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Didattica

L'università per l'apprendimento permanente

Convegno nazionale a Napoli sul lifelong learning

 
 
16 aprile 2007
di Ruffino - Manganaro
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L'apprendimento permanente come strategia finalizzata ad assicurare la crescita culturale, economica e sociale degli individui e delle società si va sempre più configurando come  «necessità sociale», «diritto del cittadino» e «compito istituzionale» di governo, regioni e università. L'obiettivo imprescindibile è la creazione di un sistema coordinato, integrato ed efficace per l'apprendimento permanente potenziato dalla capacità di collaborazione di tutte le agenzie del territorio impegnate nella formazione. Le università, in particolar modo, si trovano oggi nella condizione di dover rispondere alle richieste di una società in continua evoluzione, che assegna loro il ruolo di riferimento continuo e permanente del sapere, del saper fare e del saper essere. Tuttavia, per quanto l'università italiana sia consapevole dei nuovi bisogni di formazione della comunità, ancora oggi presenta forti difficoltà a divenire centro propulsore di apprendimento lifelong. Infatti, la rigidità dei sistemi formativi e la bassa percentuale di persone laureate rendono meno efficace la possibilità di reazione dei sistemi e dei singoli di fronte alla continua innovazione della società.


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Le università necessitano di migliorare le loro azioni d'intervento affinché siano maggiormente rispondenti alla domanda di apprendimento permanente proveniente dal mercato del lavoro, dai cittadini e dalla società. Al contempo, esse devono potenziare la qualità, la trasparenza e la valutazione della propria attività, migliorandone la capacità di attrazione. Inoltre, sono chiamate a promuovere l'integrazione tra la formazione che erogano, l'offerta e la certificazione della formazione professionale, analogamente a quanto accade già in altri paesi europei.

Una possibilità per rispondere a tali esigenze formative è data dall'attivazione in ogni ateneo di un «Centri per l'apprendimento permanente» (Cap), secondo la proposta avanzata dal Ministro Mussi nell'ambito del Convegno tenutosi a Napoli il 17 marzo scorso sull'apprendimento permanente nelle Università, organizzato dal Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica (il documento è consultabile on line al seguente indirizzo. Le attività fondamentali dei Cap dovranno svilupparsi facendo riferimento a tre azioni principali, corrispondenti agli obiettivi comunitari e nazionali prefissati. La prima azione concerne il riconoscimento delle esperienze e delle competenze apprese in contesti diversi da quelli formali, ad esempio nei luoghi di lavoro. Tale azione prevede lo sviluppo di validi sistemi di accertamento e di accreditamento delle competenze. La seconda azione prevede lo sviluppo di corsi universitari più flessibili, sia nella durata che nei contenuti, erogati anche attraverso l'impiego di metodologie innovative, come ad esempio l'e-learning. Inoltre, i corsi dovranno essere più specializzati e, quindi, maggiormente rispondenti alle esigenze professionalizzanti degli adulti. Obiettivo prioritario, infatti, è anche quello di facilitare il rientro in formazione di migliaia di lavoratori che, in passato, hanno abbandonato gli studi universitari. L'ultima linea d'azione dei Cap riguarda la creazione di percorsi formativi capaci di qualificare i lavoratori adulti, favorendo l'integrazione tra l'attività professionale e la formazione universitaria.


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Nonostante l'Università di Catania sia all'avanguardia rispetto alla maggior parte degli atenei italiani, in quanto fin dal 2003 ha costituito il Centro per l'aggiornamento ricorrente delle professioni (CARiP), tuttavia la condivisione della nuova missione - il divenire centro propulsore di lifelong learning - dovrebbe comportare per il nostro ateneo un potenziamento delle attività di networking, in modo da garantire un'alta formazione non avulsa dalla realtà sociale, ma in continuo collegamento con l'evoluzione del mercato del lavoro.

La legittimazione dei nuovi compiti formativi delle università dovrebbe tuttavia avvenire tramite un indirizzo politico che agevoli il cambiamento, attribuendo risorse adeguate da destinare allo scopo. Diversamente, sarebbe impossibile pensare ad uno sviluppo spontaneo per l'università di una simile strategia, come dimostra il fatto che nei Paesi europei il lifelong learning universitario è stato sostenuto da congrui investimenti. A tal fine, nell'ambito del convegno, gli interventi di alcuni esponenti del governo hanno evidenziato l'esistenza di una convergenza tra il MiUR, il Ministero della Pubblica istruzione, il Ministero del Lavoro e quello dell'Innovazione per la formulazione di interventi legislativi e di un piano di azione nazionale finanziato sul bilancio statale (il Ministro Mussi, in particolare, ha precisato che l'apprendimento permanente potrà usufruire di fondi del Cipe). Per realizzare ciò, è stata istituita un'apposita commissione con il compito, tra l'altro, di elaborare i principi-guida e gli elementi essenziali da inserire nei regolamenti d'ateneo in tema di riconoscimento dei titoli e di attribuzione dei crediti.

Altro elemento funzionale alla realizzazione del nuovo compito istituzionale delle università è stato individuato, da più parti, nei cosiddetti "patti formativi", cioè negli accordi-quadro da stipulare tra ministeri e regioni, nel rispetto di quanto disposto del V titolo della Costituzione, e tra MiUR e parti sociali, ordini e associazioni professionali. Questi ultimi, in particolare, lamentano una scarsa attenzione da parte delle università alla formazione dei professionisti e vorrebbero, pertanto, che la cooperazione portasse alla creazione di nuove conoscenza ma, soprattutto, di nuove abilità, in linea con l'evoluzione del mondo del lavoro e del mercato internazionale.
Milena Ruffino - Irene Manganaro