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Università e territorio

La crisi delle aree industriali costiere

Per una storia ambientale degli insediamenti petrolchimici tra Augusta e Siracusa

 
 
27 maggio 2007
di Salvo Adorno
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Il 23 e il 24 marzo si è svolto a Melilli un convegno sulla "Storia ambientale delle aree industriali italiane", organizzato dal comune di Melilli e dalla Società Siracusana di Storia Patria col patrocinio dei Corsi di laurea in Scienze dei Beni Culturali e in Valorizzazione dei Beni Archivistici e Librari della Facoltà di Lettere, nonché del Dipartimento Astra.  Le relazioni hanno proposto alcuni percorsi di ricerca, sviluppati nell'ambito della storia ambientale, relativi a realtà territoriali fortemente investite dal processo di industrializzazione e caratterizzate da una forte  mobilitazione e da un intensivo sfruttamento delle risorse naturali: acqua, suolo, aria. Sono intervenuti:  Augusto Ciuffetti, Università Politecnica delle Marche; Gabriella  Corona, Cnr;  Roberto Tolaini, Università di Genova;  Guido Zucconi, Università di Venezia; Gabriella Rienzo, Università di Foggia; Salvatore Adorno, Università di Catania;  Federico Paolini, Università di Siena; Simone Neri Serneri, Università di Siena.

Si riporta qui la sintesi  dell'intervento di Salvatore Adorno, docente di Storia contemporanea nella Facoltà di Lettere e filosofia dell'Università di Catania.

L'area costiera tra Augusta e Siracusa è stata oggetto a partire dal 1949 di un repentino e tumultuoso processo di insediamento industriale che ha portato, nel giro di un ventennio, alla formazione di uno dei più grandi poli petrolchimici europei raggiungendo, nella sua fase di massima espansione,  una copertura di territorio con manufatti industriali di circa  2700 ha.  

Nel novembre 1990 l'area è stata dichiarata ad alto rischio di crisi ambientale. La dichiarazione di rischio e il successivo piano di disinquinamento ci rilasciano l'immagine di un elevatissimo livello d'inquinamento dell'aria, dell'acqua e del suolo, nonché di un vulnus profondo agli equilibri ecologici dell'area. Sono stati cosi individuati i principali elementi di crisi.  In primo luogo l'emergenza idrica determinata  dall'uso indiscriminato delle acque sotterranee che ha prodotto l'abbassamento della falda procurando severi processi d'insalinazione. A questo motivo se ne aggiungono altri non meno gravi: l'emissione industriale di macro e micro inquinanti; i frequenti fenomeni d'inversione termica; la formazione di smog per fotosintesi di ozono e idrocarburi non metanici; la presenza di polveri organiche e inorganiche; il degrado delle acque marine, legato agli scarichi industriali abusivi, con la produzione di fenomeni di inquinamento da petrolio e da mercurio accompagnati da processi di eutrofizzazione e di trasformazione genetica della fauna ittica; la mancanza di distanza di sicurezza degli impianti e delle aree di stoccaggio dai centri abitati; l'elevata produzione di rifiuti per il sommarsi dei rifiuti urbani a quelli industriali. A queste motivazioni va aggiunto che l'area è anche considerata ad alto rischio sismico e che gli insediamenti industriali hanno compromesso sia il sito archeologico di Megara Iblea, sia le aree naturalistiche limitrofe.


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Se si confronta questa immagine con quella offerta dal primo quadro interpretativo del processo d'industrializzazione,  fissato agli inizi degli anni sessanta dalle ricerche di Morello (1962, Il Mulino), Peggio, Mazzarino, Parlato (1960, Einaudi),  e Leonardi (1966, Feltrinelli), si può cogliere con evidenza la distanza dei problemi e delle aspettative poste nell'arco di un trentennio.

Quei volumi raccontavano, con i linguaggi ora del sociologo ora dell'economista,  la traumatica e repentina transizione da una società prevalentemente agricola a una industriale,  sottolineando, comunque, gli elementi propulsivi di questo passaggio, legati all'aumento dei redditi, dei consumi e dell'occupazione. E anche quando evidenziavano gli squilibri del nuovo modello di sviluppo, legato agli interessi dei monopoli privati, denunziando i rischi di una monocoltura petrolchimica e di un'industrializzazione eterodiretta da capitali del nord, rimanevano portatori di una visione sostanzialmente positiva, a tratti ottimistica dello sviluppo, mostrando una sostanziale adesione al modello industrialista. Ma ciò che maggiormente ci interessa notare è che quei volumi erano del tutto silenti sui possibili rischi ambientali, segnalando in quegli anni  l'assoluta marginalità di queste tematiche sia nella riflessione teorica degli studiosi che nella percezione dell'opinione pubblica.

Uno degli obiettivi della storia ambientale è proprio quello di  ricostruire i tempi e le  modalità  storia della formazione di una sensibilità verso la questione ambientale. Tale fenomeno è databile a partire dalla metà degli anni settanta quando si incrociarono due congiunture: da una parte la crisi legata all'inversione del ciclo chimico nazionale e alle conseguenze internazionali dell'embargo sul petrolio; dall'altra i primi segni della crisi ambientale a livello sia nazionale (Seveso, Manfredonia), sia locale con morie di pesci, malformazioni neonatali, incendi di stabilimenti  e fenomeni di intossicazioni di massa, preoccupazioni per il depauperamento della falda idrica.

A Siracusa la crisi fu percepita come la  somma di una crisi di indirizzi produttivi, di una crisi ambientale e di una crisi occupazionale, con effetti devastanti su quello che i giornali locali avevano definito il "sogno siracusano" di una crescita illimitata della qualità della vita, dei redditi e dei consumi. In questo contesto si saldò un asse di contestazione che vide convergere le denunce delle associazioni ambientaliste, le prime timide mobilitazioni del movimento sindacale sui temi dell'inquinamento, l'intervento della magistratura, la mobilitazione spontanea e di massa delle popolazioni. Le manifestazioni di piazza contro la costruzione di un nuovo impianto per la produzione di anilina e contro la demolizione del borgo di Marina di Melilli per far posto a nuovi lotti di insediamenti industriali, coniugate alle prime drammatiche denunce per la nascita dei bambini malformati, inaugurarono nuove e inedite modalità di conflitto sia individuale che collettivo, incardinando la questione ambientale nella memoria e nell'immaginario della gente e facendola diventare una chiave di lettura centrale della storia di questo territorio.


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Fin qui è la storia degli uomini e della loro sensibilità sociale e culturale verso i temi ambientali, ma la storia dell'ambiente indaga anche sulla natura e sulle sue risorse: l'acqua per esempio. La cospicua presenza dell'acqua fu infatti un motivo determinate nella scelta della localizzazione dell'industria petrolchimica in questo tratto di costa. La risorsa idrica si presta particolarmente a una doppia filiera di ricerca.

In primo luogo la storia dell'inquinamento dei corpi ricettori delle acque di scarico, tema che è leggibile sia nelle frequenti morie di pesci nel porto di Augusta, sia nelle malformazioni neonatali riconducibili all'alimentazione con pesci  nutriti con mercurio scaricato abusivamente in mare. Qui il tema del sovvertimento dell'unicum  biologico in cui l'uomo è inserito, si connette con quello del modello di sviluppo e delle responsabilità sociali e politiche della sua realizzazione, ma anche con quello della rilevazione e misurazione sia dei livelli d'inquinamento che delle epidemiologie sviluppate.
In secondo luogo la storia dello sfruttamento della risorsa idrica per fini industriali, che vede in un trentennio il passaggio dal prelievo di falda all'infrastrutturazione del territorio in funzione della captazione e conduttazione delle acque fluenti, per arrivare, nel torno del secolo, al riutilizzo attraverso la depurazione. È una storia del processo di incorporazione della risorsa acqua nei cicli produttivi che si incrocia con la storia dell'utilizzo delle risorse finanziarie e dei saperi tecnico-scientifici e con quella della formazione delle decisioni nella politiche di intervento pubblico del secondo dopoguerra. Se l'obiettivo della storia ambientale è quello di indagare sulle relazioni tra la riproduzione dei sistemi sociali, la riproduzione sociale della natura e la riproduzione biologica della natura, allora questa storia ha molte domande da porre a questo territorio.