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Facoltà

Carlo di Borbone in Spagna e nelle Due Sicilie

Storia e storiografia dell'Illuminismo nelle università meridionali, un seminario a Lettere e filosofia

 
 
27 maggio 2007
di Dario Maccarronello
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Il 31 maggio si è tenuto, presso il Coro di Notte del Monastero dei Benedettini, un seminario dal titolo Carlo di Borbone in Spagna e nelle Sicilie. Tradizione, innovazione, dissenso: nuove ricerche. L'incontro, organizzato dalla cattedra di Storia dell'età dell'Illuminismo, dall'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli e dall'Istituto per la Storia sociale del Mezzogiorno, ha visto la partecipazione di studiosi italiani e spagnoli.

Il denso programma dei lavori - che si sono snodati attorno ai temi della "tradizione" monarchica e culturale del giovane re venuto dalla Spagna, delle prospettive "innovative" nella politica interna ed internazionale delle Sicilie durante la breve, ma intensa stagione riformistica dei primi anni del nuovo regno e del "dissenso" dei gruppi sociali tradizionali (nobiltà di spada, di toga e partito dei "benestanti", cioè di coloro che avevano investito i propri capitali in rendite statali, a partire dai primi anni del viceregno spagnolo), come dei nuovi ceti, di cui fu espressione alta la densa stagione illuministica napoletana - ha assunto per i numerosi partecipanti all'incontro una duplice valenza.

Da un canto, è stato infatti possibile ascoltare insieme due grandi protagonisti dell'eccezionale tradizione storiografica italiana sul Settecento europeo, Raffaele Ajello e Giuseppe Giarrizzo. Dall'altro, si è potuto constatare come la loro lezione riscuota ancora oggi consensi, anche al di là delle scuole di pensiero che essi rappresentano e "oltralpe" e a discapito di mode storiografiche passeggere e sterili, importate, spesso impropriamente, da altre tradizioni culturali europee. Ciò mostra chiaramente, come dietro i virtuosismi tecnici della disciplina storiografica, il vero motivo del loro successo tra le tante generazioni che si sono formate negli atenei di Catania e di Napoli, consista in un mai domo bisogno di fare della storiografia politica lo strumento per la comprensione dei disagi dell'Italia contemporanea e di proporre una pedagogia civile per le nuove classi dirigenti del Mezzogiorno.


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Con l'arrivo, nel 1734, di Carlo di Borbone a Napoli, si manifestò per la prima volta la presenza di una nuova forza sociale che avrebbe progressivamente assorbito in sé le energie migliori della società siciliana e che si mosse contro gli abusi del baronaggio e degli ecclesiastici e contro lo strapotere del ministero togato che ancora nel Settecento proteggeva il proprio ruolo dietro la sacralità della toga, nei tribunali come nelle Università: la nascente cultura illuministica, che vide in Antonio Genovesi un caposcuola, riconosciuto tale non solo in Italia, ma nel mondo occidentale. Per Ajello e Giarrizzo - ed è questa la novità culturale più importante elaborata da questa generazione di intellettuali formatisi tra l'influenza dello storicismo tedesco e dell'idealismo italiano e l'alto magistero di Franco Venturi e Federico Chabod - l'illuminismo maturo rappresenta la prosecuzione della cultura giurisdizionalista e il compimento di un lungo processo di maturazione della classe politica e intellettuale delle Sicilie.

L'incontro ha mostrato come gli studiosi delle generazioni successive abbiano saputo cogliere e adattare alle nuove esigenze culturali e storiografiche alcuni degli aspetti fondanti dell'opera di questa generazione di maestri. Così, Vittorio Sciuti Russi, che è stato tra i primi allievi di Ajello, il quale ha insegnato Storia del diritto nel nostro Ateneo catanese per nove anni, nel decennio Sessanta, ha indagato a fondo la struttura e le formae mentis del ceto togato siciliano (fondamentali ed imprescindibili sono i suoi studi sulla struttura socio-istituzionale della Sicilia tra Cinque e Seicento), per poi, più recentemente, spostarsi sul grande tema dell'Inquisizione spagnola. Argomento sul quale, per la parte settecentesca, egli si è infatti soffermato durante il seminario, anticipando un volume di studi di fondamentale importanza. Imma Ascione, dirigente degli Archivi di Stato, che si è occupata dell'importante carteggio di re Carlo con i suoi familiari, ha avuto modo di mostrare la parte più intima del personaggio regale, sicché la ricostruzione psicologica dell'uomo Carlo accostata all'immagine esterna della regalità è servita ad evidenziare tanto i punti di forza quanto le debolezze delle Corti di Madrid e di Napoli.

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Sullo stesso tema della società cortuense, come punto focale per la comprensione dei meccanismi politici delle società di antico regime, si è soffermato Pablo Vàzquez Gestal, dell'Università Complutense di Madrid. Al centro della sua fine analisi i comportamenti politici dei due primi capi di governo del nuovo regno delle Sicilie - il nobile castigliano Santisteban ed il disinvolto, "osado" oltremodo Montealegre - analizzati sia attraverso i linguaggi dei cerimoniali sia attraverso quello delle logiche dei gruppi di potere italo-spagnoli. I recenti studi di Roberto Tufano, citati in premessa da Ajello come spunto per l'incontro catanese, hanno invece messo in luce le strette connessioni esistenti per tutta l'età moderna tra le vicende politiche della Francia, della Spagna e dell'Europa in generale e le ricadute immediate sulle Sicilie. Di grande interesse è l'utilizzo della documentazione franco-spagnola degli apparati degli affari esteri, che mostra, per il primo Settecento, la vicenda, finora sconosciuta, del tentativo di governo delle Sicilie da parte di Luigi XIV, e, per la seconda metà di questo secolo fino alla rivoluzione di Francia, le conseguenze drammatiche per le Sicilie della rivoluzione delle alleanze internazionali tra Borbone ed Asburgo, avvenuta negli anni '50. Ancora, sotto il profilo della storia delle mentalità e delle ideologie del ceto togato siciliano sono risultate originali e significative le tesi dello storico dell'illuminismo sulla crisi della logica combinatoria e dell'epistemologia come specchio della più ampia "crisi della coscienza europea".

Potere assistere all'incontro tra i due più importanti storici meridionali è stata un'occasione fondamentale per chi non solo voglia apprendere del nostro passato e delle nostre radici, ma anche profittare di una grande lezione etica sul ruolo della docenza universitaria, condividendo l'entusiasmo di questi maestri per la cultura "vera" - "sistematica" ma "anti-sistema", secondo gli ideali illuministici - unico antidoto all'imbarbarimento del sapere.