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Dossier/ Il ruolo dell'Università per lo sviluppo di una cultura ambientale

Rischio alluvione: cosa fare?


 
 
28 ottobre 2008
di Bartolomeo Rejtano - Antonio Boccafoschi
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I fenomeni di alluvione fluviale hanno sempre indotto l'uomo a interventi di mitigazione idonei a limitarne l'impatto, ma sono essi stessi condizionati dall'uomo, sia per le modificazioni climatiche di possibile origine antropica, sia soprattutto per le modificazioni territoriali quali il disboscamento, l'impermeabilizzazione, gli interventi per lo sgrondo, la realizzazione di infrastrutture di trasporto, nonché per alcuni maldestri interventi di difesa dalle alluvioni che, finalizzati alla protezione di certe zone, hanno talora provocato effetti negativi in tempi successivi e/o in zone più a valle.

Mentre le società arcaiche tendevano ad adattarsi al ricorrere delle alluvioni, talora anche subendo ingenti perdite in caso di eventi eccezionali, il progressivo sviluppo di tecnologie per l'esecuzione di grandi lavori ha indotto poi l'attuazione di misure strutturali, consistenti nella realizzazione di opere idrauliche finalizzate a ridurre l'entità delle inondazioni e a favorire così l'utilizzo dei territori alluvionali.

Nella società post-industriale, ove gli interventi strutturali più efficaci sono ormai realizzati, i fondi per grandi opere pubbliche si riducono e l'accrescimento della sensibilità ambientale impone grande cautela nelle nuove costruzioni. Ci si rivolge sempre più a misure non strutturali che non modificano le portate e la materiale consistenza delle inondazioni, ma ne attutiscono l'impatto socio-economico, implicando un adattamento delle attività alle condizioni di pericolosità idraulica: si tratta, in un certo senso, di un ritorno alle strategie delle società arcaiche, ma con tecnologie avanzate e con moderni strumenti finanziari e organizzativi.


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Le misure "strutturali" comprendono principalmente i serbatoi di laminazione, le casse di espansione, gli adeguamenti d'alveo, le arginature, i diversivi e gli scolmatori. Le misure "non strutturali" consistono soprattutto in programmi di assicurazione, in sistemi di preannuncio delle piene collegati all'organizzazione di attività di preparazione e di emergenza, e in una pianificazione territoriale coerente con le reali condizioni di pericolosità idraulica. Nei paesi avanzati si tende oggi all'attuazione di strategie miste che uniscano a interventi strutturali, essenzialmente di completamento o adeguamento, l'applicazione di misure non strutturali, in un contesto di pianificazione coordinata almeno a scala di bacino.
Attualmente in Italia la mitigazione del rischio di alluvione si attua in due diverse direzioni: da una parte pianificazione e conseguente attuazione degli interventi di riassetto di lungo periodo, dall'altra un'attività di emergenza affidata al sistema della protezione civile.

La normativa italiana in materia di pianificazione della difesa del suolo, negli anni più recenti, si è evoluta dalla legge 183/89 sulla difesa del suolo alla legge 267/98 sui piani-stralcio di assetto idrogeologico (Legge di Sarno), sino al Decreto Legislativo 152/2006 che nella parte terza aggiorna le norme in materia di difesa del suolo, e trova riscontro nei principi della successiva direttiva europea 2007/60 sulla valutazione e gestione dei rischi di alluvioni. Tale normativa configura una strategia articolata in fasi successive:

- individuazione preliminare dei siti a rischio di inondazione;
- delimitazione delle aree a rischio per ciascun sito;
- imposizione di vincoli di salvaguardia per le zone ad alta pericolosità;
- pianificazione e attuazione di interventi di mitigazione;
- eliminazione dei vincoli in relazione alle riduzioni di pericolosità conseguite.

Questa strategia delinea peraltro un processo evolutivo connesso all'aggiornamento delle informazioni e al mutare delle condizioni del territorio e implica la costituzione di organismi dedicati sia alla pianificazione iniziale, sia ai successivi aggiornamenti. Anche la Regione Siciliana, faticosamente ma correttamente, ha istituito un ufficio stabile per la formulazione e l'aggiornamento del piano di assetto idrogeologico.

La normativa ha posto l'esigenza di strumenti idonei ad analizzare sia il rischio di alluvione nella situazione territoriale attuale sia le possibili forme di intervento. Si può anzi affermare che essa ha preceduto la tecnologia, stimolando molto la ricerca sulla modellistica delle alluvioni, cioè su procedure, basate estesamente su procedimenti matematici e informatici, tendenti alla ricostruzione virtuale dei possibili eventi e del loro impatto, anche con interventi di mitigazione.
Tale modellistica è invero articolata su tre livelli:

- idrologico, per la stima probabilistica delle portate;
- idraulico, ove si riproducono le caratteristiche fisiche delle inondazioni generate dalle piene derivanti da eventi meteorologici o anche dalle piene artificiali causate da ipotetici crolli di dighe o da manovre dei loro organi di scarico;
- di valutazione di impatto socio-economico e ambientale.


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L'esperienza maturata presso il Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale nella realizzazione e applicazione di modelli di alluvioni a problemi territoriali reali, ha permesso di identificarne alcuni essenziali requisiti. Riguardo all'aspetto idrologico, si è rilevata l'importanza di procedure che consentano affidabili valutazioni di portata anche per siti non monitorati e per tempi di ritorno ben superiori alla lunghezza delle serie di dati misurati.

Per quanto riguarda l'aspetto idraulico, si è riscontrata l'importanza, perseguendone quindi lo sviluppo, di modelli di simulazione numerica, anche bidimensionali, che consentano di tener conto della complessa topografia del territorio, di prevedere automaticamente l'espansione della piena anche fuori alveo, e di riprodurre anche l'effetto delle opere di difesa idraulica, già realizzate o in progettazione. In particolare, per applicazioni relative a territori in cui esistono arginature o altre opere in rilievo, è risultato necessario sviluppare specifiche metodologie per la simularne il comportamento in caso di tracimazione, modellandone il progressivo deterioramento e il conseguente effetto sul prosieguo dell'evento.

Per quanto riguarda infine l'analisi di impatto, si è riconosciuta e affrontata la necessità di eseguire valutazioni delle riduzioni dei danni di piena e delle modificazioni d'uso del territorio indotte dagli interventi anche per il caso delle misure non strutturali di assicurazione e preannuncio che, diversamente dalle misure strutturali, possono indurre la deintensificazione dell'uso del suolo in aree ad alta pericolosità.

Se è triste riscontrare che nel nostro paese l'attuazione delle innovazioni più proficue è troppo spesso in ritardo, è d'altra parte assai consolante e stimolante riscontrare che, per quanto riguarda il rischio di alluvione, i prodotti legislativi appaiono veramente di alto profilo e delineano una fortissima interazione fra l'attività degli organismi preposti alla mitigazione del rischio e l'attività di ricerca.

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