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Libri e dintorni

Che lingua fa?

A proposito di Giuseppe Antonelli, L'italiano nella società della comunicazione

 
 
13 settembre 2007
di Salvatore Claudio Sgroi
scsz@libero.it
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Va subito detto che questo volumetto, di Giuseppe Antonelli, toscano di nascita ma ormai naturalizzato romano, e giovane docente di Linguistica italiana all'Università di Cassino neppure quarantenne, è un testo di grande rilievo, che si colloca nell'ambito della saggistica di alta divulgazione senza rinunciare alla scientificità e offre una presentazione equilibrata e critica dei fenomeni e dei problemi della lingua italiana. Il tutto in uno stile brillante (quindi per niente accademico e paludato), proprio di chi, oltre che storico della lingua, è anche (come si apprende dalla quarta di copertina) autore di romanzi.

Se l'aspetto divulgativo è garantito dall'uso minimale dei tecnicismi, comunque definiti quando introdotti la prima volta, dal dosaggio sapiente delle citazioni degli studi, la scientificità, ovvero la possibilità di verifica di quanto sostenuto nel corso dei capitoli, è anch'essa garantita dalle 14 fitte pagine di "Riferimenti bibliografici" finali. Un'occasione, questa appendice, anche per approfondire argomenti passibili di interesse per il lettore curioso e non superficiale, in quanto mappa ragionata nella selva delle pubblicazioni esistenti. Il testo si chiude con un "Indice dei nomi". E, se è lecito esprimere un desideratum, in una seconda edizione che certamente non mancherà di apparire, l'editore potrebbe concedere qualche pagina per un secondo indice dei fenomeni linguistici e delle parole oggetto dell'analisi. Il tutto ai fini anche di una consultazione differita di un testo, che da un lato si legge quasi d'un fiato per la sua capacità di affabulazione, ma che dall'altro richiede anche di essere ri-letto per riflettere su (e tenere a mente) i fatti discussi.

La difficoltà maggiore nell'affrontare un tema del genere, è senz'altro la scelta dei fatti pertinenti, da raggruppare e presentare con qualche sistematicità, in grado di fornire una immagine attendibile di una lingua, come tutte le lingue, dinamico strumento di espressione individuale, di interazione comunicativa e di conoscenza della realtà. È appena il caso di dire che il quadro, l'immagine della lingua nazionale forniti da Antonelli sono ben delineati e assai convincenti.

Intanto, cronologicamente la lingua nazionale qui analizzata è l'italiano di un quindicennio: "dai primi anni Novanta a oggi". Gli usi linguistici riguardano "l'italiano aziendale" vs il burocratese o lingua della burocrazia (cap. III "Nuovi modelli: la comunicazione aziendale"), la lingua della politica, della prima e della seconda Repubblica, la lingua della pubblicità (cap. IV "Comunicare per convincere"), la lingua della stampa e dei quotidiani on line, dei telefonini (cap. V "Comunicare per informare"), il linguaggio della neotelevisione (della fiction televisiva), della radio (radio di flusso e monologo dei dj), della canzone, dei fumetti, dei videogiochi (cap. 6 "Comunicare per intrattenere"), la 'neo-epistolarità tecnologica' ovvero la lingua delle e-mail, degli sms, delle chat line (cap. VII "Comunicare per comunicare"), la "lingua ipermedia" della neo-letteratura, prosastica e poetica (cap. VIII "La comunicazione letteraria"). A quest'ultimo tema l'Autore ha dedicato un altro brillante saggio: Lingua ipermedia.La parola di scrittore oggi in Italia, ed. Manni 2006.


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I sei capitoli in questione, in cui i fatti linguistici sono fatti ruotare principalmente attorno alle diverse funzioni da loro svolti, sono preceduti da due capitoli di carattere più generale. Il cap. I ("L'italiano nella società della comunicazione") si sofferma sull'italiano digitato, gli anglicismi (e l'itangliano), i linguaggi settoriali, i dialetti e l'italiano regionale, il linguaggio giovanile, i plastismi. Il cap. II tocca il delicato problema della "Norma e normalità". Equilibrata è la nozione di norma illustrata nel cap. II. Se l'errore da un lato è "quella violazione della norma che provoca una sanzione sociale" (p. 39), dall'altro, la norma come "il comune senso del pudore", "cambia nel tempo" e "muta rapidamente, in quanto legato al mutare dei costumi e della sensibilità collettiva" (39). Antonelli ricorda anzi la posizione di chi, come per es. A. Mioni, in un noto saggio identificò "l'italiano dei cosiddetti 'semicolti' (pieno di sgrammaticature e interferenze dialettali) con l'italiano tendenziale", cioè "l'italiano dei prossimi anni". E si dichiara contrario a ogni "manicheismo linguistico" (p. 52).

L'approccio a questa massa variegata di fenomeni linguistici, intelligentemente e convincentemente organizzati da Antonelli, è di tipo sincronico (una sincronia, come si è detto, di tre lustri) più che diacronico, ma dinamico, in cui cioè si tende a evidenziare il nuovo, peraltro con grande sensibilità per la storia della lingua, senza cioè trascurare i fili che legano le novità al passato, contro facili appiattimenti di stampo dilettantistico.

In questo testo, inoltre, la prospettiva di "linguistica interna", per dirla con termini saussuriani, è ben equilibrata con quella della "linguistica esterna. L'ottica adottata dall'Autore è infatti "attenta alla pressione esercitata dai mutamenti storici e sociali e concentrata sui diversi usi della lingua". Infine, il punto di vista che domina nell'analisi è di tipo descrittivo, di 'simpatia' per i fatti discussi, preoccupato più che altro di capirne la logica interna e sociale, anziché di tipo prescrittivo, con piglio puristico o neopuristico, e mai trattati, come dire, con 'la puzza sotto il naso'.