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Dossier/ Il ruolo dell'Università per lo sviluppo di una cultura ambientale

Salviamo le spiagge con la sabbia sottomarina


 
 
30 marzo 2009
di Enrico Foti
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"Sabbia a perdita d'occhio, tra le ultime colline e il mare. La Spiaggia. E il Mare. Il muto esistere di acqua e terra, opera finita ed esatta." (A. Baricco, Oceano Mare, RCS Rizzoli Libri, 1995).

La perfezione di questo equilibrio è oggi fortemente a rischio per la continua avanzata del mare sulla costa, ossia per l'inarrestabile erosione che oramai interessa la gran parte degli arenili italiani. L'Italia, infatti, se da un lato risulta essere la meta preferita dai turisti europei per il fascino delle proprie spiagge, dall'altro, è anche il paese europeo a più elevato rischio di compromissione del patrimonio costiero: su circa 7500 chilometri di coste, quasi 2500 chilometri patiscono problemi di arretramenti importanti della linea di riva.

Tutto ciò non solo rappresenta una perdita economica immediata, considerato che gli arenili sono suscettibili di generare ricchezza in misura stimata pari a 2000 euro/m2 (Nomisma, 2005), ma anche una causa predisponente delle sempre più frequenti inondazioni causate delle mareggiate, poiché viene meno la prima linea di difesa della costa rappresentata proprio dalle spiagge stesse. Tali fenomeni, peraltro, sono destinati ad acuirsi anche per gli effetti dei cambiamenti climatici in atto.

Le cause di tutto ciò sono per lo più antropiche e possono esemplificativamente individuarsi nella mancanza di apporti di sedimenti alla spiaggia dovuta alla realizzazione di opere di sbarramento lungo i corsi d'acqua (dighe, traverse, briglie, ecc.), che impediscono ai sedimenti di giungere alla costa; nella realizzazione di infrastrutture stradali e ferroviarie, di edilizia turistico-residenziale, proprio in prossimità della linea di riva, che nel tempo hanno alterato il naturale equilibrio costiero e il delicato dinamismo mare-spiaggia.


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Da queste semplici considerazioni si evince che il problema dell'erosione costiera, purtroppo, ben difficilmente può essere affrontato attraverso la rimozione delle cause che lo generano.
Una nuova tecnica di intervento, in linea con le raccomandazioni dell'Unione Europea, che si sta sempre più diffondendo per fronteggiare i paventati effetti dell'erosione costiera è quella del ripascimento. Tale tecnica, cosiddetta "morbida" rispetto ad altri interventi che prevedono invece la costruzione di barriere di vario tipo, consiste nello sversare sugli arenili adeguati quantitativi di sedimenti proprio al fine di ampliare le spiagge.

Il problema principale connesso al ripascimento è tuttavia quello di individuare adeguate cave di prestito da cui estrarre sedimenti di caratteristiche chimico-fisiche, sedimentologiche, ma anche cromatiche, compatibili con le sabbie del sito in cui si dovranno sversare. Le cave, inoltre, devono fornire quantitativi di sedimenti adeguati, anche perché il ripascimento, non intervenendo minimamente sulle cause di erosione, è soggetto a continua manutenzione o, come si usa dire, a frequenti e onerose "ricariche".

Proprio per questo sempre più diffusamente si stanno affermando le tecniche di coltivazione di cave sottomarine, ossia tecniche volte al prelievo di sabbie da paleo-spiagge poste anche a grandi profondità. Oggi la tecnologia è in grado di mettere a disposizione navi che riescono a prelevare ingenti quantitativi di sabbia a profondità ben superiori ai 150m, ossia a profondità di quasi totale inattività organica.

Alcuni impatti ambientali legati alla coltivazione delle cave sottomarine sono noti, altri, anche connessi al trasporto e allo sversamento dei sedimenti, nonché alla morfodinamica dei litorali e della cava stessa, lo sono meno, circostanza che impone studi specifici e ricerche al riguardo, condotti anche nel nostro ateneo.
Negli ultimi anni, ad esempio, il gruppo di ingegneria costiera del dipartimento di Ingegneria civile e ambientale (DICA) è stato particolarmente attivo su dette tematiche, anche grazie alla partecipazione a svariati progetti di ricerca europei.


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Le attività di ricerca hanno riguardato problematiche attinenti alla ricerca di base, principalmente orientata alla individuazione dei meccanismi di trasporto solido costiero, e alla ricerca applicata, per lo più affrontata attraverso indagini di laboratorio, indagini numeriche e studi di campo. In particolare, grazie ad alcune sofisticate installazioni sperimentali in dotazione al laboratorio di Idraulica DICA, come la vasca di sperimentazione per la simulazione dell'azione combinata del moto ondoso e di correnti, sono stati approfonditi i meccanismi idrodinamici e morfodinamici che si innescano in corrispondenza di una cava sottomarina.

Inoltre, sono stati sviluppati diversi modelli numerici per l'analisi delle modifiche subite dal moto ondoso nella sua propagazione dal largo alla riva in presenza di cave sottomarine. I risultati ottenuti hanno mostrato, tra l'altro, come la presenza di una cava possa innescare profonde alterazioni e dunque modificare i delicati equilibri idromorfodinamici costieri, anche attraverso un sostanziale incremento dell'altezza d'onda e delle velocità delle correnti sottocosta. Indicazioni di questo tipo risultano estremamente utili per la corretta localizzazione di una cava.
A tal riguardo il DICA si è anche dotato di un natante strumentato per rilievi batimetrici e sedimentologici in campo, con il quale, tra l'altro, sono stati condotti anche diversi servizi al territorio proprio a supporto della realizzazione di opere di difesa costiere.

Nonostante i succitati sforzi, spiace tuttavia constatare che l'Italia, in questo contesto, si trova piuttosto indietro. Se infatti vi sono paesi che utilizzano le sopra citate tecniche in maniera un po' troppo disinvolta (si pensi, per esempio, a Dubai e ai numerosi interventi faraonici di costruzione di isole artificiali ivi condotti, come quello molto famoso di Palm-Island realizzato all'insegna del motto "abbiamo cambiato la faccia del mondo"), in Italia mancano le più semplici stime sia sui quantitativi necessari per far fronte alle succitate emergenze, sia sulle disponibilità di cave sottomarine, oltre che una normativa specifica di settore.

Con le suesposte brevi riflessioni si vuole rappresentare l'urgente necessità di intervenire a tutti i livelli, sia scientifici che governativo-istituzionali, al fine di operare fattivamente per la difesa e la valorizzazione del nostro patrimonio costiero nonché per dare una nuova spinta propulsiva ad un settore turistico fondamentale, soprattutto in Sicilia, quale quello legato alla fruizione delle spiagge, anche in correlazione sinergica con altre forme di turismo del mare, quale, per esempio, quello sempre crescente della nautica da diporto.