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Facoltà

Il progresso sulle onde della radio

Convegno a Ingegneria su Guglielmo Marconi nel 70° della sua scomparsa

 
 
31 ottobre 2007
di Gabriella Alfieri - Salvatore Casale
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Il 20 luglio presso l'aula magna della facoltà di Ingegneria si è tenuto un convegno per commemorare la figura di Guglielmo Marconi nel 70° della morte. Il convegno è stato organizzato dall'università di Catania, dall'associazione culturale "Romeo Prampolini", dalla sezione di Catania dall'AEIT (Federazione Italiana di Elettrotecnica, Elettronica, Automatica, Informatica e Telecomunicazioni), con la collaborazione della Fondazione Guglielmo Marconi, dei Circuiti culturali di ateneo e di Radio Zammù.

Il prof. Salvatore Casale, ordinario di Telecomunicazioni alla facoltà di Ingegneria, ha presentato la figura di Guglielmo Marconi, mettendo in evidenza le sue grandi qualità di uomo, di scienziato e di imprenditore. Ha illustrato, in una sintetica ed esauriente  biografia, le principali conquiste scientifiche del grande inventore, dai suoi esperimenti giovanili alla prima trasmissione radiotelegrafica attraverso l'Atlantico fino allo studio sui radar negli ultimi anni della sua vita. Ha posto in rilievo anche la sua figura di audace imprenditore, con la fondazione nel luglio 1897 della Wireless Telegraph and Signal Company creata allo scopo di avviare il perfezionamento e la commercializzazione della sua invenzione. Si è quindi soffermato sulle motivazioni scientifiche che hanno permesso al Marconi, malgrado lo scetticismo e l'incredulità degli scienziati dell'epoca, di trasmettere a grande distanza segnali telegrafici tramite le onde elettromagnetiche, aprendo la strada ai moderni sistemi di radiocomunicazione, come i sistemi satellitari e le comunicazioni mobili. Ha infine elencato alcuni dei numerosi riconoscimenti ed onorificenze ricevuti da vari organismi internazionali e ha ricordato che il giorno dopo la sua morte, avvenuta a Roma il 20 luglio 1937, le stazioni radio di tutto il mondo, ad ora convenuta, interruppero le loro trasmissioni per due minuti, in memoria dell'uomo le cui intuizioni ed invenzioni avevano annullato le distanze tra i continenti.

Il convegno è proseguito con la proiezione di un interessantissimo filmato della Fondazione Marconi in cui dalla stessa voce dello scienziato e attraverso immagini e spezzoni di filmati d'epoca sono illustrati i primi esperimenti di collegamenti radio a grande distanza e in particolare vengono descritte e commentate le varie fasi che hanno preceduto e seguito la prima trasmissione radio attraverso l'Atlantico, superando varie difficoltà ed incidenti, tra i quali un ciclone che nell'estate del 1901 distrusse le antenne e gli apparati della stazione Americana. La stessa voce di Guglielmo Marconi  rievoca che il 12 dicembre dello stesso anno tra le stazioni di Puldhu in Inghilterra e di St. John, Newfoundland (Canada) avvenne la prima comunicazione radio intercontinentale con la ricezione della lettera "S" in codice Morse, nonostante il presunto ostacolo della curvatura terrestre che gli scienziati d'allora ritenevano insormontabile.


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Il dott. Fabio Chisari (Phd Montfort, Leicester, UK), ha tratteggiato la parabola evolutiva del medium radiofonico in correlazione alle dinamiche socioculturali e sociocomunicative dell'ultimo secolo. In particolare è emersa la sommessa ma sostanziale presenza della radio nella realtà esistenziale degli ascoltatori come essenziale strumento di informazione e di intrattenimento che dispiega le proprie potenzialità comunicative attraverso i linguaggi della sonorità verbale e musicale, adattandosi  con sorprendente vitalità e versatilità alle diverse esigenze eticoculturali e di costume delle varie epoche.

Sulla stessa linea si colloca l'intervento della prof.ssa Gabriella Alfieri, ordinaria di Storia della lingua italiana che si è soffermata sulla prodigiosa e vertiginosa trasformazione della radio da mezzo di comunicazione strategica, per usi bellici o in situazioni di emergenza, a mezzo di intrattenimento e di acculturazione sociale. Fondamentale in tal senso il passaggio dal consumo collettivo al consumo domestico: in questa cornice si inseriva  tanto il mandato propagandistico dell'epoca fascista - in cui l'URI (Unione radiofonica italiana) trasmetteva proclami, discorsi e canzonette patriottarde o d'amore melodrammatico, o di morale edificante, stile Profumi e balocchi - quanto il mandato identitario dell'epoca bernabeiana, allorché la Rai si incaricava di riaggregare ed educare la comunità nazionale distrutta dalla guerra. Negli anni '50 e '70 in effetti si avvicendavano e si rafforzavano a vicenda medium radiofonico e medium televisivo nella missione etico-didascalica della Rai del monopolio: la "scatola sonora" alimentava l'offerta culturale dello "specchio magico" con idee e spunti per i tre macrogeneri fondanti dell'emittenza pubblica (informazione, intrattenimento, fiction), e per la prima volta nella storia linguistica del nostro paese la popolazione intera (o almeno in proporzioni massificate) veniva a contatto con la lingua parlata.

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Come nel passato il melodramma, il cui consumo non era vincolato alla lettura e all'alfabetizzazione, aveva fatto sì che la lingua italiana colta e media raggiungesse anche parlanti semicolti come lacché, guardarobieri, camerieri, altrimenti confinati nella dialettofonia, la radio come mezzo divulgatore di canzonette e varietà e di testi teatrali o letterari, o di dibattiti culturali e di informazione giornalistica, si qualificava come medium democratico e popolare di acculturazione linguistica. La radio e subito dopo la televisione diventavano così modelli diretti di un italiano ancora aulico e sostenuto, ma finalmente parlato dal vivo: gli Italiani avevano la loro prima scuola di massa di lingua e, con il radiodramma e il teleromanzo, il primo teatro "nazionale".

Nel 1976, con l'avvento dell'emittenza privata, la funzione acculturante cedeva il passo alla funzione ludica, con un impatto sociale più capillare e mirato a segmenti di pubblico prefigurati: con le radio commerciali o locali nasceva la programmazione di flusso, che dava voce a gusti e opinioni del pubblico. Rivoluzionaria la pratica delle telefonate in diretta degli ascoltatori, il cui italiano parlato reale - con le cadenze regionali e la spontaneità sintattica -  si affiancava a quello programmato - con la dizione studiata e la linearità stilistico-grammaticale - dei professionisti della parola trasmessa dai media audiovisivi. Una lingua di comunicazione diretta e interattiva come quella parlata (e non più unidirezionale come quella della radiotv del monopolio), e insieme pianificata e registrabile a futura memoria come quella scritta, che emana, riflette e rilancia tendenze, come specchio dinamicamente "rimodellante" piuttosto che piattamente "modellizzante" di usi discorsivi.

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