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Ricorrenze

"Quanto tempo è passato, cara Costituzione."

Il saggio breve selezionato nell'ambito del premio indetto dal Comitato provinciale per la valorizzazione della cultura della Repubblica

 
 
30 giugno 2008
di Marina Calì
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A distanza di sessant'anni dalla promulgazione della Carta costituzionale italiana, il Comitato provinciale per la valorizzazione della cultura della Repubblica nel contesto dell'unità europea, presieduto dal prefetto, dott. Giovanni Finazzo, ha predisposto alcune meritorie iniziative volte a celebrare la storica ricorrenza e a porne in rilievo, soprattutto tra i giovani, il significato e l'importanza.
In conformità a tale programma operativo, il 20 febbraio è stato istituito un premio da attribuire al migliore elaborato, sui temi e i valori della Costituzione, redatto dagli studenti degli Istituti di primo e di secondo grado e dell'Università. Nel corso di una cerimonia che si è svolta il 20 maggio nell'aula magna del Palazzo Centrale sono stati premiati alunni delle scuole medie e superiori della provincia e una studentessa del nostro Ateneo, Marina Calì.
Il suo saggio breve è stato selezionato da una commissione composta dalla prof.ssa Giuseppina Travagliante, ordinaria di Storia del pensiero economico nella facoltà di Lettere e filosofia, dalla prof.ssa Gisella Padovani, delegata del rettore per il "Bollettino d'Ateneo", e dai viceprefetti, dottoresse Filippina Cocuzza e Michela La Iacona.

Riproduciamo qui di seguito il testo redatto da Marina Calì, premiata per avere illustrato le origini storiche e rilevato la modernità della Costituzione che, sebbene sia stata sottoposta ad alcune necessarie modifiche, continua a rappresentare "una tavola di principi, di valori, di diritti politici e sociali ma anche di doveri, di regole e di equilibri" e costituisce "la base del nostro stare insieme in un sistema animatamente democratico".

"Signori, con la legge in discussione, il governo ha mantenuto l'impegno che aveva assunto e ha dato forma positiva e concreta al suo programma. In una certa misura esso ha esaminato il suo compito principale, non avendo più oggi se non quello di vegliare a che le elezioni si svolgano nella piena e completa libertà di tutte le opinioni, di tutti i partiti, di tutti gli elettori, di tutte le elettrici".
Con queste parole il 7 marzo del 1946 Pietro Nenni, uno dei maggiori rappresentanti del partito socialista, annunciò al parlamento la conclusione della fase preparatoria delle prime elezioni democratiche dopo la caduta del fascismo. Dopo tre anni e mezzo di gestazione, il nuovo fervore di vita democratica trovò espressione nell'impegnativa attività dell'Assemblea Costituente che approdava all'elaborazione e all'approvazione (con 453 voti a favore e 62 contro) della nuova Costituzione della Repubblica Italiana, entrata in vigore il 1° gennaio 1948, firmata dal presidente del Consiglio Alcide De Gasperi e dal presidente dell'Assemblea Costituente, Umberto Terracini.


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Un anno fondamentale, quindi, per la nostra madre patria che in questo 2008 festeggia il sessantesimo anniversario della nascita della Costituzione ricordando a tutti, in un periodo di crisi e di incertezza politica sentite ora più che mai, la nostra identità di popolo e l'insieme dei valori e degli ideali che ci hanno tenuti uniti fino ad oggi.
In un discorso pronunciato a Milano nel 1955, Piero Calamandrei specificò con enfasi: "In questa Costituzione c'è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato, i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre glorie: son tutti sfociati qui in questi articoli".
Dal discorso di Calamandrei sono ormai trascorsi più di cinquant'anni e la nostra Costituzione attuale non è proprio la stessa che fu votata nel '47 ma ha conservato comunque la sua identità, apportando due fondamentali modifiche concernenti la dimensione federalista dello stato e l'introduzione della sussidiarietà. La carta costituzionale ha permesso di dare un nuovo volto all'Italia ed è a tale risultato che bisogna guardare in questo offuscato 2008 in cui la crisi economica accentua i disagi sociali.

Quali grandi successi siamo riusciti a conquistare? Sicuramente il principio di uguaglianza è uno dei più importanti che potremmo ricordare. Addirittura la più antica ed evoluta forma di democrazia si realizzò nella città di Atene già nel 508 a.C. quando Clistene, un nobile di tendenze filopopolari, attuò una riforma della costituzione ateniese con l'intento di diminuire il potere delle grandi famiglie aristocratiche e di allargare la partecipazione al governo della città anche ai ceti meno abbienti, realizzando l'ideale ugualitario dell'isonomia, cioè l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Questo dimostra come fin dall'antichità si sia sempre sentito il bisogno di azzerare le discriminazioni ed essere giudicati in modo equo. Ma dimostra anche quanto tempo, lacrime e sangue siano serviti per raggiungere questi livelli e quante guerre ancora dovranno essere combattute perché questo diritto possa essere esteso in tutto il mondo.

Eppure un risultato importante è stato ottenuto quando, con la proclamazione della Costituzione, l'uomo è diventato agli occhi di tutti solo un essere umano con i propri difetti, le proprie pecche, le proprie debolezze, ma soprattutto un individuo da giudicare con oggettività, indipendentemente  da razza, colore, sesso, lingua, religione, opinione politica o di altro genere. La libertà di religione è stata considerata un grande passo in avanti e un motivo di riscatto rispetto al passato.
Nessuno ha dimenticato che nel 1938 Mussolini, alleandosi con Hitler nella persecuzione degli ebrei, emanò una serie di leggi che miravano a colpire gli appartenenti alla "razza" semitica. Da quel momento gli studenti ebrei poterono frequentare solo scuole ebraiche, molti dipendenti pubblici persero il posto di lavoro, ebrei proprietari di industrie, immobili e terreni si videro requisire le proprietà, e questo è solo una piccola parte di ciò che la legislazione fascista mise in atto, ma è qualcosa che ci permette di ricordare cosa siamo riusciti a conquistare e a cambiare del mondo.


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E che dire della libertà che finalmente ci è stata concessa con l'eliminazione della monarchia e dei regimi totalitari? La libertà assoluta, e tutto ciò che da essa dipende, è il diritto più grande che l'uomo sia riuscito a conquistare. Nella schiavitù lo schiavo era un oggetto di proprietà del padrone che poteva fare di lui tutto ciò che voleva; non aveva nessun diritto, era completamente escluso dalla vita politica e dalle feste religiose, ma lavorava e viveva per soddisfare il suo signore.
Oggi la Costituzione esprime il concetto di lavoro come diritto di ogni cittadino e, grazie allo statuto dei lavoratori, assicura che in ogni luogo di lavoro vengano rispettati i diritti costituzionalmente validi (libertà di opinione, tutela della dignità del lavoratore, libertà di associazione sindacale), oltre a tutelare ovviamente il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni e ad assicurare i mezzi adeguati alle esigenze di vita di ogni lavoratore in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia (art.38).

Ma c'è di più. La nostra Costituzione ha pensato principalmente al bene dell'individuo e della collettività e ha garantito in particolar modo diritti come quello allo studio, alla salute e alla libertà personale di ognuno, (intesa come affrancamento da qualunque forma di detenzione, di ispezione o perquisizione personale), stabilendo che solo un giudice possa decidere di limitarla attraverso un atto motivato (prove incriminanti, reati contro la legge, ecc.). L'uomo è riuscito a fare molto per se stesso e per gli altri. Non sono mancate mobilitazioni di massa, comizi e cortei di rivendicazione e protesta per sostenere i nostri diritti e difendere la nostra libertà, quella libertà che, tuttavia, molto spesso ci ha resi ciechi, condotti a decisioni affrettate e negative per la comunità.

E' chiaro a tutti che nessun regime politico contemporaneo è del tutto immune dal rischio di degenerazioni autoritarie o totalitarie. Ma, c'è da chiedersi, la nostra democrazia sarà in grado di evitare questo rischio?
Suona estremamente confortante un famosissimo pensiero di Aristotele:"In uno stato ben ordinato la sovranità non appartiene agli uomini, ma alle leggi. Gli esseri umani, in quanto esseri influenzabili dalle passioni, sono creature fallibili ma le leggi no. Si fondano su un carattere razionale e sono maggiormente adeguate a fondare un governo equo e giusto".

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