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Gli edifici dell'Ateneo

La "fonte in marmo" del Monastero dei Benedettini

Un'esperienza di ricostruzione

 
 
30 settembre 2008
di Alessandro Lo Faro
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Ormai da svariati anni alcuni ingombranti blocchi di marmo bianco, scolpiti e sagomati, occupavano in maniera apparentemente disordinata il chiostro di ponente del monastero dei Benedettini di Catania, attuale sede delle Facoltà di Lettere e filosofia e Lingue e letterature straniere del nostro ateneo. Nel centro del chiostro un gradino in marmo grigio disegnava la sagoma di un quadrato con 4 lobi, uno per ciascun lato.

A cosa servivano quei blocchi di marmo? E la forma che emergeva dal terreno battuto del chiostro?
In occasione dell'opera di restauro del chiostro di levante del monastero, a cura dell'ufficio tecnico dell'università, si è proceduto al rimontaggio di quei pezzi marmorei: costituivano l'antica fontana che un tempo ornava il cosiddetto "claustro di marmo".
Ad ultimazione dei lavori di abbellimento dell'edificio prima del terremoto, i monaci benedettini di S. Nicolò l'Arena commissionarono nel 1644 a mastro Ioannes Lumbardelli una "fonte in marmo" bianco di Carrara da collocare al centro del chiostro. Il sisma del 1693 pare non abbia danneggiato la fontana che continuò ad ornare il "claustro" anche nel successivo impianto settecentesco.

Con la soppressione delle corporazioni religiose, nel 1868 il demanio dello Stato acquisì il cenobio benedettino: la fontana era ancora al suo posto, ma "in mediocre stato di conservazione e senza acqua". Nel 1877 il Consiglio comunale di Catania approvò la rimozione della grande vasca per utilizzare il chiostro come palestra ginnica delle scuole che nel contempo vi si erano insediate (dal 1868-69 l'istituto tecnico "Carlo Gemmellaro", dal 1871-72 il liceo "Nicola Spedalieri"). L'intenzione originaria era quella di rimontare la fontana in piazza Cutelli.

In realtà si autorizzò solo lo "svellimento dei marmi" che venne poi appaltato nel 1879: la rimozione della vasca doveva essere effettuata "con la massima possibile precauzione, per impedire qualunque rottura, sotto la direzione dell'Ufficio tecnico comunale; quali marmi tutti verranno depositati, a spese dell'appaltatore, in quel sito dell'ex Convento dei Benedettini che gli sarà indicato dal predetto ufficio tecnico", come recita l'articolo 1 del contratto d'appalto. Smontati la grande vasca ed il relativo basamento gradonato, si innalzò il livello medio del chiostro di circa 30 cm: il primo gradino rimase così in situ ma coperto da una coltre di terra.


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Gli spazi del chiostro di ponente continuarono ad essere destinati a palestra all'aperto fino al 1977, quando l'università ricevette in dono dal Comune di Catania l'intero monastero.
Della perduta fontana si aveva ancora memoria: la forma e le dimensioni erano note in base alla descrizione lasciataci da J. I. Hittorf, che nel 1835 pubblicò l'Architecture moderne de la Sicile, dove appare riprodotto l'intero monastero dei Padri Benedettini con la fontana posta al centro del chiostro di ponente.

Iniziati gli interventi esplorativi, si rinvennero solamente il primo gradino e la condotta dell'impianto idrico di adduzione. Altri pezzi furono trovati invece all'interno di una fogna posta nella zona occidentale che separa il monastero dall'ospedale Vittorio Emanuele, recuperando così circa il 60% delle parti componenti la vasca. La grande coppa fu invece recuperata nel cortile del vicino palazzo Ingrassia: il prof. Francesco Bertè, direttore dell'Istituto di Anatomia, aveva preso in carico nel 1889 la grande coppa, ponendola nel giardino sul retro dell'istituto e modificandola in vasca dove allevare le rane da utilizzare per gli esperimenti.

I pezzi scoperti durante i saggi esplorativi furono portati all'interno del chiostro di ponente e si provò il loro montaggio, accostando a terra le parti. Fu realizzato inoltre un basamento in cls analogo a quello su cui si doveva poggiare la vasca.
La fontana era originariamente costituita da una grande vasca quadrilobata: su un quadrato di circa 5,6 m di lato si innestavano 4 lobi, uno per lato aventi raggio di circa 1,8 m. I bordi della vasca erano formati da una balaustra continua, anch'essa in marmo bianco, in cui si sovrapponevano 3 elementi: una cornice inferiore modanata, una fascia intermedia ornata da mezzi balaustrini, ed una cornice superiore anch'essa modanata, per un'altezza complessiva di circa 1 m. Al centro della vasca un pilastro cavo reggeva una coppa del diametro di circa 2 m, sempre in marmo, su cui era probabilmente poggiata una controcoppa più piccola, da cui zampillava l'acqua che a caduta riempiva la sottostante vasca.

La fontana era alimentata dall'acquedotto dei Benedettini, le cui condotte, dalla sorgente in contrada Leucatia, giungevano in una camera posta sotto la vasca, a livello del piano scantinato, a cui si accede oggi da un corridoio interrato; la pressione era sufficiente a far zampillare l'acqua all'esterno, attraverso la condotta di adduzione annegata nel pilastro cavo. La vasca, a sua volta, poggiava su un basamento formato da 4 gradini in conci di marmo grigio Billiemi, anch'essi sagomati secondo un andamento a quadrilobo.
Individuati e schedati i pezzi rinvenuti, si è oggi proceduto al loro montaggio reso assai complesso data l'eterogeneità dei frammenti ritrovati, la loro difficile movimentazione (fino a 300 kg ciascuno) e la mancanza di parecchi conci.


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Si è prevista la collocazione dei pezzi esistenti nella loro posizione originaria, integrando quelli mancanti con altri nuovi ma realizzati in graniglia, ovvero una malta fine di cemento bianco e polvere di marmo, materiale moderno e sicuramente non mimetico. I nuovi pezzi si sono ottenuti colando in stampi di gomma la malta, utilizzando le parti esistenti in situ come calco.

La vasca necessitava di numerose integrazioni; sono stati interamente ricostruiti 3 dei 4 gradini del basamento, utilizzando in questo caso malta con inerte di marmo grigio. Montati i pezzi esistenti insieme alle ricostruzioni in graniglia, si è inoltre proceduto alla pulitura delle parti in marmo, mediante impacchi e microsabbiatura di precisione a bassa pressione. Si è tentato anche un raccordo cromatico fra i pezzi originali e quelli ricostruiti, così da ottenere, osservando a distanza, un effetto di uniformità ma distinguendo le parti originali dalle "aggiunte", ad un esame più ravvicinato.
La fontana è oggi alimentata da un impianto idrico con sistema di ricircolo e trattamento dell'acqua collocato nella camera di deflusso sotto la vasca.

Oltre 20 anni di riflessioni del personale tecnico in servizio presso il monastero dei Benedettini, parte attiva nel recupero della fabbrica, hanno restituito alla collettività anche questa maestosa fontana, aggiungendo lustro ad un edificio già dichiarato dall'Unesco "Patrimonio dell'Umanità". Agli attuali gestori del monastero rimane, oltre alla scelta di usi compatibili, l'onore di operare in un simile contesto ed il non semplice onere della manutenzione.

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