ATTENZIONE!!!SI STA NAVIGANDO UNA VECCHIA VERSIONE DEL SITO
CLICCARE QUI PER LA VERSIONE ATTUALE DEL BOLLETTINO D'ATENEO
Atenei esteri

Il modello vincente alla Cambridge University

Creatività, pragmatismo e tradizione

 
 
30 settembre 2008
di Pierluigi Catalfo
catalfo 2 cambr.jpg

La forza della conoscenza è primariamente quella di essere una potente generatrice di valore e quindi un nesso funzionale e naturale tra il mondo accademico e la società. In questo senso, come è noto, la dinamica del rapporto tra università e società ha ormai da tempo intrapreso anche la strada della  piena valorizzazione economica dei risultati della ricerca con un duplice obiettivo.

Da un lato, costruire e salvaguardare il sistema degli equilibri per la sostenibilità della complessiva attività accademica tradizionalmente strutturata. Dall'altro lato, generare valore diffuso anche a beneficio dell'attività economica di una collettività.
Così, il complesso obiettivo della creazione di valore tramite la ricerca e il sistema del trasferimento tecnologico diventano occasione di studi e di confronti con realtà che nel mondo rappresentano le best practices.

A questo scopo l'Università di Catania, attraverso il suo Liaison Office, diretto dalla prof.ssa Margherita Poselli, nel quadro del progetto FIORI (Formazione Intervento Organizzativo per la Ricerca e l'Iinnovazione) ha organizzato, insieme con l'Università di Palermo e con la CRUI, un incontro di studio in Gran Bretagna con i responsabili del trasferimento tecnologico dell'Università di Cambridge per comprendere la formula di un sistema di grande successo e trarne modelli di utile applicabilità al nostro contesto.

Cambridge struttura il suo sistema fondamentalmente su tre livelli: un primo, costituito dalla CEL "Cambridge Enterprise Limited" (società commerciale a tutti gli effetti) le cui finalità sono molto efficacemente sintetizzate dalla specificazione "commercialising University science" che campeggia sui bigliettini da visita dei suoi responsabili; un secondo livello, rappresentato dal "St John's Innovation Centre" che è sostanzialmente un incubatore d'impresa dal quale per altro è uscita la tecnologia bluetooth; e un terzo, definito attraverso l'attività del particolarissimo istituto IFM (Institute for manufacturing) all'interno del dipartimento d'Ingegneria con una "Manufacturing and management Division".


catalfo 1.jpg

L'IFM mira precipuamente a incentivare gli studenti di Cambridge all'invenzione e alla costruzione di modelli di prototipi, e ad avviarli all'acquisizione di competenze manageriali e professionalità d'esperienza nel campo tecnologico e commerciale.

Quanto al "StJohn's Inovation Centre", esso rappresenta il paradigma del sistema degli incubatori così come li conosciamo nella prassi ormai ampiamente diffusa in Europa e per altro sperimentata negli Stati Uniti.

Ma è nella "Cambridge Enterprise Limited" che si addensano le più interessanti particolarità. La CEL non presenta una peculiare caratterizzazione in quanto struttura societaria di taglio strettamente aziendale. Si distingue, piuttosto, in ragione del suo orientamento specificamente commerciale e della sua composizione manageriale. Shirley Jamieson, head of marketing della Cambridge Enterprise, è estranea al mondo accademico, ma ha alle spalle una solidissima esperienza manageriale nel campo del marketing.

Non fa parte dell'Università di Cambridge, come per altro il Dr Maher Khaled, senior technology manager, ex studente di Cambridge che ha unito una elevata competenza tecnica a skills commerciali particolarmente sviluppate. Pertanto, Mrs Jamieson crede fermamente che il successo di Cambridge sia fondato su di un'affascinante ed efficace miscela di tradizione e innovazione, creatività e pragmatismo. E con molta chiarezza sottolinea l'esigenza, per tutti i ricercatori di Cambridge, di confrontarsi con la grounded research e al contempo di porsi il problema dell'applicabilità della ricerca.

Il sistema di Cambridge premia e sostiene "ugualmente" tutti i contributi incrementali della scienza in qualunque ramo, campo o specializzazione. D'altronde, secondo i nostri interlocutori di Cambridge, ma anche secondo il nostro tipico sentire accademico, se da un lato il sistema dei Patent, delle royalties e del loro valore economico diretto (concessioni, vendite, spin off, ecc) e indiretto (accountability dell'attività accademica, supporto al modello di finanziamento istituzionale) è determinante e necessario per molti aspetti, esiste un rischio a lungo termine legato alla graduale e pericolosa sottovalutazione dei settori della ricerca scientifica, culturalmente importantissimi, ma esterni a questo sistema.

Tuttavia, spingere nella direzione della "brevettabilità" implica certamente una visibilità piena di una parte significativa della ricerca e quindi, comunque, contribuisce ad aumentare l'appeal dell'università nel suo complesso verso il territorio e ovviamente anche nei contesti internazionali.


catalfo 3 cambr.jpg

In altri termini, ed in particolare sotto il profilo della best practice, la Cambridge Enterprise che genera con la sua attività il 60% del total budget annuo dell'Università di Cambridge non si è strutturata "riconvertendo" con tanta buona volontà professori o amministrativi del mondo accademico.
Dovendo realizzare una società commerciale di alto profilo, ha deciso, piuttosto, di affrontare la sfida della commercializzazione della sua produzione scientifico-tecnologica con risorse umane che avrebbero saputo gestire, grazie alla loro esperienza diretta, la dinamica commerciale e che sotto il profilo tecnico sapevano riconoscere le peculiarità e le potenzialità del particolarissimo prodotto "ricerca". Laddove, fra l'altro, nel "sistema Cambridge" la giustificazione della destinazione delle risorse pubbliche dipende dalla capacità di creare impatto socio-economico e quindi contribuire al processo di fund raising.

Creatività, quindi, sul versante della ricerca nella direzione della definizione del match tra corretta contestualizzazione nel processo evolutivo della scienza e spendibilità dei risultati, tra investimenti e risultati, ma anche estremo pragmatismo e capacità di agire concretamente in un ambiente culturale che al suo prestigio corrente aggiunge una tradizione  e per certi versi anche folklore (è significativo a tal proposito, che il rettore di Cambridge, il principe Filippo di Edimburgo, adempia puntualmente alle sue competenze di controllo lasciando tra una riunione e l'altra, sul lungo tavolo della sala del rettorato, due calamai d'inchiostro di marca diversa, una penna di legno verde, due pennini e un foglio di carta assorbente che ben poco fanno pensare all'attuale tecnologia della scrittura).

Personalmente, sono fermamente convinto che il successo del modello di Cambridge non sia riconducibile semplicemente all'assetto di governance che strutturalmente è stato prescelto. Piuttosto, l'impressione che ne traggo è quella di una precisa miscela di pragmatismo professionale, tensione all'innovazione e gusto per l'osservanza delle regole, dei compiti, delle responsabilità e forse - per quello che può influire - anche delle tradizioni.

Credits