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Facoltà

La cultura della Manutenzione nel progetto edilizio e urbano

I nuovi approcci tra servizio, elaborazione normativa, comunicazione, feedback e pianificazione della gestione 

 
 
31 ottobre 2007
di Vittorio Fiore
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Il convegno nazionale  su "La cultura della Manutenzione nel progetto edilizio e urbano" organizzato dal laboratorio ManUrba -Laboratorio di Ricerca per il progetto di Recupero e di Manutenzione Edilizia e Urbana- istituito presso il Dipartimento A.R.P., si è articolato in due giornate di studi, 24 e 25 maggio 2007, presso la sede della Facoltà di Architettura di Siracusa. Obiettivi: delineare lo stato dell'arte ed evidenziare nuovi orientamenti della ricerca nell'ambito della disciplina manutentiva, intesa nelle sue diverse declinazioni.

A questo incontro hanno partecipato studiosi ed esperti da tutta Italia dando luogo ad un evento proposto dall'area tecnologica per il programma dei festeggiamenti del decennale della facoltà di Architettura dell'Ateneo di Catania con sede a Siracusa. Le sessioni delle due giornate di studio hanno raccolto numerosi contributi mettendo in luce un quadro degli interessi di studio caratterizzanti la ricerca degli ultimi anni in questo ambito.

Le problematiche della manutenzione del costruito, riferite al nuovo, all'esistente, all'edilizio, all'urbano -ambiti trasversamente relazionati tra loro- hanno generato l'assetto programmatico del convegno nel corso del quale sono stati indicati nuovi spunti di ricerca teoretica, applicativa e sperimentale. Si è sottolineato il ruolo della manutenzione come servizio erogato da enti e articolato in vari livelli qualitativi, come elaborazione normativa, come veicolazione della comunicazione (la delicata fase informazione-decisione), come trattamento delle informazioni di ritorno (il feedback di dati su cui muove l'intero processo), come pianificazione delle azioni gestionali.

Volendo rintracciare le radici del dibattito sulla manutenzione in Italia, bisogna partire dal campo normativo, dall'ingresso della Legge 457/78 in cui le definizioni delle categorie manutentive e più in generale delle attività di recupero, risultano ambigue e contraddittorie rispetto ai presupposti teorici, generalmente apparentati a principi di conservazione, giustificando comportamenti anche estremamente trasformativi sotto la dizione delle diverse categorie di intervento.

Sono passati più di vent'anni da quando Giuseppe Ciribini, recependo i numerosi contributi di ricerca e di normazione anglosassoni, introdusse nel dibattito scientifico italiano la problematica della manutenzione attraverso una sistematizzazione di saperi convergenti (provenienti da ambiti pluridisciplinari: filosofia, economia, statistica, informatica, sociologia, processo industriale, chimica. medicina, ecc..) per una corretta organizzazione dell'azione in campo edilizio; i suoi scritti costituiscono ancora oggi un valido punto di riferimento.

Da allora i gruppi di ricerca delle diverse sedi universitarie, formatisi sulla base dei contenuti epistemologici della Tecnologia dell'Architettura e più in particolare della Cultura Tecnologica della Progettazione, hanno costruito una scuola di pensiero, hanno affinato il tema del progetto degli interventi sul costruito, hanno tracciato i metodi e sperimentato gli esiti su numerosi e diversificati ambiti, hanno messo a punto strumenti sofisticati, hanno codificato teorie e prassi, consentendo oggi di parlare di cultura della manutenzione.  L'insieme dei contributi al convegno, molti dei quali omogenei per riferimenti ma diversificati per campi di applicazione, ne testimoniano lo stato dell'arte ed i nuovi orientamenti, delineando una linea di sperimentazione e didattica comune.

Si è assistito nel tempo ad un arricchimento del corpus terminologico cui corrispondono diverse filosofie d'approccio e conseguenti azioni: alla riparazione (fondata sul rilievo della consistenza dei sistemi tecnologici per una corretta impostazione dell'intervento isolato), all'adeguamento (che impone azioni quali il conformarsi e l'adattarsi), alla correzione (vista come semplice intervento risolutivo di guasti imprevedibilmente insorti), si aggiungono come processi la prevenzione e la programmazione - basate su attività previsionali e gestionali - che convergono nel controllo delle trasformazioni come fase fondamentale attraverso la quale reinterpretare il processo manutentivo.


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L'atteggiamento culturale che oggi contraddistingue l'iter progettuale per l'edificio, individua nella manutenzione un fare strategico che mira a garantire l'efficienza dei sistemi costruiti attraverso un progetto evoluto, informato dalle logiche dell'anticipazione e della previsione.
Un concetto basilare emerso nelle ricerche presentate è la criticità, per la quale vengonodefiniti criteri di individuazione e valutazione; quest'ultima risulta azione fondamentale per una visione sistemica dell'insieme di quei fattori(prevedibilità del guasto, vetustà, sistemi bistabili, proliferazione dei guasti, obsolescenza, tempo di rilevamento del guasto) che, non considerabili singolarmente, vanno analizzati congiuntamente per delineare appropriate strategie.

Nella sessione manutenzione e beni culturali, il dibattito si è incentrato sul recente "Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio" del 2004, che offre ulteriori spunti di riflessione sulla manutenzione da operare su edifici monumentali restituiti ad una fruibilità contemporanea; qui le azioni da intraprendere sono ancora più attente, specialistiche, volte alla salvaguardia di memorie di grande valore.
Attraverso una rilettura delle definizioni attribuite alle parole chiave conservazione, manutenzione, prevenzione, si sono indagati ruolo e modalità di applicazione delle strategie manutentive, valutandone le valenze trasformative; si è ragionato parallelamente sulle prassi operative della manutenzione, ribadite dal codice, controllo delle condizioni, efficienza funzionale, e sugli obiettivi di conservazione dell'integrità e dell'identità dei manufatti.

La sessione manutenzione urbana ha spostato l'attenzione sul controllo e il governo delle trasformazioni e, al contempo, sulla conservazione dell'assetto della città esistente che ne restituisce l'identità; principale compito della manutenzione urbana è quello di rendere la città luogo della conoscenza, sistema in cui si possano ritrovare i valori e rileggere la nostra vita.
Nella trasformazione risiede però anche l'esito delle azioni sul costruito condotte, spesso in modo inconsapevole e ingovernato, seguendo istanze di adeguamento insite nella natura della città; questo necessario cambiamento, molto più frequente e più dannoso, fa fronte parallelamente a mutamenti culturali e a nuove esigenze abitative, frutto dell'evoluzione temporale e tecnologica, in una parola: obsolescenza. Altri processi degenerativi sono dettati dalla elevata concentrazione di funzioni urbane in rapporto alle quali il tessuto della città si presenta non calibrato e quindi subisce impatti violenti. Ad esempio, quello provocato dalla ipermobilità. Conseguenza quest'ultima, della erogazione di servizi calati in modo inconsapevole, sul tessuto esistente, dal modello imperante di città impresa che porta a considerare esclusivamente l'efficienza economica e sociale della città.

Ciò è quanto concerne le modificazioni a scala urbana; alla scala del componente urbano, quindi ascrivibile alla scala edilizia, la trasformazione può essere provocata da azioni che tentano di risolvere gli effetti di fenomeni riconducibili ad usura e obsolescenza del costruito. Si sono proposte così metodologie per la gestione del cambiamento, attuate attraverso diverse politiche e piani opportunamente scelti e messi in relazione per raggiungere obiettivi, economici e non economici. Un sistema di azioni da progettare ed attuare ad alti livelli, finalizzati anche alla trasmissione, in prospettiva futura, degli esiti delle nostre azioni sul costruito, specchio della cultura contemporanea.

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