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Scienza cognitiva, cultura umanistica e nuovi orizzonti della ricerca interdisciplinare

Al via un laboratorio interfacoltà

 
 
13 settembre 2007
di Marco Mazzone
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"La scienza cognitiva è lo studio interdisciplinare dei processi cognitivi sottostanti all'acquisizione ed all'uso della conoscenza. Essa si avvale dei dati e delle metodologie provenienti da molti ambiti distinti, incluse la psicologia, le neuroscienze, la filosofia, la computer science, l'antropologia e la linguistica".

Questa definizione piuttosto classica di cosa sia la scienza cognitiva - anche se qualcuno preferisce parlare di "scienze cognitive", per rimarcare la loro non ridotta molteplicità - proviene da Wikipedia. Segno che il tema è ormai di pubblico dominio.

Le istituzioni di formazione e ricerca che si richiamano esplicitamente nel nome e negli obiettivi alla scienza cognitiva sono ormai numerose, negli Stati Uniti come in Europa e in varie altre aree del mondo. Le ragioni di una diffusione tanto ampia sono diverse, ma tra queste ha certamente rilievo il seguente fatto: la scienza cognitiva recluta una pluralità di tecnologie nuove e potenti al servizio di alcuni interrogativi che da millenni la nostra cultura va ponendosi, concernenti l'immagine che noi esseri umani abbiamo di noi stessi. E al tempo stesso, ovviamente, lo sviluppo delle tecnologie ha modificato incisivamente gli interrogativi.

Tra le tecnologie che negli ultimi decenni hanno avuto uno sviluppo più vigoroso nell'indagine sui processi cognitivi vanno senz'altro annoverate le tecniche di neuro-imaging: la possibilità di osservare in vivo il cervello durante la sua attività consente oggi di porre la questione della localizzazione delle capacità cognitive con grande concretezza, e questo ha ricadute formidabili sull'analisi stessa di quei processi. Si ripete in questo ambito un fenomeno non nuovo nella dinamica del pensiero: l'indagine dei processi cognitivi si è trovata a dipendere per molti secoli da intuizioni spontanee che, se da un lato hanno consentito una prima fruttuosa impostazione di alcune questioni, dall'altro hanno in parte fuorviato l'analisi. Per limitarci a qualche esempio, l'indagine neuroscientifica recente ha messo in discussione alcune semplicistiche ma durature demarcazioni tra percezione visiva e controllo motorio, o tra pianificazione razionale ed emozioni. Le immagini dell'attività cerebrale contribuiscono oggi a cogliere come strettamente intrecciati fenomeni cognitivi che a lungo sono stati pensati come totalmente irrelati, e talvolta, viceversa, a cogliere come relativamente indipendenti processi che pensavamo inseparabili. Ed è superfluo rimarcare quanto questa ridefinizione delle funzioni cognitive ed emotive, insieme allo studio delle loro basi genetiche, sia cruciale nella ricerca su numerose patologie neurologiche e psicologiche: si pensi all'enorme sviluppo che hanno avuto gli studi sull'autismo, o sui disturbi dell'attenzione.

Non soltanto le neuroscienze, ma  anche altri settori della scienza cognitiva hanno contribuito a complicare l'immagine tradizionale dell'uomo come agente essenzialmente razionale. L'economia cognitiva e la sociologia cognitiva hanno aperto nuove strade nell'analisi dei comportamenti degli individui e dei gruppi, individuando regolarità che poggiano su meccanismi di pensiero del tutto differenti dalla deliberazione razionale. Su questo terreno, gli studi sui comportamenti umani incontrano strumenti matematici e modelli fisici - quale, ad esempio, la teoria delle reti - straordinariamente potenti, che consentono di descrivere fenomeni che si collocano a livelli disparati: dalla cellula agli ecosistemi, dai sistemi neurali ai sistemi di comunicazione di merci, persone, informazioni.

Ovviamente, parlando di tecnologie che hanno potenziato la nostra capacità di indagare la cognizione, non si può trascurare il contributo degli elaboratori elettronici, il cui apporto è stato costante dalle origini di questa impresa, intorno agli anni cinquanta del secolo scorso, fino ad oggi, con una pluralità di approcci che vanno dal computazionalismo classico al connessionismo alla neuroscienza computazionale.


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Infine, la psicologia, le scienze del linguaggio, la filosofia e l'antropologia hanno fornito  alla scienza cognitiva un fondamentale contributo, non senza sviluppare una capacità di interazione, più o meno intensa secondo i momenti, con le tecnologie ed i modelli descrittivi e teorici di cui abbiamo detto. Dall'altro lato, saperi tradizionali dell'area umanistica hanno tratto nuova linfa da questo paradigma, dando vita, ad esempio, ad ambiti di ricerca quali l'archeologia cognitiva, la semiotica cognitiva, la filologia cognitiva.

Nel nostro ateneo non sono mancati gruppi di studiosi o singoli ricercatori coinvolti in reti di ricerca nazionali o internazionali, impegnati in alcuni degli ambiti di indagine indicati. E' invece mancata una capacità di operare "facendo sistema", ossia mettendo in rete la pluralità e la ricchezza delle competenze già presenti all'interno della nostra Università. Quanto sia importante la sinergia tra i diversi gruppi di ricerca locali è del tutto evidente, quando si pensi per un verso alla natura squisitamente interdisciplinare dell'impresa, per un altro all'impegno anche finanziario che le tecnologie coinvolte e la formazione di ampi gruppi di ricerca interdisciplinari comportano. Non si può immaginare che la ricerca nel campo delle scienze cognitive possa svilupparsi in modo significativo senza una scelta strategica delle Istituzioni che alla ricerca presiedono. E difficilmente, però, si può sperare di restare al passo in una serie di settori di indagine, ivi incluse le scienze dell'uomo, se non si raccoglie la sfida scientifica ed intellettuale che da qualche decennio la scienza cognitiva ha lanciato.

Per tutte queste ragioni si è costituito da qualche mese, all'interno del Centro di Ricerca Finalizzato IPPARI, un Laboratorio di Scienze cognitive. Alla sua costituzione hanno partecipato studiosi del nostro ateneo provenienti da diversi ambiti scientifici: dalla facoltà di Lettere e Filosofia, il prof. Giovanni Camardi; dalla Facoltà di Lingue e Letterature Straniere, l'estensore del presente articolo, dott. Marco Mazzone; dalla Facoltà di Medicina il prof. Domenico Mazzone; dalla Facoltà di Scienze, i professori Domenico Cantone, Vincenzo Cutello, Giuseppe Nicosia, Giuseppe Scollo, e i dottori Simone Faro, Giuseppe Sorace, Piero Ursino; dalla Facoltà di Scienze della Formazione, i professori Francesco Coniglione e Santo Di Nuovo. Ma l'elenco degli studiosi che collaborano con le attività del Laboratorio è in crescita, ed esso include oggi anche  ricercatori di altri atenei. Attualmente è allo studio anche la proposta d'istituzione di un corso di laurea magistrale in Scienze cognitive. La vera scommessa su cui si misurerà il futuro di queste iniziative è nella loro capacità di agire da moltiplicatore e da incubatore di ricerca interdisciplinare di qualità, favorendo l'aggregazione di  competenze, la formazione avanzata di giovani studiosi, l'elaborazione di progetti di ricerca grazie ai quali ognuno di noi potrà ridefinire le coordinate del proprio sapere.