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Facoltà

Il processo simulato

I rapporti tra procedura penale e teatro

 
 
16 aprile 2007
di Dina Di Martino
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Quando dieci anni fa, l'allora preside della facoltà di Giurisprudenza, prof. Enzo Zappalà, mi chiese se volevo guidare un gruppo di suoi studenti che erano disposti a ripetere a Catania l'esperienza francese di un processo penale simulato, mai avrei immaginato di parlarne ancora non come di un ricordo, bello, ma pur sempre un ricordo, ma come di un'esperienza tuttora viva, palpitante e, perché no?, esaltante. Già perché il processo penale simulato è diventato una  tradizione della Facoltà di Giurisprudenza, una tradizione che si rinnova ogni anno  e che mi viene sollecitato ogni anno di rinnovare.

Chi si appresta ad assistere allo "spettacolo", che ride delle battute spesso improvvisate degli studenti (o forse sarebbe meglio dire attori, perché tali sono, vista la disinvoltura con cui si muovono sulla scena), difficilmente immagina il lavoro che sta dietro ad un'ora di rappresentazione. Lavoro che consiste in primo luogo nella scelta dell'argomento da trattare. Si può dire: dov'è la fatica vista la ricchezza della nostra cronaca nera? Non è così, perché, in linea di massima, si devono trovare casi ormai conclusi, che affrontino argomenti di attualità (e la rassegna dei titoli dei nostri processi simulati ne è una riprova: si è andati dall'eutanasia al riciclaggio di auto rubate, dal traffico internazionale di opere d'arte agli artifici dei maghi guaritori, dal concorso esterno in associazione mafiosa alle lesioni conseguenti ad operazioni di chirurgia plastica fino ad arrivare all'ultimo, che prende spunto dalle vicende della recente "vallettopoli" italiana), che presentino questioni giuridiche delicate da risolvere (vero è che è una rappresentazione teatrale, ma la scena non è quella del Piccolo di Milano!) e che si prestino ad essere rappresentati con levità, senza annoiare l'uditorio.


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Altra fatica. Trovare gli attori, pardon gli studenti, che non pensino di essere tanti Vittorio Gassmann o tante Eleonora Duse, ma che siano disposti a mettersi in gioco, che siano disposti ad assumere le vesti di un personaggio, anche ridicolo (per esigenze sceniche), anche marginale, ma davanti a docenti, che domani magari dovranno esaminarli. E infine, la fatica di contenere la fantasia e l'esuberanza degli studenti, che, una volta calati nel ruolo, vanno, o meglio tentano di andare, a briglia sciolta, e  non è fatica lieve, c'è da giurarci.

Ma qui finiscono le spine. Non molte in verità di fronte alle rose che un'iniziativa del genere regala. Non è da poco, infatti, sperimentare un nuovo modo per fare innamorare i ragazzi della procedura penale e del diritto penale. E' frequente la confessione che la partecipazione al processo simulato, consentendo un'esperienza, per così dire, dal vivo del processo penale  ne imprime nella memoria le regole di funzionamento molto meglio che infiniti pomeriggi di studio, ovvero che finalmente  espressioni come "esame diretto", "controesame", "contestazioni", si riempiono di significato. Si impara divertendosi, insomma, e forse si impara meglio.

Ancora. La circostanza che i copioni vengano scritti dagli stessi protagonisti sulla base di una scarna traccia ricavata da un caso di cronaca o da una pronuncia della Suprema Corte di Cassazione insegna loro a sostenere le tesi di cui ciascuno si fa portatore e a confutare le tesi avversarie. Una sorta di praticantato ante litteram insomma.

Ma la cosa che, dal punto di vista umano, arricchisce di più è assistere alla nascita di un gruppo: ragazzi che, prima di vivere questa esperienza, si conoscevano appena o non si conoscevano affatto sono disposti a condividere ore di lavoro, a effettuare le ricerche nei repertori di giurisprudenza che il caso dovesse richiedere, a sacrificare ore di studio e, perché no?, di divertimento alla migliore riuscita di una rappresentazione quasi-teatrale. Si cementano così amicizie, si intrecciano complicità, si creano solidarietà. Evenienza, questa, sempre più rara in un'università di massa.

Ecco tutto questo è il processo penale simulato della facoltà di Giurisprudenza. Un'esperienza tutta da vivere, che ogni anno sarei tentata di non ripetere, ma che ogni anno finisce per coinvolgermi  e per entusiasmarmi come avvenne quella prima volta dieci anni fa.