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Facoltà

Scienza, natura e politica a confronto

Un convegno in onore di Pietro Barcellona

 
 
28 ottobre 2008
di Roberto Fai
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Nonostante non si evincesse - né emergesse - dalla brochure di presentazione, il recente convegno internazionale "Una vita senz'anima. Fra primati e robot", che ha avuto luogo nell'Auditorium del Monastero dei Benedettini dal 9 all'11 ottobre scorso, oltre a suscitare un notevole interesse scientifico per la presenza di relatori di fama internazionale (dal biologo Edoardo Boncinelli al giurista Stefano Rodotà, dall'epistemologo Giuseppe O. Longo ai filosofi Sergio Moravia, Vincenzo Vitiello e Umberto Curi, per citarne solo alcuni), ha costituito per il folto pubblico presente una significativa sorpresa: si è trattato, infatti, di un "omaggio" e, insieme, di un saluto del mondo accademico e dell'Università degli Studi di Catania all'illustre professore Pietro Barcellona, il quale lascia "ufficialmente" il mondo universitario dopo decenni di insegnamento professato nell'ambito delle Facoltà di Scienze politiche e di Giurisprudenza.

Un ampio arco di tempo coronato da una consistente produzione scientifico-giuridica, che ha ricevuto - a partire dagli studi critici, dei primi anni '70, sulle categorie giuridiche e sui rapporti tra processi economici moderni, forma dello Stato e formalismo giuridico - una vasta eco in campo internazionale.

L'evento scientifico-culturale che ha sancito il congedo ufficiale di Pietro Barcellona dal mondo accademico si è incentrato sul tema del rapporto tra natura e cultura, corpo ed artificialità, natura e tecnica, antropologie soggettive e nuove tecnologie: mostrando l'intuizione e la tempestività con cui Barcellona ha saputo cogliere la centralità di una "contesa" filosofica, epistemologica, scientifica, politico-religiosa ed etico-sociale, sulla quale precipitano i principali nodi conflittuali che attraversano la nostra società, nel momento in cui la "vita" è esposta radicalmente alla condizione inedita della sua riproducibilità tecnica.

Le straordinarie innovazioni della scienza contemporanea (dalla scoperta del genoma umano all'uso dei brevetti nelle applicazioni scientifiche; dalle nuove tecniche di riproduzione-fecondazione assistita al dibattito sull'eutanasia; dal tema delle banche dati e della violazione della privacy nell'epoca del panopticon globale - grazie al controllo di ogni forma di comunicazione e visibilità delle sfere soggettive - all'insorgenza di una nuova antropologia comportamentale nelle nuove generazioni soggette a inedite sollecitazioni tecnologiche) producono un effetto diretto sugli orientamenti e sulle pratiche sociali, determinando una pervasiva circolarità tra tecnica, legislazione, politica e religione, causa di profondi conflitti ideologici, culturali ed etico-giuridici.

Torna pertanto sul tappeto un confronto serrato sulla determinazione dello stesso statuto della natura umana proprio nel tempo in cui la "tecnica" (le biotecnologie, e non solo, se pensiamo anche ai nuovi strumenti e forme di comunicazione umana: dal web, alla virtualità di second life e alle conseguenti implicazioni di carattere antropologico e comportamentale) sembra poter "tagliare" e attraversare la "vita" sin dal suo originarsi "naturalistico", mettendo a frutto le ipotesi (o solo pretese?) della sua stessa riproducibilità.

Si coglie, quindi, come la delineazione della relazione intrinseca tra nomos e vita, tra norma e bios, tra politica e vita costituisca la vera posta in gioco della politica futura, della "politica a venire", come avrebbe detto Jacques Derrida. Anzi, forse, di quella attuale, se dal nostro osservatorio italiano guardiamo a questa contesa e alla battaglia politico-culturale che ha assunto a volte toni aspri e incomponibili: dal referendum per la legge sulla fecondazione assistita al "caso Welby", e, adesso, dal tema del testamento biologico al "destino" di Eluana Englaro, fino al problema del controllo delle sfere soggettive private, facilitato dalle tecnologie delle telecomunicazioni (uso delle intercettazioni, trasparenza informativa e lotta alle forme segrete degli intrecci tra sistema di potere e affari-forze criminali).

Il convegno ha messo a fuoco tali questioni complesse: termini e concetti come biopolitica, biodiritto, vivente umano, società "postgenomica", "post-umano", ontologia "dell'impersonale", naturalismo e istanze religiose, riduzionismo informazionale, relazione tra desideri e tecnologie, hanno così attraversato per due giorni e mezzo l'Auditorum, animato da un confronto nel quale le diverse separazioni e competenze specialistiche e disciplinari hanno lasciato il posto ad un equilibrato intreccio a più voci, teso a ricostruire un "sapere comune", in grado di ripristinare il nesso tra le parole e le cose. Ed era questa, infatti, la finalità che Pietro Barcellona assegnava al convegno.

Se Edoardo Boncinelli è riuscito abilmente a sfatare certi luoghi comuni sulle presunte aspettative concernenti l' "immortalità", in riferimento ai possibili interventi sul "genoma umano", Stefano Rodotà, con la sua consueta brillantezza espositiva, ha saputo dipanare la matassa imbrigliata del giusto e laico rapporto tra le regole giuridiche e le nuove istanze della "vita".

Così come Umberto Curi ha sapientemente ricostruito le trame e i nessi che, dalla fine dell'Ottocento ai primi del Novecento, hanno condotto la scienza a quel "mutamento di paradigma" - la crisi dei fondamenti e il passaggio ad una diversa concezione-osservazione della realtà - che ha consentito di "padroneggiare" il mondo con nuove scoperte: la teoria della relatività, la fisica dei quanti, il principio di indeterminazione, ecc. Nella lettura di Curi si coglie il tentativo di sottrarre la cultura contemporanea al rischio di un naturalismo e un meccanicismo oggettivistico, per rivalutare, piuttosto, quel concetto di una lotta tra diverse "visioni del mondo" che proprio l'epoca della tecnica dispiegata vorrebbe farci dimenticare.

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