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Facoltà

Le vie della tradizione e dell'insegnamento fra testo e filologia


 
 
30 giugno 2008
di Fabio Nolfo
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Il volume Scritti di filologia greca e latina offerti a Giovanni Salanitro dai suoi allievi, apparso nel 2007 come numero speciale della rivista semestrale di studi classici e cristiani "Sileno", fondata da Quintino Cataudella, intende celebrare i quarant'anni di insegnamento di Giovanni Salanitro, professore ordinario di Letteratura latina dell'Ateneo catanese.

E' in un'elegante cornice, presso il Coro di Notte del Monastero dei Benedettini, che se ne è fatta la presentazione il 23 maggio 2008.
La raccolta di contributi costituisce senz'altro un importante omaggio non solo all'insigne studioso, ma alla comunità accademica tout court per il rilievo delle considerazioni prestate alle questioni di filologia greca e latina e di critica ed interpretazione del testo antico.

Dopo una breve presentazione, a cura di Vincenzo Ortoleva, in cui si delinea il profilo scientifico di Giovanni Salanitro e si dà l'elenco delle sue pubblicazioni, Carmen Arcidiacono (Le citazioni omeriche nell'opera di Cicerone) puntualizza i rapporti che legano l'Arpinate all'attività versificatoria e, in particolar modo, alla poesia omerica. Che Cicerone, proprio in forza della sua esperienza di uomo politico, si sentisse spinto soprattutto verso l'epica nazionale viene confermato dalla propensione dello stesso ad evitare il confronto tra Omero ed i poeti latini, se non per associarlo ad Ennio, il cantore epico di Roma. Certo, il richiamo al "cieco di Chio" da parte dell'Arpinate, come viene dimostrato, è frequente ed abbraccia più luoghi e generi della sua produzione. A prevalere è, altresì, il carattere utilitaristico, su cui sono improntate molte delle citazioni omeriche in Cicerone, che subordina l'interpretazione estetica dell'arte di Omero ad una valutazione essenzialmente etica del poeta e della sua opera.


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Quella di Paolo Cipolla (Una corruttela antica in Trag. Adesp. F 617 Sn.-K.?) è una rigorosa analisi filologica di un frammento citato nel V libro degli Stromateis - il titolo dell'opera significa propriamente 'tappezzerie'- di Clemente Alessandrino sotto il nome di Eschilo e tratto da una serie di altri frammenti che, riferiti ai tre tragici maggiori, vengono da tempo considerati di falsa attribuzione ed assegnati piuttosto ad uno o più poeti di estrazione giudaico-ellenistica.

Ricordando che il centone è un carme formato dalla combinazione di versi o di segmenti di versi, desunti da celebri poeti (soprattutto da Omero e da Virgilio), appare oggi inaccettabile la scarsa considerazione riservata alla produzione centonaria dal celebre filologo Shackleton Bailey, che ha addirittura definito i centoni degli "obbrobri letterari", escludendoli programmaticamente dalla riedizione dell'Anthologia Latina nel 1982.
Eleonora Giampiccolo (Osservazioni preliminari sul centone virgiliano De Verbi incarnatione) ne riscatta l'indiscusso valore attraverso lo studio di uno dei pochi centoni cristiani pervenutici dall'antichità.
Un quadro esaustivo del tessuto linguistico dei frammenti tragici di Livio Andronico viene fornito da Carmela Mandolfo in La Lingua di Livio Andronico Tragico.
Le traduzioni latine di Oribasio: relazioni tra la redazione Aa e la redazione La di Federico Messina costituisce un sicuro progresso nell'indagine sulle redazioni che ci hanno tramandato le traduzioni latine d'epoca tardoantica della Synopsis ad Eustathium e degli Euporista di Oribasio,  medico personale dell'imperatore romano Flavio Claudio Giuliano.

Vincenzo Ortoleva (Catullo 107. 7-8) condensa dimostrativamente la serie degli interventi ai vv. 7-8 del carme 107 del poeta latino Catullo, in cui, tanto nell'edizione teubneriana curata da Werner Eisenhut quanto in quella oxoniense edita da Roger Mynors, viene contrassegnato il passo lacunoso. La riflessione finale mantiene per il filologo in formazione il valore di un piacevole epimitio: "A volte dunque le cose appaiono ingiustificatamente complicate. La soluzione è invece spesso dietro l'angolo e sfugge solo perché siamo intenti a guardare altrove".


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In Appunti di letteratura latina: ipotesi di lavoro Annamaria Pavano propone alcune pagine esemplificative che costituiscono "parte di un più ampio progetto - una Sintesi di letteratura latina destinata in primo luogo agli studenti universitari - nato da un'idea di Giovanni Salanitro".

E' di spiccato interesse il contributo di Maria Rosaria Petringa (L'attribuzione e la cronologia del poema dell'Heptateuchos:una questione di metodo) che offre una robusta argomentazione, sorretta da una severa consuetudine di studio, sull'inattendibilità di ogni presunta attribuzione al poema dell'Heptateuchos. La scrupolosa rassegna dei codici, le conoscenze paleografiche, l'esteso ventaglio delle testimonianze letterarie rivelano il territorio impervio in cui si collocano la storia della tradizione del testo e le scelte dell'ultimo editore Rudolf Peiper.

Discutendo una lezione dell'Eneide virgiliana, accolta da Mario Geymonat nella propria edizione critica dell'intera opera di Virgilio, in Il Iudicium Paridis (AL 10) come testimone di tradizione indiretta virgiliana e i suoi rapporti con il modello Valentina Sineri rivede la scelta del filologo di avvalersi, tra i testimoni di tradizione indiretta, di un verso centonario contenuto nel Iudicium Paridis di Mavorzio. Proseguendo l'analisi, si conferma in ogni caso, poiché il carattere proprio della citazione centonaria, come si è ribadito, tende a mantenere a livello di significante il massimo di identità con il testo ripreso, l'opportunità di postulare a volte delle possibili varianti d'autore e di ammetterne la collocazione in apparati speciali inclusi nel corpo delle edizioni maggiori.

Particolarmente informativo è La favola del leone malato nell'Ecbasis captivi di Antonella Maria Rita Tedeschi, dove viene seguita, nel successo dei motivi e delle interpretazioni, la fortuna del celebre apologo esopico del leone malato, riportato, in una struttura "a cornice", come favola interna nel poemetto Ecbasis cuiusdam captivi per tropologiam, che la critica ormai propende a collocare alla metà o, secondo studi più recenti, alla fine dell'XI sec. d. C.
Valentina Violante (Note ai Versus de naturis rerum pseudoambrosiani) mostra un esempio di come spesso in alcuni luoghi i codici sembrino testimoniare una lezione migliore di quanto non leggiamo nelle moderne edizioni a stampa.
In definitiva, la miscellanea di riflessioni offerta tradisce l'indubbia competenza di ogni studioso rispetto alla materia trattata. Nel vasto orizzonte di ricerche prospettato, è facile dedurre come non sia stata smentita la lezione dell'ottimo Maestro.

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