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Università e territorio

Risalendo le lunghe valli dell'entroterra siciliano

Viaggio al centro dell'Isola, tra centri spopolati e abbandono del patrimonio

 
 
31 ottobre 2007
di Agatino Rizzo
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Cosa sia l'entroterra siciliano oggi è un gran mistero. Frutto di logiche politico-economiche di antica data, ai giorni nostri il cosiddetto "Centro di Sicilia" sembra più un bel paesaggio da mettere in cartolina, o da guardare da lontano, che un nodo centrale della pianificazione dello sviluppo regionale.

Eppure, anche i territori dell'entroterra soffrono problemi pari almeno a quelli delle aree situate sulla costa, queste ultime molto più popolate e  dinamiche delle prime. Nonostante i continui tentativi di riforma del latifondo a partire dagli inizi dell'ottocento - con le leggi di eversione del regime feudale - e successivamente con l'unificazione della penisola italiana - con la legge Corleo sulla quotizzazione dei beni della «manomorta ecclesiastica» e del demanio pubblico - ed i primi anni del secondo dopoguerra - con la legge di riforma agraria - l'entroterra sembra costantemente affetto da processi di «degradazione e di disgregazione» per nulla risolti.

Il continuo spopolamento dei piccoli centri interni, l'abbandono delle terre, il rapido invecchiamento della popolazione, l'assoluta "invisibilità" sul piano globale dei centri urbani minori che non riescono a fare "sistema", l'assenza di una forza lavoro specializzata, l'inesorabile degrado dei tessuti urbani dei centri storici e dell'eccezionale patrimonio diffuso sul territorio (masserie, case cantoniere, vecchie stazioni ferroviarie, etc.), la poca competitività delle aziende agricole estremamente frammentate sebbene portatrici di tecniche e di tradizioni di riconosciuto valore, sono alcuni dei principali aspetti che almeno dal dopoguerra ad oggi non hanno trovato un'adeguata risposta sul piano delle politiche di sviluppo del territorio regionale.

Sebbene la pianificazione regionale abbia tentato, in modi sempre diversi, un recupero razionale delle aree interne, coinvolgendo peraltro più volte storiche figure dell'ateneo catanese - prima con i piani di sviluppo agricolo del «Val d'Anapo» di Giuseppe D'Urso e della «piana catanese» di Ernesto Dario Sanfilippo; ed oggi con i piani paesaggistici dell'ambito 13 (Etna), 17 (Siracusa) e 18 (Enna) redatti con la consulenza dei dipartimenti DAU e ASTRA dell'Università di Catania - pare ancora prevalere la logica dei piccoli interventi a "pioggia" che poco sembrano agire sugli aspetti strutturali della degradazione del patrimonio naturale e storico-culturale dei territori interni.

Giovanni Campo, uno dei pochi, tra gli urbanisti siciliani, ad essersi occupati della problematica del recupero e dello sviluppo dell'entroterra siciliano, in uno degli ultimi suoi testi scrisse che
se è vero che la superficie territoriale dei 333 comuni minori è di quasi 18.000 Kmq (sui complessivi 25.000 dell'Isola), con una densità abitativa di appena 104 ab/Kmq, allora a ragione la Sicilia potrebbe essere ancora considerata come un grande parco. [.]. Un grande parco, dunque, la parte "non urbanizzata" del territorio, che può diventare scenario della riqualificazione dei centri minori.


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Un parco che nelle ipotesi di Campo non è soltanto una grande riserva naturalistica ma funge anche da "dispositivo" territoriale, da grande laboratorio si potrebbe dire, dove sperimentare nuove pratiche collaborative di pianificazione e di sviluppo del territorio.

L'attività di ricerca sull'entroterra siciliano, seguendo un percorso laterale rispetto agli storici studi sulla città e sulle aree metropolitane, continua ad interessare l'Università di Catania e in particolare il primo dottorato in urbanistica e pianificazione territoriale delle facoltà di Ingegneria ed Architettura anche attraverso una intensa attività seminariale in Italia e all'estero (HUT Helsinki, 2006 ; INU Napoli, 2007; Bauhaus Dessau, 2007).

Applicando una originale metodologia di studio che combina descrizione, analisi quantitativa e rappresentazione cartografica, si sta mettendo a punto un nuovo modello di "lettura" dei processi di trasformazione territoriale che riguardano l'entroterra così come i territori costieri. La possibilità di "misurare" la velocità di questi processi sta alla base del modello che permette di individuare territori veloci, dove appunto la velocità e la violenza dei processi di trasformazione è grande; lenti, dove i modi dell'abitare diffuso ed una nuova e competitiva agro-industria valorizzano le sinergie fra spazi aperti ed aree metropolitane; e infine lunghi, dove i processi di trasformazione si diluiscono nel tempo ed interessano ambiti di eccezionale vastità (l'entroterra siciliano). Il modello produce come risultati delle "griglie" territoriali che aiutano a individuare, caso per caso all'interno del territorio siciliano, le problematiche specifiche dello sviluppo suggerendo possibili scenari alternativi che tengano conto delle potenzialità "nascoste" nel territorio e non  ancora innescate.

L'elaborazione, seguita dalla visualizzazione delle informazioni geografiche tramite tecnologie GIS (Geographic Information Systems o, in italiano, Sistemi Informativi Territoriali), è uno degli elementi principali della metodologia di studio che sta permettendo di raffinare il modello dei territori veloci, lenti e lunghi attraverso una conoscenza puntuale dei fatti territoriali. Tutto questo senza perdere di vista la centralità del sapere «esperto» -  delle varie competenze relative allo studio e al governo del territorio - e di quello «diffuso» degli abitanti e di tutti gli attori territoriali che vivono i processi di trasformazione.

Oggi più che mai si hanno a disposizione strumenti, metodologie e strutture di ricerca capaci di dare risposta a questioni tuttora irrisolte, come un sostenibile ed efficiente sviluppo dell'entroterra siciliano. Un'auspicabile collaborazione fra università, istituti di ricerca, enti locali e regionali, così come una forte azione di sintesi e di convergenza fra esperti, responsabili delle decisioni politiche e abitanti, potrebbero costituire un passo risolutivo in questa direzione.

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