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Dossier/ Il ruolo dell'Università per lo sviluppo di una cultura ambientale

Chi inquina, paga?


 
 
28 ottobre 2008
di Giuseppe Mancini
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Sempre più frequentemente si rivivono per le nostre strade immagini che per mesi, se non per anni, ci siamo limitati a ricevere dalla "lontana" Campania. Si parla tanto di raccolta differenziata, si dibatte tra termovalorizzazione e incenerimento, si abusa del termine "gestione integrata degli RSU". Ma qual è o quali sono i punti cruciali di questo sistema apparentemente al collasso?

Il primo problema da affrontare, è noto a tutti: il reperimento delle risorse finanziarie. L'attuale contingenza economica richiede che il costo del servizio di raccolta e smaltimento sia sostenuto dagli utenti. Il passaggio da Tassa (TARSU) a Tariffa (TIA), ha congruentemente modificato le modalità di definizione e di copertura dei costi, introdotto obiettivi di sostenibilità ambientale e comportato una differente regolazione dei rapporti fra amministrazione pubblica, cittadini-utenti e gestori dei servizi. Ciò ha però prodotto, in alcune realtà territoriali siciliane, anche aumenti superiori al 100% del costo di smaltimento e la conseguente protesta degli utenti che non hanno, per contro, visto alcun miglioramento nel servizio offerto. Più che un problema amministrativo è però, ormai, un problema "culturale". Un problema originato in larga misura dall'abitudine dei Comuni di coprire i costi del servizio, non attraverso i ridotti introiti della TARSU, ma gravando indirettamente su tutta la collettività, attraverso lo spostamento di risorse destinate dal bilancio ad altri usi o creando forti passività.
 
Ora, nel passaggio dalla gestione comunale a quella d'ambito (ATO), il risultato, per gli utenti, di questa "prassi" particolarmente diffusa sul territorio siciliano, è stato quello di vedersi "improvvisamente" gravare di un costo che non erano "abituati", perlomeno in maniera consapevole, a pagare.

Questo spiega, almeno in parte, il motivo per cui gli utenti degli ATO meridionali hanno visto aumentare il costo del servizio in maniera decisamente più rilevante di quelli dell'Italia settentrionale (+ 38% in media). Tutto ciò, unito ad una secolare tendenza "meridionale" a considerare una serie di servizi come "spettanti", senza alcun costo da sopportare, ha prodotto una marcata tendenza all'evasione o quanto meno all'elusione del costo del servizio RSU.

La mancanza di risorse economiche, insieme ad altre concause, ha poi determinato un forte ritardo sulla attuazione del Piano di Gestione degli RSU, in termini sia di applicazione della raccolta differenziata che di realizzazione della indispensabile impiantistica. Questo, a catena, ha infine determinato una totale mancanza di fiducia, da parte degli utenti, verso il sistema ed in particolare verso i "famigerati" ATO, la cui proliferazione, composizione e spesso inefficienza è stata oggetto di critiche aspre e generalizzate. Importante è stato, in quest'ambito, il percorso, intrapreso dalla Presidenza della Regione in attuazione di quanto previsto dal testo unico ambientale (152/06), di riassetto degli Ato rifiuti, che passeranno dagli attuali 27 a 10.

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Ciò non appare però sufficiente a riacquistare la fiducia degli utenti e si rendono indispensabili campagne efficienti di informazione sull'importanza del servizio, il ruolo e impatto degli impianti e i comportamenti da tenere per una riduzione consapevole della quantità di rifiuto indifferenziato. In questo, centrali possono risultare le competenze "differenziate" dell'ateneo (es. dip. di Ingegneria civile e ambientale, dip. di Filologia moderna), non solo nell'individuare i contenuti corretti ma anche e soprattutto le più appropriate forme di comunicazione per rendere efficace il messaggio trasmesso, motivando il ricevente nell'operare.

Risulta altrettanto cruciale esercitare un controllo dell'elusione mediante opportuni sistemi di tariffazione del tipo PAYT ("paghi quanto butti"), associati a sistemi di verifiche incrociate con le altre utenze (luce, gas, telefono, ICI). E' questo un aspetto cui le ulteriori e specifiche competenze presenti nella nostra Università possono apportare un contributo determinante, ad esempio attraverso l'implementazione di sistemi informativi territoriali, modelli di correlazione etc.

Per quanto riguarda la raccolta differenziata, occorre verificare la possibilità di un'organizzazione del servizio di tipo domiciliarizzato, almeno per la frazione organica che, insieme alla carta, è tra le più rilevanti in peso e quella per la quale maggiore è l'interesse alla separazione dalle altre matrici. Ciò non solo in quanto funzionale al rapido conseguimento degli obiettivi di legge per la RD ma anche per rendere possibile un controllo e un'attribuzione "puntuale"della tariffa alla singola utenza.

Un principio da rispettare, pur con un aggravio dei costi, è quello di predisporre un servizio "di qualità", nei confronti degli utenti serviti, a fronte dello sforzo supplementare che viene richiesto nella gestione delle diverse frazioni ed in particolare di quella putrescibile. Da qui lo sviluppo di sistemi con frequenze di raccolta "comode" ovvero sistemi che privilegino appunto la domiciliarizzazione o, quanto meno, il "principio di prossimità".


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D'altra parte, non è ipotizzabile investire sulla raccolta differenziata se non si realizzano gli impianti di trattamento e se non si incentiva congiuntamente lo sviluppo imprenditoriale di un mercato locale delle materie prime seconde (mps) anche attraverso agevolazioni fiscali e semplificazioni dell'iter burocratico/autorizzativo.
Tra gli impianti di più complessa realizzazione rientrano poi i termovalorizzatori o inceneritori che dir si voglia. La politica dell'Unione Europea prevede il superamento della discarica come principale strumento per lo smaltimento dei rifiuti, puntando molto di più sul riciclaggio ma anche sulla riduzione in volume tramite incenerimento, vero obiettivo di tali impianti.

L'iter per la realizzazione dei 4 termovalorizzatori in Sicilia ha però seguito vicende alterne sino al blocco maturato in seguito alla sentenza, in data 18 luglio 2007 della Corte di Giustizia dell'Unione europea. Nel contesto temporale in cui si trova la regione appare opportuno riprendere l'iter interrotto con una rivalutazione delle passate proposte progettuali dal punto di vista tecnologico, e soprattutto in merito al numero ed alle capacità dei termovalorizzatori del principio di prossimità dello smaltimento (brucio vicino a dove produco) e degli impatti del trasporto.

Ciò appare fondamentale sia per ridurre i derivanti costi, ambientali ed economici, legati alla componente trasporto, sia per rendere più accettabile alla popolazione la presenza di impianti fortemente osteggiati, attraverso una loro equa ed omogenea distribuzione sul territorio e per il territorio. In tutti questi ambiti trattati è evidente la necessità di condividere il processo di scelta attraverso un significativo coinvolgimento dell'opinione pubblica e dei soggetti competenti quali le Agenzie per la Protezione dell'Ambiente e l'Università.

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