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Facoltà

Kengo Kuma. Selected work 1994 - 2004

A Siracusa una mostra fotografica itinerante

 
 
31 ottobre 2007
di Luigi Alini
Kuma e alini con gli studenti di sr.jpg

'I poeti traducono in immagini l'incantamento della materia .'
Gaston Bachelard, Causeries

La mostra itinerante Kengo Kuma. Selected work 1994 - 2004 è l'esito di un lavoro di ricerca durato circa quattro anni, reso possibile grazie ad un accordo quadro tra la Provincia regionale di Siracusa e la facoltà di Architettura dell'ateneo di Catania.

Prima monografica allestita in Italia sull'opera del maestro Kengo Kuma, la mostra, patrocinata da vari enti e organismi (Ministero dell'Università e della ricerca scientifica e tecnologica, Ministero per i Beni e le attività culturali, Ministero degli Affari esteri, Japan Foundation, Regione Sicilia, Comune di Siracusa, Ordine degli architetti di Siracusa), assume come ambito d'indagine le relazioni tra costruzione e figurazione, materia e forma. Le opere del maestro giapponese sono presentate con l'obiettivo di restituirne la 'genesi', 'gestazione' e 'nascita', fino a rendere evidente quello che è dietro l'architettura e che la rende possibile, il non visto, la fatica quotidiana del cantiere, il 'lavoro paziente' che Kuma compie sulla materia per farla divenire costruzione, materia formata.

L'allestimento, progettato dallo stesso Kuma, è formato da una serie di 'scatole', boîtes à miracle, da cui escono pezzetti di puzzle da rimontare, frammenti da ricomporre in un'immagine dell'architettura che nulla ha a che fare con ciò che l'architettura è nella sua realtà. I box, che fungono sia da strutture espositive sia da 'contenitori' per il trasferimento della mostra in altre sedi, sono tutti diversi tra loro e sono realizzati con gli stessi materiali impiegati nella costruzione delle opere cui rimandano. Una scelta che, dal punto di vista tattile/percettivo, rinvia in forma analogica al 'principio generativo' che ha caratterizzato il progetto e la costruzione delle opere.

Le architetture sono così ricondotte a 'temi radice', elementi invarianti nell'opera di Kengo Kuma: natura/artificio; luce/ombra, semplice/complesso, opaco/trasparente, provvisorio/permanente, massivo/leggero, superficie/profondità, univoco/molteplice, trama/ordito, continuo/discontinuo, ripetizione/variazione, alto/basso. Ricorrendo ad una sorta di 'sistema retorico', Kuma annulla ogni contraddizione: la costruzione si fa narrazione e l'unità è generata dalla ripetizione della parte. Un modo di operare assimilabile proprio alla natura retorica del linguaggio, inteso come luogo della 'molteplicità interrogativa', luogo delle differenze a confronto.


la mostra Alini.jpg

I box espositivi sono composti di parti fisse e parti mobili. Aprendo cassetti, facendo scorrere e ribaltando piani è possibile 'svelare' ciò che essi contengono: grafici di progetto, plastici di studio, schizzi, foto delle fasi costruttive. L'interazione tra soggetto ed anti-oggetto determina continui mutamenti di quest'ultimo, che cambia in ragione delle modalità con cui noi ci rapportiamo ad esso: un meccanismo che rinvia, ancora una volta, alla natura ambigua delle opere di Kengo Kuma, ad una realtà multiforme, molteplice, dalle mille sfumature. Il dialogo che si realizza tra il soggetto e l'anti-oggetto, tra box espositivi e opere ci sollecita così a 'scoprire' una realtà più vasta, ad andare oltre quello che appare in superficie, ad agire sui significati che entrano nella 'costruzione delle forme'.

In questo senso, la mostra è un invito ad assumere un punto di vista interno all'immagine, a spostare lo sguardo dall'immagine alla sua 'impronta', fino a far emergere un'interpretazione più ampia dei significati attribuibili al fare, alla tecnica, alla materia e al modo in cui Kuma la utilizza, 'la piega': principio generativo attraverso il quale ci fa cogliere la natura arcaica dell'architettura, l'esistenza di strutture di significato stabili. Perché, come testimoniano anche le denominazioni delle opere, Plastic House, Adobe Museum, Stone Museum, Great Bambolo Wall, Oribe, Seigaiha paper house, sembrano rinviare ad un principio generativo, ad una ricerca figurativa esercitata sulle possibilità espressive della materia. La materia come elemento generatore del comporre, è questo il principio in base al quale Kuma rende evidente la dialettica tra il 'già stato' e il 'non ancora'. Perché all'astrazione della ragione egli predilige l'immediatezza dell'intuizione, il sentimento plastico della materia.


Kuma.jpg

La mostra, nella sua tappa ad Ascoli Piceno, si è poi arricchita di un ulteriore e significativo elemento, il Padiglione Oribe. Il Padiglione, una rivisitazione della tradizionale stanza per la cerimonia del te, è un'installazione temporanea realizzata su progetto di Kuma in policarbonato alveolare. In sintonia con l'estetica zen, il padiglione è uno spazio di pura contemplazione, uno spazio vuoto a partire dal quale vengono esplorate le potenzialità della materia. Riflesso e profondità in quest'opera sembrano convivere e lo spazio interno, avvolto in un alone di luce misteriosa, ci rimanda ad un'immagine dotata di una potenza dirompente, di  una forza che trascende il suo significato specifico. Parafrasando Warburg, potremmo definirla un'immagine che ha la memoria del futuro.

La realizzazione in autocostruzione del Padiglione è il risultato di una sperimentazione condotta in ambito didattico, che ha visto gli studenti del Laboratorio di costruzione dell'architettura IB da me tenuto interagire con gli studenti dell'analogo corso tenuto dal prof. Massimo Perriccioli presso la facoltà di Architettura di Ascoli Piceno. Trasferire all'interno dell'attività didattica le connessioni tra ricerca, formazione e professione è stato questo l'obiettivo di quest'esperienza, che ha visto i due gruppi di studenti impegnati prima a ridisegnare e poi a costruire, pezzo per pezzo, il padiglione, la cui costruzione è stata resa possibile grazie alla generosa collaborazione di un gruppo d'aziende che hanno sostenuto l'iniziativa (Targetti Sankey s.p.a., Seves s.p.a., Bayer Sheet Europe s.p.a).

Ora, dopo un 'viaggio' durato ben tre anni e dopo aver fatto tappa a Napoli, Bolzano, Milano, Ascoli, Roma, Stoccolma, Torino e Padova la mostra si appresta rientrare a Siracusa, dove mi auguro di poter allestire una mostra permanente.


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