si aspetta un lettore da un libro di grammatica? E da un testo come la Prima lezione di grammatica, Roma-Bari, Laterza 2006, di Luca Serianni? Dell'autore cioè della istituzionale Grammatica italiana, edita nel 1988 dalla Utet, riedita come Garzantina di Italiano nel 1997 (e ora attesa in edicola il 25 aprile), potenziale libro di chevet di ogni vero insegnante di italiano, e più in generale di ogni italiano colto.

Quel che un lettore si può attendere in generale da un libro di grammatica è che esso sia a) (relativamente) semplice, b) coerente, privo cioè di contraddizioni interne, e c) adeguato alla realtà linguistica che prende in esame.

Una grammatica, cioè una teoria grammaticale, spiega la struttura, il funzionamento dinamico e variabile della lingua, gli usi dei parlanti/scriventi nativi, colti e incolti. Una teoria grammaticale assolve infatti a una funzione cognitiva, in quanto cerca di dar conto di uno strumento assai complesso quale è il linguaggio umano, identificando le norme (colte e popolari) in corrispondenza delle regole inconsce dei parlanti (colti o incolti) alla base degli infiniti usi espressivi e comunicativi della propria lingua materna. Una teoria grammaticale è quindi necessariamente limitata rispetto alla struttura aperta della lingua di una comunità di milioni di parlanti, ma anche rispetto alla struttura della lingua di un solo parlante.

Una teoria grammaticale è per definizione normativa, ma può caratterizzarsi come d-1) descrittiva se spiega il funzionamento linguistico senza giudizi di valore sulle norme colte e incolte, oppure d-2) prescrittiva se dà giudizi di valore su questo o quell'uso ritenuto "scorretto", "erroneo", "sbagliato", "sgrammaticato", ecc. "Scorretti" saranno tradizionalmente gli usi tipici dei parlanti "incolti", delle classi popolari e subalterne. Ma anche gli usi dei parlanti (mediamente) colti possono risultare "errati", "trascurati", "sciatti". Scorretto sarà in ogni caso l'uso 'incomprensibile' o 'poco comprensibile' del linguaggio del parlante colto o subalterno che sia.

Con riferimento alle caratteristiche di cui sopra, il testo di Serianni è relativamente semplice nella scelta spesso originale di dati linguistici e di prima mano proposti per la discussione teorica. L'autore prende in esame aspetti diversificati della lingua: testi di studenti universitari, scritture non-professionali, articoli giornalistici, testi letterari in poesia e in prosa, usi giuridici, prosa saggistica, ecc. Accanto a spiegazioni teoriche di tipo tradizionale ma anche sociolinguistico e testuale avanza giudizi di accettabilità e correttezza.

I 17 capitoli sono organizzati in maniera non scontata. Il lettore è invitato a riflettere sulla definizione di grammatica e sul rapporto tra lingua parlata e scritta nel cap. 1. "Il grammatico tra scriventi e parlanti"; sull'intreccio tra italiano antico e italiano moderno, per es. negli usi enclitici come locasi/si loca), come volevasi dimostrare, digli, non farlo/non lo fare ecc. nel cap. 2 "La deriva dell'antico nell'italiano di oggi". Nel cap. 3 "Il libro di grammatica" è proposta una storia della grammatica del '900 articolata in cinque periodi: 1) il sessantennio dal 1861 al 1923 cioè dall'Unità alla riforma Gentile, con le grammatiche di R. Fornaciari 1881, Morandi-Cappuccini 1894, Goidànich 1918 ricca di rilievi sociolinguistici; - 2) il trentennio del fascismo-idealismo, dal 1923 al 1951, con la grammatica di Trabalza-Allodoli del 1934 attenta agli usi letterari che l'A. tende a rivalutare, e di Battaglia-Pernicone 1951; - 3) il quasi ventennio della restaurazione grammaticalista dal 1951 al 1968, con testi prevalentemente scolastici; - 4) il quindicennio della crisi della grammatica (o da un altro punto di vista "della grammatica rivisitata") dal 1968-1983, fortemente influenzata dal gruppo Giscel 1975, con i testi scolastici di R. Simone 1978 e di F. Sabatini 1980; - 5) il periodo dal 1983 al - precisiamo noi -1988, mirante a "conciliare tradizione e innovazione", con il manuale di Dardano-Trifone 1983 e, possiamo aggiungere, con la grammatica dello stesso Serianni del 1988. Si potrebbe inoltre individuare 6) una ulteriore fase nettamente orientata verso le teorie moderne generativiste, testuali, sociolinguistiche, dal 1988 ad oggi, rappresentata dalla Grande Grammatica italiana di consultazione 3 voll. coordinati da L. Renzi 1988-19951 e 20012 , citata peraltro dallo stesso Serianni, e la Nuova grammatica italiana di Salvi-Vanelli 19921, 20042 (entrambe il Mulino ed.) editio minor di Renzi et alii, ecc.

Nel cap. 4 "Norma dei grammatici e norma [cioè 'uso'] degli utenti" Serianni affronta il delicato problema della norma, in un'ottica diversa da quella sopra abbozzata. L'autore presenta una rilettura del noto modello di E. Coseriu 1952 ("sistema, norma y habla"), in cui però, come riconosce lo stesso Serianni, "la sanzione sociale, il giudizio linguistico dei parlanti" sono lasciati "in ombra". Rifacendosi all'idea di "pudore morale", Serianni ripropone suggestivamente una sua nozione di "pudore linguistico", definito come "percezione della correttezza linguistica da parte dei parlanti e conseguente reattività nei casi di violazione di norme comunemente condivise". La nozione di correttezza è affidata ai "singoli utenti (che) possono lamentare pubblicamente un cattivo uso linguistico attraverso i mezzi di comunicazione di massa, soprattutto scrivendo i giornali". Per Serianni "è necessario ascoltare (...) la voce dei denuncianti, (...) concorde".

Si tratta in questi casi di usi linguistici per lo più non-popolari di utenti non-subalterni, e quindi, dal nostro punto di vista, di usi potenzialmente 'corretti', più o meno azzeccati secondo le circostanze e non di usi tout court errati. Anche "i dubbi e le incertezze" - la "zona grigia" presente in ogni lingua su cui Serianni insiste - rientrano in quella variabilità essenzialmente corretta, che dipende dalla sensibilità del parlante (medio-colto), es. insieme a / con. Ma pure "Le sanzioni irrogate dalla scuola di ogni ordine e grado" definiscono, ricorda Serianni, l'uso corretto: in questo caso gli usi condannati dalla scuola coinvolgono spesso (ma non solo) i tipici usi dei parlanti/scriventi il cosiddetto "italiano popolare", es. se lo pensassi lo facessi cioè 'se lo pensassi lo farei', 'se lo pensavo lo facevo'.

L'Autore nel cap. 5 su "La [iper]reattività del parlante [purista]" mostra anche come "il 'sentimento linguistico' da cui muovono i quesiti [dei lettori del foglio la Crusca per voi] è spesso fondato su basi precarie, ispirate a un astratto logicismo e nutrito della convinzione di un'inarrestabile decadenza dell'italiano [...] che invece [...] proprio nel XX secolo è finalmente diventato codice [panitaliano]". Il giudizio iper-puristico di certi parlanti su ciò che è 'scorretto' si rivela quindi assai discutibile, fermo restando che in un'ottica sociolinguistica, come sottolinea Serianni, tali iper-reazioni dei parlanti nativi sono segno di 'lealtà linguistica'. I giudizi dei parlanti costituiscono alla fine una sorta di "fonte" del diritto, su cui l'ultima parola spetta comunque, per Serianni, al grammatico.

Nei restanti capitoli Serianni propone l'analisi di fatti linguistici a livello testuale (cap. 6 "Grammatica e testualità"), caratterizzati da coesione morfo-sintattica e coesione logico-semantica. In particolare "la coesione" sintattica e lessicale è oggetto del cap. 7; qui si analizzano ess. di rapporti grammaticali e di connessione sintattica, come l'accordo, l'ordine delle parole, la reggenza - occasione per censurare il *vorrei che ne parliamo anziché 'vorrei che ne parlassimo' dell'ex-ministro Francesco D'Onofrio. L'autore vi include anche esempi di "coesione lessicale" ovvero solidarietà lessicali mancate (ess. gambe invalidate, intraprendere una relazione), gli "errori lessicali" spesso di tono popolare, e le "gradazioni incongrue", es. i tempi più eccezionali. Alla "coerenza" logico-semantica è dedicata il cap. 8. Cui segue nel cap. 9 l'analisi dei "coesivi", cioè di pronomi, aggettivi pronominali con fenomeni di anafora e catafora, sostituzioni lessicali mediante sinonimi e iperonimi, nomi generali (ess. cosa, roba), riformulazione, ellissi del soggetto. I "connettivi", cioè preposizioni, congiunzioni e avverbi sono oggetto del cap. 10. Più tradizionale il contenuto del cap. 11 ("Norma stabile e norma in movimento. Grafemi e segni paragrafematici"), la cui analisi non è però per niente scontata.

Riguardo alla punteggiatura (cap. 12), Serianni illustra vari casi innovativi di virgola, due punti, punt'e virgola, trattino, virgolette (non però del punto fermo), qua e là peraltro sanzionati. Alcuni sono presenti nell'uso stesso dell'Autore, come il punto enfatico a p. 60 dove un periodo inizia con "Che [= il che] magari è grave". O ancora a p. 121 dove l'Autore avvia e conclude un periodo con "Oppure quando la virgola nasce da semplice propagginazione delle legittime virgole seriali (...)". L'uso della virgola dopo un soggetto espanso o dopo più soggetti coordinati, è l'occasione per "motivare una deflessione" dalla regola tradizionale in quanto esigenza per Serianni di marcare una pausa, e non in quanto virgola 'tematica' non sintattica. Ciò però - puntualizza lo stesso A. - "non implica riconoscerne la legittimità", trattandosi di "virgola indebitamente adoperata". Ma la 'virgola tematica' ha usi colti e in testi differenziati assai diffusi.

Per l'autore "non è ammissibile, almeno nell'italiano contemporaneo" il fatto che "le virgole incidentali si applicano alla parola sbagliata", come nel caso dell'apposizione nella frase "La deputata dei Verdi, Luana Zanella, ha presentato una interrogazione" colta in materiali studenteschi. In realtà, usi del genere non sono né rari, né solo studenteschi. Per es. nell'art. di F. Grignetti su "La Stampa" del 12 gennaio 2007 si leggeva: "l'avvocato dei Cesaroni, Lucio Molinaro, dice di non aver avuto il coraggio di chiamare la madre di Simonetta", che peraltro in un articolo dello stesso giornalista del giorno dopo alterna con: "Contro Mentana si schiera anche Lucio Molinaro, legale della famiglia Cesaroni".

Il cap. 13 riguarda il sessismo linguistico ("Il nome: femminile ideologico e professionale") e l'adattamento morfologico del "plurale dei forestierismi". Nel cap. sul gerundio e gli ausiliari (cap. 14) l'Autore ricorda "l'errore di non riferire il gerundio al soggetto (...) occasionalmente (...) anche in scriventi professionali (giornalisti e scrittori)". Su cui peraltro altri grammatici, per es. Salvi-Vanelli 2004 non sarebbero del tutto consenzienti. Serianni riporta al riguardo la frase del "Corriere della Sera" del 21.8.2004: "Le dichiarazioni del compagno Bertinotti mi hanno sconcertato dicendo che avrebbe accettato le decisioni prese a maggioranza": errata in quanto con soggetti certamente diversi. Ma dal punto di vista semantico, le due frasi condividono l'"agente", ovvero colui che fa l'azione, cioè Bertinotti, il che rende accettabile l'es. in questione.

Al problema dell'"Accordo" l'Autore ritorna nel cap. 15, per quanto riguarda il soggetto multiplo, il participio passato, il si passivante, l'indefinito qualcosa, l'allocutivo di cortesia, la costruzione a senso. Infine, "la proposizione relativa" (cap. 16). Nel cap. 17 di chiusura, "Tirando le somme", Serianni ribadisce la sua ottica di grammatico neo-purista: "Il punto di partenza di questo libro (...) sta nella tradizionalissima alternativa giusto/ sbagliato (...) verificata sull'uso di scriventi reali, dai giornalisti, agli scrittori, agli studenti". L'Autore non condivide peraltro "chi denuncia una decadenza generale della proprietà linguistica in cui nessuno si salva", in quanto "mostra di non tener conto del naturale dinamismo della norma che non è mai fissata una volta per tutte". Da ultimo va segnalato il puntuale e utilissimo "Indice delle cose notevoli", cioè delle parole discusse e delle nozioni tecniche, per una meditata consultazione.