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Nuove professioni

Il farmaco naturale: passato, presente e futuro


 
 
30 settembre 2008
di Alessandra Russo
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L'uomo primitivo, all'alba della sua vita cosciente, sentì subito il bisogno di alleviare le sofferenze causate dalle malattie. Con l'aiuto dell'istinto venne quindi a conoscenza delle capacità salutari di alcuni composti di origine vegetale.

I primi documenti scritti (erbari, papiri, iscrizioni geroglifiche, ecc.) trattano sia delle malattie che dei medicamenti. Nella civiltà greco-latina, la sintesi medico-religiosa si incrina progressivamente, assegnando compiti distinti a sacerdoti e medici. Si afferma così un corpo di conoscenze strettamente mediche, purificate dalle influenze trascendentali e consolidate in testi imponenti, che attingono dalle esperienze di tutti i paesi allora conosciuti.

Nel Medio Evo la medicina decade e ristagna. Le malattie diventano castighi, e il mondo si popola di creature inquietanti. Molte piante vengono messe al bando e sospettate di alleanza con il demonio. Le raggiunte acquisizioni sulle proprietà medicamentose e tossiche delle piante medicinali vengono trasmesse da un lato dai Padri della Chiesa, che nei monasteri ricopiano i manoscritti antichi, e dall'altro dalla Scuola araba e salernitana.

Ma le piante medicinali sono troppo importanti per essere cancellate. Paracelso, medico e Alchimista del XVI secolo, riabilita le piante delle streghe, trasformandole da unguenti nelle forme farmaceutiche che ancora utilizziamo, e dimostra che esse agiscono per il principio attivo, che può essere usato come la stessa pianta o una parte di essa (droga).


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Dal preparato galenico si passa al farmaco come molecola dalla formula esattamente definita, una sostanza farmacologicamente attiva. Si arriva così alla prima metà dell'800 in cui si scoprono e si isolano molti dei principali costituenti attivi delle droghe: la morfina nel 1806, la chinina nel 1820, la nicotina nel 1828.

A partire dalla metà del XX secolo, le specialità medicinali hanno lentamente, ma progressivamente, sostituito le droghe vegetali. La preparazione del medicamento si trasferisce dalla farmacia all'industria farmaceutica. Contemporaneamente l'insegnamento di farmacognosia viene ridimensionato fino a scomparire quasi completamente nella facoltà di Farmacia e prima ancora in quella di Medicina. Nascono gli effetti collaterali, le azioni di rigetto, e con essi paure e timori per usi e abusi dei farmaci e la richiesta di medicine meno invasive.

Alla fine degli anni '80 il farmaco naturale ritorna nuovamente in farmacia, e viene ripristinato l'insegnamento di farmacognosia nelle facoltà di Farmacia, questa volta come disciplina completamente autonoma. In questo periodo, determinante è l'opera di due insigni Maestri, Gian Battista Marini Bettolo (1915-1996) e Antonio Imbesi (1912-2000),  che con i loro studi hanno dato un contributo notevole alla conoscenza di numerose sostanze di origine vegetale.

La fitomedicina è quindi una pratica terapeutica che rientra nella medicina convenzionale. Molte classi di farmaci attuali hanno come loro capostipiti composti di origine vegetale (antinfiammatori non steroidei, antimalarici, oppiacei, ecc.), mentre numerosi composti vegetali o comunque di derivazione vegetale vengono impiegati direttamente in medicina.

Esempi di specialità a prescrizione medica registrate di recente in Italia sono gli estratti di Serenoa repens e Hypericum perforatum prescritti, rispettivamente, per l'ipertrofia prostatica benigna e per gli stati depressivi. Indubbiamente i preparati a base di piante medicinali presentano, rispetto ai farmaci monomolecolari, delle problematiche peculiari, in particolare la non bioequivalenza dei preparati (a causa della variabilità di composizione quali - quantitativa) e un'evidenza scientifica talvolta limitata. Queste problematiche possono essere oggi superate mediante la definizione del profilo fitochimico dei prodotti, che consente di attuare una standardizzazione degli stessi, e mediante gli studi clinici controllati.


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E' purtroppo necessario denunciare che il mercato delle sostanze vegetali reputate come utili per la salute è oggi alimentato da prodotti che non cadono sotto la legislazione farmaceutica, ma sotto quella degli alimenti, anche quando contengono gli stessi principi attivi approvati come farmaci. Questi prodotti non vengono controllati dalle autorità sanitarie  né per la qualità farmaceutica, né per la sicurezza e neppure per l'efficacia.

Questa situazione ha indotto le università a creare una nuova figura di operatore sanitario qualificato, l'erborista laureato. Nasce così una vasta gamma di corsi di laurea triennale e master organizzati dalle facoltà di Farmacia di tutta Italia.
Oggi lo studio chimico e biologico delle piante costituisce una delle fonti primarie che alimentano la ricerca farmaceutica e la realizzazione di nuovi farmaci, come dimostrato dai lavori scientifici pubblicati sovente su riviste di primaria importanza internazionale, per esempio Cancer Research, Planta Medica, Life Sciences e altre.

Le piante medicinali sono così complesse che si possono studiare per anni e sorprendere sempre. I modelli di ricerca e le nostre conoscenze nel campo della fitofarmacologia sono cresciuti e crescono sempre di più. Con l'affermazione della Farmacogenomica, concetti e tecniche di biologia molecolare sono stati recentemente applicati alle indagini sul meccanismo d'azione delle sostanze naturali, che agiscono modulando l'attività genica in modo reversibile, ma straordinariamente importante.

Questa azione si attua a livelli diversi, dalla traduzione del segnale all'attivazione di enzimi noti come chinasi, dalla modificazione di fattori trascrizionali al loro legame con le corrispondenti sequenze di DNA. Alcuni esempi: i polifenoli del tè verde, del vino rosso e della propoli, la capsaicina, componente del peperoncino, e altre sostanze naturali per le quali il meccanismo d'azione sull'espressione genica è stato recentemente chiarito.

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