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Politiche universitarie

La responsabilità etica e sociale dell'università


 
 
01 marzo 2008
di Maurizio Caserta
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La funzione pubblica esercitata dall'università non è diretta ad una sola categoria di soggetti. Se non si può negare che i suoi primi destinatari sono gli studenti, non si può ignorare al tempo stesso che altri effetti vengono prodotti a favore di altri soggetti. Basti solo pensare alle ricadute della ricerca scientifica - sui temi della salute, dell'ingegneria, dell'economia, del diritto e via dicendo - sul benessere dell'intero ambiente sociale a cui quella funzione pubblica si riferisce. E non solo: si pensi all'interesse della comunità locale a che un numero sufficiente di medici, di insegnanti, di ingegneri, di magistrati venga offerto ad essa attraverso l'azione formativa dell'università. E ancora: le imprese e le amministrazioni pubbliche hanno un interesse alla fornitura regolare da parte dell'università di competenze specifiche che permetteranno loro di poter funzionare a pieno regime. Insomma, gli stakeholder dell'università, ossia i suoi portatori di interessi, sono tanti e compongono una lista necessariamente aperta.

A fronte di tali interessi non vi è sempre, tuttavia, un corrispondente obbligo dell'università di soddisfarli. In alcuni casi l'obbligo è precisamente definito e disciplinato, come avviene con riferimento alla prestazione formativa a favore degli studenti iscritti; in altri casi esso esiste ma è di difficile definizione, come avviene per l'obbligo di svolgere ricerca scientifica; in altri ancora, non esiste, come avviene, per esempio, per l'obbligo di fornire alle imprese le competenze necessarie al loro regolare funzionamento. Ci si può chiedere allora se merita attenzione un interesse per la cui tutela non esiste una disciplina; nessuna impresa, per esempio, potrebbe chiedere conto al sistema universitario del perché non riesca a trovare ingegneri con una specifica competenza professionale, così come un ospedale non potrà rendere l'università responsabile di una cattiva preparazione dei medici. Nessuno negherebbe tuttavia che questi interessi esistono e che non possono essere ignorati.

L'idea che nell'esercizio dell'azione pubblica, ma anche di quella privata, si debba andare al di là degli obblighi disciplinati contrattualmente o per legge è ormai consolidata. È l'idea che sta alla base del principio di rendicontazione etica e sociale che molte imprese private e pubbliche amministrazioni hanno adottato negli ultimi anni. Vi è la consapevolezza che l'azione pubblica, così come l'azione delle imprese private, incide su interessi apparentemente lontani ma che ad un esame più attento possono rivelarsi assolutamente cruciali. Basti pensare alla responsabilità ambientale delle imprese e all'insieme degli strumenti che sono stati elaborati per rendere visibile ed apprezzabile tale responsabilità, come il bilancio ambientale. La considerazione esplicita di tali interessi, anche fuori dai contratti o dagli strumenti di legge, è alla base del concetto di governance, che tenta di dar conto della necessità di allargare l'ambito degli interessi considerati sia nello spazio sia nel tempo. La buona pubblica amministrazione, così come la buona azione privata, deve tenere conto degli effetti prodotti sull'insieme degli interessi coinvolti, ed intervenire con opportune correzioni laddove l'azione non sia coerente con il perseguimento di qualche interesse generale.

A volte esistono obblighi chiaramente definiti, come quello di non discriminare nell'esercizio dell'azione pubblica, per i quali tuttavia può essere difficile accertare l'eventuale violazione. Per esempio, esiste l'interesse degli studenti, o dei giovani che si avvicinano alla carriera universitaria, ad essere trattati in modo eguale. Esiste cioè l'obbligo per l'amministrazione pubblica di non discriminare tra posizioni identiche. In realtà, accertare che questa regola sia seguita nelle diverse circostanze è cosa assai difficile. Allora prevedere meccanismi di controllo aggiuntivi, come quelli - solo per fare un esempio - esercitati da un comitato etico, potrebbe rientrare in quel principio di rendicontazione etica e sociale di cui si è detto. Si accrescerebbe in questo modo la capacità per la pubblica amministrazione di coordinare l'impatto che essa ha sull'insieme degli interessi coinvolti.

L'università di Catania ha acquisito da tempo la consapevolezza che occorre rendere conto della propria azione ad un ambito di soggetti molto più ampio di quello tradizionale degli studenti e della comunità scientifica. Le famiglie, le amministrazioni locali, il sistema delle imprese, gli ammalati, le comunità cittadine sono tutti soggetti per i quali l'azione dell'università non è neutrale. Questo cammino deve essere proseguito e rafforzato. Si tratta di un percorso che ha ricevuto molti incoraggiamenti negli ultimi anni.

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In un documento dell'assemblea della CRUI del 17 giugno 2004 vengono fissati i principi fondamentali e le linee guida che le università dovrebbero seguire sulla governance. Tra l'altro si afferma: "Sarebbe peraltro opportuno che le università accompagnassero il bilancio consuntivo annuo con un bilancio sociale, strumento integrativo di valutazione dell'attività istituzionale, di contributo per una effettiva rendicontazione della coerenza rispetto agli obiettivi istituzionali, di comunicazione del valore creato dall'istituzione per i suoi principali portatori di interesse per i suoi studenti e le loro famiglie". Inoltre il ministro della Funzione pubblica ha diramato nel marzo 2006 una direttiva sulla rendicontazione sociale nelle pubbliche amministrazioni e delle Linee guida per la redazione del bilancio sociale, indirizzate anche alle università.

È opportuno pertanto che l'università adotti in modo pieno l'approccio di governance e che si conformi, per tutte le sue attività, al principio della rendicontazione. Un auspicio affinché l'intero sistema universitario italiano faccia propria questa logica è contenuto nella relazione sullo stato delle università italiane presentata dal presidente della CRUI Trombetti nel novembre del 2006.
Nella sezione Governance e Valutazione si afferma: "Vi sono due modi per esercitare il controllo. Controllare i processi o controllare i risultati. Nel primo caso il controllore fissa le modalità con cui utilizzare le risorse: le tipologie di spesa, i tetti da rispettare, le risorse professionali e tecniche da acquisire. Nel secondo caso indica gli obiettivi da conseguire, le loro modalità di valutazione, lasciando libero il controllato di individuare i processi più idonei a conseguirli. Fino a ieri l'orientamento era che bisognasse controllare i processi. . A mio avviso è venuto il momento di compiere una decisiva svolta culturale. . Si tratta semplicemente di rinunciare a progettare il funzionamento del sistema universitario in tutti i suoi particolari. Limitandosi a predisporre per contro centralmente solo obiettivi e principi molto generali, lasciando liberi i soggetti di applicarli come meglio credono. E valutare infine con severità e precisione i risultati ottenuti".

Uno strumento efficace per 'rendere conto' dell'azione dell'università è il bilancio sociale, attraverso il quale l'ateneo potrà esporsi alla valutazione dei suoi stakeholder e permettere loro di esercitare il controllo in modo informato e consapevole. Potrà rendere conto dell'impatto avuto sui principali interessi coinvolti: la formazione del capitale umano, la ricerca scientifica, l'innovazione, l'animazione culturale, la progettazione dello sviluppo, la sanità, ma anche il civismo, la tutela dei diritti, le pari opportunità, l'ambiente, le generazioni future, l'apertura alle nuove culture, la cooperazione internazionale. A questo scopo occorrerà costruire speciali indicatori di risultato, oltre a quelli già esistenti, che permettano di valutare la misura in cui l'università di Catania si avvicina o si allontana da taluni benchmark di riferimento, sia nel tempo sia nello spazio.
Sarà utile, insieme al processo di elaborazione del bilancio sociale, adottare dei codici di condotta, o codici etici, che, in alcuni dei campi rilevanti, possano suggerire e incentivare comportamenti o disincentivarne altri.

La funzione di orientamento del comportamento dei componenti della comunità accademica che viene svolta da un codice etico - oltre a quella che già promana dalle leggi e dai regolamenti - può essere di estrema importanza. La forza delle norme morali e delle norme sociali, a volte, può essere maggiore di quella delle norme legali. Il sistema universitario italiano, infatti, si è avviato da tempo alla pratica di aderire a Carte dei Diritti e dei Doveri, strumenti di promozione di comportamenti virtuosi. Si pensi alla magna charta delle università sottoscritta a Bologna nel 1988 o, più recentemente, alla dichiarazione di impegno delle università italiane - sottoscritta nel luglio 2005 a Camerino - all'attuazione della carta europea dei ricercatori e di un codice di condotta per l'assunzione dei ricercatori.
Ma si pensi anche alle esperienze di singoli atenei, come quelle che hanno portato alla elaborazione del codice etico dell'università di Bologna, del codice di comportamento dell'università di Torino, o del codice di condotta dell'università di Padova.

L'università di Catania deve sempre di più adottare regole e comportamenti che permettano il confronto tra il suo operato e quello di altre università italiane e straniere, e deve sempre di più sottoporsi al controllo dei suoi principali stakeholder. Ciò potrà fare - oltre a ciò che è stato già realizzato - se si attrezzerà per costruire un bilancio etico e sociale e se adotterà un codice etico in cui venga formulato l'impegno a seguire regole di condotta coerenti con la sua ampia, profonda e diversificata funzione pubblica. Un passo in questa direzione è stato già compiuto attraverso la costituzione del Comitato paritetico sul fenomeno del mobbing destinato a monitorare il rispetto dei fondamentali principi di dignità e correttezza sul posto di lavoro e di impedire comportamenti prevaricatori e persecutori.
È un modo per rendere conto ai legittimi portatori di interesse del modo in cui l'università agisce su uno dei 'beni' fondamentali, che è la dignità e la professionalità dei soggetti a vario titolo coinvolti nell'azione dell'ateneo.

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