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Libri e dintorni

Se la memoria è in giallo

Appunti vaganti su Gianrico Carofiglio. Lo scrittore barese ospite della facoltà di Giurisprudenza

 
 
26 marzo 2007
di Andrea Schembari
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"Nell'estate di quattordici anni addietro ho immaginata e scritta una storia di potere e di crimine che prendeva avvio [.] da una lettera anonima composta con parole ritagliate dall'Osservatore romano; oggi - d'estate e nello stesso luogo - mi trovo a cominciare una storia vera da una lettera anonima che a un ritaglio dell'Osservatore romano si impasta. [.] Perché meravigliarci della causalità della casualità, di tutti gli assortimenti, i ritorni, le ripetizioni, le coincidenze, le speculari rispondenze tra realtà e fantasia, le indefettibili circolarità di cui è fitta la vita e ogni vita: se rappresentano - ormai lo sappiamo - il solo ordine possibile?".
Così - garante Borges - Leonardo Sciascia introduceva se stesso, nell'estate del 1979, alla rilettura delle carte autografe di monsignor Angelo Ficarra, il vescovo di Patti che a conflitto terminato, nel 1946, si era rifiutato di farsi tramite di una catechistica ingerenza ecclesiastica sulle intenzioni di voto dei fedeli della diocesi: rilettura condensatasi nel libretto dal titolo Dalle parti degli infedeli, primo volume della collana "La memoria" che lo stesso scrittore aveva pensato per l'editrice Sellerio.
Ventisette anni dopo, il volume 690 della stessa collana è un agile, accattivante romanzo d'ambientazione giudiziaria con cui il magistrato barese Gianrico Carofiglio (nella foto a fianco) restituisce ai lettori la terza indagine di quell'intrigante e ormai compiuto personaggio dell'avvocato Guido Guerrieri: che in sede d'arringa finale, svolge - con sofferenza - quasi un'intima riflessione, personale variazione sul tema delle possibilità di un ordine dell'esistenza: "Lo so bene che la regola di esperienza posta a base della storia del pubblico ministero è più forte della mia. Ma questa regola di esperienza non è la  vita. È, come tutte le regole di esperienza, un modo di interpretare i fatti della vita, nel tentativo di dare loro senso. Ma la vita [.] è più complicata dei nostri tentativi di ridurla a regole classificabili e a storie ordinate e coerenti. [.]. La vita non funziona attraverso la selezione della storia più probabile, più verosimile o più ordinata. La vita non è ordinata e non risponde alle nostre regole di esperienza.".


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Ragionevoli dubbi(a fianco: la copertina del libro; sotto: il lungomare di Bari Vecchia) è il titolo della quarta prova narrativa dello scrittore togato, la terza - come detto - costruita sulle vicende professionali, sentimentali e, tout court, esistenziali di un piacente, dimidiato e un po' spiantato, avvocato quarantaduenne, barese e bibliofilo:  e tanto basta - per Corrado Augias - ad aprirgli le porte di quel circolo esclusivo frequentato da non più di una dozzina di personaggi-detectives (quale che sia la loro vera professione), "penso a Holmes, Marlowe, Maigret". E tanto è bastato, d'altronde, a generare un entusiasmo ed un'adesione di pubblico rilevanti, cresciuti, pare, fra le soffiate e gli scambi tipici di un genuino e partecipato tam tam fra lettori incalliti e inguaribili di nuove "inquisizioni".
Così lo scorso dodici febbraio, avevamo immaginato bene che ci saremmo ritrovati, all'incontro con l'autore tenutosi alla Facoltà di Giurisprudenza - aperto dalla presentazione del preside, prof. Luigi Arcidiacono e moderato dai docenti della facoltà di lingue Luciano Granozzi e Attilio Scuderi - circondati da agguerritissimi lettori pronti a pungolare lo scrittore sui temi "caldi" che lo riguardano, in realtà ormai raffreddatisi in una vulgata che già, a pochi anni dall'esordio letterario con il felicissimo Testimone inconsapevole (Sellerio, 2002), avvolge e precede le uscite pubbliche di Carofiglio scrittore: temi coerenti, in vero, dalla facile operazione d'intruppamento del nostro nel filone del legal thriller di area anglosassone, il cui capofila risulta essere l'americano Scott Turow, all'accostamento proposto con altri magistrati scrittori come il siciliano Domenico Cacopardo e il salentino Giancarlo De Cataldo, dall'evidente autobiografismo di alcuni dei tratti salienti dell'avvocato Guerrieri - quell'ironia latente, e i gusti musicali, letterari, perché no?, persino gastronomici - fino all'epifania dell'odierna, inattesa Bari - nuovo polo di rinascita culturale del Sud - quasi classicamente definita dall'inchiesta apparsa su "Repubblica" lo scorso cinque febbraio a firma di Curzio Maltese; ma che allontanano l'esperienza scrittoria da quel nucleo affascinante di senso che la identifica come intima esperienza conoscitiva, di sé e del mondo, occasione unica di verità.

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Sensazione, questa, confermata dalla lettura del romanzo e dalle confessioni d'autore ascoltate quel pomeriggio: che inducono a credere che Gianrico Carofiglio abbia preso a scrivere per dare vera e definitiva espressione alla propria memoria e della propria terra, se ad accompagnarlo nella stesura delle prime prove c'era la convinzione - ammessa - di aver posto mano non ad un romanzo di genere ma di formazione, ad un testo capace poi di ben disporsi ad ogni nuova riattivazione e arricchimento di senso portati da ogni singolo atto di lettura; e c'era, al medesimo tempo, il desiderio di donare una dimensione etica alla propria scrittura, da esercitare continuamente con un'onestà narrativa che permettesse "di scrivere cose vere"; e in questo senso - "con Sciascia" nota l'autore - il "giallo", volutamente non è quello classico (non la domanda: chi èstato?, guida il "giallo giudiziario" ma: sarà l'indiziato dichiarato colpevole?), "portatore di un'idea del mondo regolato": ma la sua forma s'impone come la migliore per tenere il lettore legato fino all'ultima riga e concedere all'autore il sommo privilegio di potergli dire quanto ha da dire, di portarlo alla coscienza dell'esercizio del dubbio civile: di ragionevoli dubbi che mettano le storie - narrate e vissute - "in un destino di verità".