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A proposito di Bice Mortara Garavelli, a cura di, Storia della punteggiatura in Europa, Roma-Bari, Laterza 2008

 
 
28 ottobre 2008
di Salvatore Claudio Sgroi
scsz@libero.it
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La Storia della punteggiatura in Europa, ideata e coordinata da Bice Mortara Garavelli -- sottotitolo (implicito): Teorie e Pratiche - è un testo decisamente originale e "temerario". Per la complessità del tema affrontato in prospettiva sincronica e diacronica, e per la varietà delle lingue analizzate, implicitamente anche comparate e messe a contrasto sul tema in oggetto. Un testo non esclusivo per gli specialisti, ma di grande leggibilità. (Da qui le traduzioni delle citazioni in latino, greco, inglese, tedesco ecc., o le citazioni solamente in traduzione anche per lo spagnolo).

Il volume è organizzato in 13 parti affidate a 26 studiosi per lo più italiani (ordinari, associati, ricercatori, docenti non-strutturati). E riguarda lingue quali: Greco bizantino e Latino medievale (M. Geymonat); Italiano - magna pars del volume -- (R. Coluccia, B. Richardson, N. Maraschio, C. Marazzini, S. Fornara, G. Antonelli); Francese e Provenzale (M. Careri, M. Colombo, B. Ferrari, M. Barsi); Spagnolo e Portoghese con galiziano, catalano e basco (M. Carrera Diaz); Rumeno (C. Stan); Tedesco (M. R. Digilio, M. Costa, A. Tomaselli, L. Gaeta); Inglese (M. Buzzoni); Nederlandese; Lingue scandinave (L. Gaeta); Lingue slave (M. Di Salvo), Greco medievale e Neogreco (solo notazione grafematica, di E. Banfi), Albanese (M. Genesin e G. Belluscio), infine Lingue ugrofinniche (D. Gheno).

Il volume è aperto da una orientativa presentazione della curatrice e da sparse nozioni teoriche e soprattutto storico-descrittive di A.-L. e G. Lepschy. A chiusura un selettivo repertorio storico dei segni paragrafematici di D. Corno. Che un lettore esigente potrà poi completare con l'elenco dei nomi dei segni interpuntivi (manca qui p.e. "mezzo punto"), senza escludere la terminologia nelle varie lingue, e l'annotazione delle complesse funzioni dei vari segni.
Si tratta insomma di un bilancio critico dei risultati della ricerca e nello stesso tempo di una mappa di quello che resta ancora da fare. Una miniera di fatti e di idee acquisite e da sviluppare.

Se la punteggiatura riguarda specificamente la lingua scritta, il problema teorico centrale della interpunzione concerne il rapporto tra lingua parlata e lingua scritta. Quest'ultimo è tradizionalmente concepito come un rapporto di priorità ontogenetica (se non filogenetica) del parlato rispetto allo scritto. Ma è possibile anche ipotizzare un rapporto non sequenziale. Parlato e scritto sono invece due manifestazioni parallele della struttura linguistica. La lingua cioè, -- che consente di conoscere la realtà esterna, di interagire con gli altri e di esprimere i propri bisogni individuali, si manifesta ora fonicamente ora graficamente, in maniera autonoma. Ovvero da un lato la comprensione muove direttamente dall'oralità. Ma dall'altro anche la lettura silenziosa, con gli occhi, consente di capire un messaggio, senza dover passare attraverso la fonicità.

Se si muove da questa ipotesi (dalla grafia alla comprensione, bypassando l'oralità), quale è la funzione della punteggiatura? L'ipotesi più produttiva è che l'interpunzione è al servizio dell'articolazione sintattica e semantica di un testo. Ciò spiega peraltro come mai un testo non punteggiato o scarsamente punteggiato presenta difficoltà di comprensione. Ma anche una eccessiva punteggiatura con conseguente iper-segmentazione e frammentazione può ostacolare la comprensione.
L'interpunzione semantica e sintattica è strettamente legata a un testo costruito per la lettura silenziosa. Ma, come è noto, la lettura è stata all'inizio anche una lettura a voce alta, destinata agli altri. La punteggiatura in tali testi è stata quindi motivata dall'esigenza di indicare pause diverse tali da favorire la comprensione non tanto a chi leggeva ma a chi ascoltava. Una interpunzione quindi anche fonica, per la lettura a voce alta, destinata agli altri. Questa duplice prospettiva emerge in misura diversa nei trattati dedicati alla punteggiatura e nelle analisi degli usi interpuntivi nei diversi capitoli.

Gli autori del volume hanno affrontato il problema della interpunzione puntando da un lato sull'analisi delle teorie elaborate nel corso dei secoli, dall'altro analizzando le pratiche dei diversi usi. L'equilibrio tra le due parti è stato naturalmente diverso in considerazione della disparità degli studi teorici e applicati, i primi in genere sopravanzando sui secondi. Emerge così il bisogno di affrontare l'analisi paziente degli usi interpuntivi, muovendo dai testi concreti e da una loro tipologia, per es. testi epistolografici, testi scientifici, testi letterari, ecc., e distinguendo tra l'altro i testi manoscritti, autografi da quelli a stampa.
Quello che dimostra questo volume è tra l'altro l'assurdità di modernizzare la punteggiatura dei testi del passato, con la giustificazione che essa risulterebbe 'incomprensibile' e 'illogica'.

E non solo nei testi letterari, ma anche nelle grammatiche. Al contrario, un utile esercizio sarebbe quello di verificare (o completare) le regole esplicitate dai grammatici con l'uso da loro seguito. Così con la settecentesca Gramatica ragionata del Soave, peraltro eccellentemente esaminata da S. Fornara. Così anche con il Buommattei, del 1643, privo di un cap. sulla punteggiatura, recentemente riedito, ma modernizzando giusto la punteggiatura.
Non possiamo qui soffermarci sulla ricchezza straripante di fatti e di spunti che ogni capitolo propone.

Il brillante saggio di G. Antonelli, sull'800 e il '900 italiano, appare sapientemente (e meritoriamente) costruito sugli usi concreti supportati da giustificazioni teoriche. L'A. tende però a offrire un'immagine di sostanziale staticità sottovalutando (a nostro giudizio) le novità. Per Antonelli, "forse è ancora presto perché si certifichi, [...] l'affiorare di una nuova norma colta" (p. 181), costituita per es. dall'uso della virgola con le frasi sospese, propria dell'uso giornalistico, o anche l'uso della virgola tematica (anziché sintattica) col soggetto pesante, o anche il "punto enfatico" (interpretato come "desemantizzazione del punto fermo" p. 187) che invece potenzia rendendola sintatticamente autonoma una frase tradizionalmente secondaria. Quanto all'uso del punto fermo seguito dalla minuscola, ben frequente nelle e-mail, l'A. tende ad avvicinare questo uso a quello del "mezzo punto" o "punto mobile" proprio dei secoli passati, ma con funzioni sintattiche notevolmente diverse.

Dobbiamo concludere. Il testo in esame si legge quasi come un giallo (affascinante è stata per noi la lettura della interpunzione bizantina e medievale, senza togliere naturalmente nulla agli altri capp.). Tracciando lo stato dell'arte (con pieni e vuoti) il volume indica in quali direzioni occorre andare. Solo un grande libro può mostrare agli studiosi la strada per future ricerche.

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