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Facoltà

Architettura a Librino

Il tema dei grands ensembles

 
 
01 febbraio 2007
di Zaira Dato Toscano
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Credo di non dire nulla di nuovo nel ribadire che una fetta consistente del lavoro svolto all'interno di settori disciplinari con forti implicazioni applicative tiene conto delle condizioni al contorno che caratterizzano, dal punto vista geo-storico e socio-economico, il territorio in cui l'università ha sede. Con questa affermazione non si vuole rafforzare una tendenza all'automarginalizzazione localista, quanto piuttosto sostenere l'opportunità di intensificare il confronto fra categorie di problemi che emergono dalla ricognizione di una casistica planetaria e le situazioni analoghe che si riscontrano nel territorio bacino d'utenza dell'università.

Il tema delle grandi periferie urbane, nelle quali la città compatta si è slabbrata, non è certo di esclusiva pertinenza delle regioni del basso Mediterraneo. E' innegabile, però, che la loro identità in ogni area, per quanto partecipe di un codice progettuale sommariamente omologante, è necessariamente caratterizzata dalla geografia, dall'etnia prevalente, dalle ragioni originarie dell'espansione, dai modi e dalla distribuzione del lavoro e della produzione che connotano l'economia del luogo.

Catania oggi si trova a dover affrontare non solo il problema della pressione sul proprio centro urbanizzato di tutte le sacche periferiche in cui si è andata espandendo, ma anche e soprattutto quello assai più inquietante della qualità della vita in quelle sacche nelle quali risiede la maggior parte della sua popolazione, la sua forza lavoro reale o potenziale, la massa che connota la sua immagine e la sua identità prevalente. Paradossalmente si sta verificando che le espansioni derivate da pressioni autonome e insediamenti abusivi, con il passare del tempo presentano un gradiente maggiore di quello rilevato nelle aree pianificate.

In questo settore, la metodica dei grands ensembles, di derivazione francese o delle città satelliti, di origine inglese, negli anni del dopo-guerra ha rappresentato una delle strade più accreditate per prevenire e razionalizzare l'espansione indifferenziata del corpo delle città maggiori, con il ricorso ad un meccanismo che mirava a promuovere e consolidare tendenze policentriche.

Librino è il nostro grand ensemble o, se si preferisce, la nostra cittàsatellite, nata sotto l'egida di un atto magniloquente e forse sovradimensionato con il quale un'amministrazione comunale di un certo colore, per non sentirsi da meno di un'altra di diverso colore - quella della Bologna della fine degli anni Sessanta - chiamava una star del firmamento dell'architettura e dell'urbanistica internazionali , quale era l'architetto giapponese Kenzo Tange. Lo studio Tange, all'inizio degli anni Settanta, produsse un progetto per l'insediamento di ben settantamila abitanti e cioè per circa un quinto o poco più di tutti gli abitanti della Catania di allora. Fra il 1972 e il 1979, il progetto subì alcune modifiche per opera dello stesso studio giapponese, con il contributo dello studio dell'ingegner Lo Giudice di Catania, al quale l'amministrazione comunale in seguito avrebbe affidato del tutto la realizzazione dell'intero piano.

Le linee guida del progetto Tange consistevano nella strutturazione di un'ossatura generale di aree a verde a supporto di un complesso di servizi di calibro sia urbano che di quartiere, che costituissero la spina dorsale di dieci settori residenziali, ognuno dei quali dotato di alcuni servizi di esclusiva pertinenza, che fungessero da poli di aggregazione per i diversi comparti residenziali. Questi sarebbero stati costituiti da una certa gamma di alloggi aggregati fra loro secondo tre o quattro diverse formule, ipotizzando nuclei di destinatari di caratteristiche sociali varie, da collocare sia in edifici a destinazione mista che in altri esclusivamente residenziali. A tal fine erano stati previsti fabbricati a torre ed edifici a corpo libero, relativamente alti e dal fronte esteso, entrambi i tipi a destinazione mista, ed edifici via via più bassi ed esclusivamente residenziali. Pur attestandosi su indici di rarefazione delle superfici inedificate difficili da ridurre a spazi di aggregazione in senso urbano, si deve riconoscere che il disegno previsto da Tange , per l'articolazione dei rapporti reciproci fra i fabbricati destinati agli alloggi , era stato concepito per promuovere in certa misura ciò che oggi la scienza dell'architettura e dell'urbanistica definisce enclaves. Ma ciò che si pensava che avrebbe potuto scongiurare il pericolo di creare un ghetto periferico era la previsione che complessivamente Librino sarebbe stato contenuto e sostenuto da una consistente dotazione di servizi, come si è già detto, di scala urbana, che avrebbero comportato che la città interagisse con il proprio satellite. Con questa affermazione non si vogliono tessere le lodi del piano Tange, l'esame del quale è uno degli aspetti di una ricerca attualmente in corso di svolgimento presso il Dipartimento di Analisi, Rappresentazione e Progetto delle aree del Mediterraneo della facoltà di Architettura del nostro ateneo. Si fa soltanto cenno al fatto che lo scenario da quello prefigurato non andrà in porto con le caratteristiche delineate dall'autore giapponese, per buona parte degli aspetti che consideriamo positivi, sia perché la lunghezza dei tempi della realizzazione di quel piano trova inevitabilmente modificate le condizioni al contorno, sia perché gli orientamenti che emergono dal lavoro dello studio Lo Giudice sembrano perseguire obbiettivi parzialmente differenti da quelli del progetto originario.

Librino in questo momento è un grande calderone ribollente, nel quale convivono esempi interessanti di architetture griffate, esperienze integrate di architettura ed ideologia che ancora si mantengono vitali anche dal punto di vista della tenuta sociale (come gli alloggi della cooperativa degli Amiconi del nostro Giacomo Leone), a fronte di edifici e complessi di manufatti forse mal calibrati nel passaggio dal piano al progetto architettonico. Nonostante la qualità di alcune architetture, come la torre di Giuseppe Samonà, come alcuni complessi per cooperative di abitazione ed altri esempi che per esigenze di brevità non elenchiamo, l'immagine complessiva risulta quella di una situazione periferica che dà l'idea di trascuratezza generale, d'incompiuto, di eccesso di sicumera nella manomissione della scena naturale per mettere in moto processi di difficile governabilità. Questi hanno generato trincee di cattivo calcestruzzo armato a vista, con le quali certamente sono stati alterati equilibri idrogeologici preesistenti ed assetti morfologici dai quali sarebbe stato meglio lasciarsi guidare durante la progettazione anche esecutiva.

 


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Dei grandi servizi di scala urbana, della ossatura portante di verde attrezzato, dell'ospedale, degli edifici universitari e dello stadio, ancora si parla soltanto; del grande lago non si farà più niente e tutto ciò mentre le ondate successive che mano a mano hanno popolato l'area sfuggono a qualunque possibile processo di aggregazione fra le diverse categorie di abitanti del quartiere. Piccola e onesta borghesia, operai ed artigiani, classi a rischio, sorvegliati speciali e gruppi di nomadi abusivi, coesistono in uno scenario inquietante e complessivamente disagiato, nel panorama del quale la generosità di alcune associazioni di volontariato cerca di operare per incidere sul reale, ma anche per portare al di fuori di quei confini la propria testimonianza.

Prima fra queste, se non altro per capacità mediatica e per ampiezza di coinvolgimento, è l'associazione culturale Fiumara d'Arte di Antonio Presti che da più di cinque anni svolge a Librino un meritevole lavoro di penetrazione nei gruppi sociali e nella scuola. L'obbiettivo di Presti consiste nel ribaltare la coscienza di sè, che fino ad oggi ha contrassegnato l'identità del cittadino medio delle fasce più a rischio fra gli abitanti di questa grande sacca periferica, in una consapevolezza del proprio valore, sulla quale fondare la rivendicazione del diritto alla dignità.

Non è questo il solo obbiettivo selezionato da Presti nel novero delle sue battaglie per lo sviluppo delle popolazioni siciliane, condotte attraverso la penetrazione della cultura usata come strumento di sensibilizzazione e, nello stesso tempo, in grado di catturare l'attenzione degli esterni: cavallo di Troia del riscatto civile delle fasce sociali deboli. Non dimentichiamo che Presti è il promotore di quel "museo diffuso" nel territorio e nelle case degli abitanti dei comuni della costa tirrenica orientale, con il quale ha fatto sì che quelle popolazioni fossero sensibilizzate nei confronti del valore dell'arte e della "bellezza" - come egli stesso preferisce dire. Altra battaglia che il nostro mecenate-artista ha condiviso è quella sul problema dell'acqua, di cui recentemente la stampa ha dato notizia: è riuscito, infatti, a portare in Sicilia e a Librino la moglie dell'ex presedente della Repubblica Francese, signora Danielle Mitterand, impegnata su scala mondiale sul tema della carenza d'acqua in molte regioni del pianeta.

Ma fra gli obbiettivi di Fiumara d'Arte c'è anche quello di coinvolgere l'università perché sia disposta a mettere al servizio del territorio le proprie competenze disciplinari. Nello stesso tempo le si chiede di stimolare nella coscienza dei propri studenti e dei ricercatori in via di formazione la responsabilità nei confronti dei problemi concreti e più pressanti che il territorio di pertinenza manifesta. Già da due anni, infatti, la facoltà di architettura dell'università di Palermo ha stipulato con l'associazione di Presti un protocollo d'intesa che ha come obbiettivo l'impegno per la salvaguardia, la bonifica e la riqualificazione del territorio attraversato dal fiume Oreto, sia coinvolgendo i comuni interessati -Palermo, Monreale, Altofonte- per le opere da programmare, sia impegnando l'attività didattica di quattordici fra corsi e laboratori sul tema dell'area dell'Oreto.


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La stessa occasione è stata offerta alla facoltà di Architettura dell'ateneo di Catania per il caso Librino; il protocollo d'intesa è attualmente in via di elaborazione bilaterale da oltre un anno. La proposta che muove dall'associazione Fiumara d'Arte consiste in un complesso di attività che vanno dall'impegno di alcuni corsi, laboratori e tesi di laurea sugli orizzonti da disegnare per il futuro prossimo del quartiere, all'attivazione di mostre, seminari e workshops internazionali che abbiano per oggetto Librino e il tema della periferia contemporanea, oltre che le riflessioni sui grands ensembles e sulle città satelliti, sulla città dispersa e sulla città diffusa, sulle polveri urbane e sulla città policentrica, su tutto l'arco vario e articolato, cioè, dei fenomeni che la dimensione metropolitana dello spazio urbanizzato oggi pone come temi disciplinari al mondo dell'architettura.

Questa ampia mobilitazione messa in moto da Fiumara d'Arte mira evidentemente a dilatare l'eco del problema Librino, tanto da farne un traguardo d'interesse così generale che non si possa eluderne ulteriormente la soluzione; mira anche a fare del nostro territorio un laboratorio di calibro internazionale che contribuisca a collocare l'ateneo di Catania a livelli competitivi fra le università maggiormente accreditate, in un numero sempre più esteso di ambiti disciplinari.

Per lanciare un programma di tale portata Presti propone di attivare contemporaneamente, e nell'arco di due anni a partire da quello scorso, le procedure utili a mettere in piedi un'iniziativa che lui ama chiamare Il museo Sole di Mezzanotte. Non si tratta di realizzare un edificio, ma di trasformare durante tutte le ore di buio le pareti cieche di sessanta edifici residenziali di Librino in schermi su cui proiettare immagini prodotte da artisti famosi nel mondo, che lo stesso Presti si preoccuperebbe di reclutare con i propri mezzi, fra fotografi e registi cinematografici. Il contenuto di quelle immagini è ciò che rende particolare il progetto, il quale consiste nel comporre fotograficamente i volti degli abitanti di quegli edifici: ognuna di quelle persone, così, vedrebbe trasformata le propria effige in oggetto d'arte e si troverebbe inaspettatamente a potersi ripensare come materiale del mondo della bellezza.

È inutile dire quante e quali resistenze siano state abbattute per ottenere quel consenso che Presti ha guadagnato con l'aiuto dei dirigenti scolastici  attraverso gli scolari che si sono fatti tramite presso le proprie famiglie nel corso di un periodo lungo cinque anni. Ma la determinazione con cui Presti ha perseguito questo obbiettivo si giustifica con l'alto potenziale sociologico in questo contenuto, per il fatto che qualche conseguenza la dovrà pur comportare , in un contesto antropologico e culturale tale che in buona parte si possa parlare di Librino come zona difrontiera , che un così alto numero di abitanti si vedano proposti come oggetto estetico e non più - o soltanto - come soggetti definiti chi  a rischio e chi disagiati .

Realizzare il Museo Sole di Mezzanotte, mettendo in moto una potente campagna mediatica, farebbe, fra l'altro, di Librino un motivo di attrazione per molte categorie di visitatori ; il che provocherebbe una certa quantità di effetti indotti che accelererebbero fenomeni di integrazione e intreccio di attività di diversa natura , dello stesso tipo di quelli che la storia sedimenta in tempi prima più lunghi e dai quali deriva quella complessità di caratteri che conferisce ad alcune forme di antropizzazione dei territori spessore ed identità urbani .

E' a partire in primo luogo da questo progetto che l'associazione Fiumara d'Arte chiede che la facoltà di Architettura scenda in campo, supportandolo sia con prestazioni interdisciplinari, sia contribuendo a dilatarne la risonanza.