ATTENZIONE!!!SI STA NAVIGANDO UNA VECCHIA VERSIONE DEL SITO
CLICCARE QUI PER LA VERSIONE ATTUALE DEL BOLLETTINO D'ATENEO
Ricerca

Fra chimica e filologia: il "vero" papiro del "falso" Artemidoro


 
 
30 giugno 2008
di Gaetano Arena
arena1.jpg

Preziosissimo originale o scaltra beffa moderna? Artemidoro o il suo fantasma? Quando, nel lontano 1998, le autorevoli pagine della rivista Archiv für Papyrusforschung posero all'attenzione della comunità scientifica la struttura ed i contenuti di un eccezionale frammento papiraceo fino ad allora sconosciuto, certo nessuno poteva lontanamente immaginare quale polemica sarebbe scoppiata intorno all'autenticità stessa del reperto, un acceso ed ormai decennale dibattito che non accenna ancora a sopirsi ma si è anzi recentemente tradotto nella pubblicazione di due poderose monografie, rispettivamente a cura di Luciano Canfora (Il papiro di Artemidoro, Editori Laterza Roma-Bari 2008) e di Claudio Gallazzi, Bärbel Kramer e Salvatore Settis (Il papiro di Artemidoro, LED Edizioni Milano 2008), quasi due monoliti che si fronteggiano senza apparenti punti di convergenza.

Questo grande papiro (lungo 255 cm e alto 32,5 cm) avrebbe subìto una strana e mutevole sorte: dapprima destinato a contenere sul recto un'edizione di pregio dei Geographoùmena di Artemidoro di Efeso (geografo greco del II-I sec. a.C.) corredata di una mappa parziale della penisola iberica e datata su base paleografica ad età augusteo-tiberiana (figg. 1-2), poi adoperato per disegnarvi sul verso 42 figure di animali reali e fantastici accompagnate da didascalie in greco (fig. 3), il rotolo fu infine riusato nelle parti rimaste vuote del recto per realizzare un cahier d'artiste, ossia una raccolta di schizzi, bozzetti raffiguranti profili di figure umane, braccia, mani e piedi in prospettive ed attitudini diverse (figg. 1 e 4).

Il documento, venduto da un privato alla Fondazione per l'Arte della Compagnia di San Paolo per la cifra di 2.750.000 euro, è stato ufficialmente presentato al grande pubblico nella mostra di Palazzo Bricherasio a Torino (8 febbraio-7 maggio 2006, Catalogo a cura di C. Gallazzi-S. Settis, Le tre vite del papiro di Artemidoro. Voci e sguardi dall'Egitto greco-romano, Mondadori Electa Milano) e si trova oggi custodito presso il Museo Egizio.

Il papiro è stato sottoposto ad un'indagine fine e rigorosa da parte di un illustre filologo come Canfora, il quale non solo ha fermamente escluso la possibilità che il testo scritto vada attribuito ad Artemidoro - di cui ci è pervenuto solo qualche frammento di tradizione indiretta - ma ha anche avanzato la clamorosa ipotesi che si tratti dell'opera di un famoso falsario, Costantino Simonidis, ambiguo personaggio dell'Europa ottocentesca, greco di nascita ed appassionato cultore di pittura e geografia antica. Per Canfora, niente affatto persuaso delle presunte "tre vite" del papiro, non sussisterebbero dubbi: il testo, pieno zeppo di «insormontabili difficoltà linguistiche, sintattiche, storiche e fattuali», oltre a rivelare un massiccio, e sospetto, addensarsi in breve spazio di sintagmi e lessemi tardoantichi e bizantini, nient'altro sarebbe se non «una grama rielaborazione di Marciano» (epitomatore di scritti geografici attivo nel IV o, secondo alcuni, addirittura nel VI sec. d.C.) ad opera, probabilmente, di Simonidis.

Altrettanto perentoria la replica di Settis, insigne archeologo e storico dell'arte, che aveva fortemente caldeggiato l'acquisto del volumen, e di papirologi eminenti come Gallazzi e Kramer: la falsità del documento non può essere provata unicamente su base linguistica e stilistica; gli esami fisico-chimici dimostrano infatti la "genuinità cronologica" del supporto scrittorio, ne svelano la composizione antichissima dell'inchiostro (che, però, anche i falsari moderni sapevano procurarsi), mentre le analisi al microscopio testimoniano l'autenticità del tratto della scrittura, una grafia peculiare del tardo Ellenismo che Simonidis non poteva conoscere perché nota da papiri scoperti successivamente alla sua morte; persino le impronte speculari e le stampigliature a cadenze regolari documenterebbero la "verità" della carta geografica e dei disegni presenti nel rotolo.

Argomentazioni persuasive da entrambi gli schieramenti, dunque. Come già accaduto di recente, dopo l'inquietante notizia che la Lupa Capitolina, simbolo universalmente noto di Roma, da sempre considerata un capolavoro etrusco, risalirebbe invece al Medioevo (secondo l'ipotesi, da molti contestata, di A.M. Carruba, La Lupa capitolina. Un bronzo medievale, De Luca Editori d'Arte Roma 2007), sembrerebbe proprio che sia destinato a sollevarsi un grande polverone ogni qual volta un sisma, anche di lieve intensità, scuote le colonne del vetusto tempio dell'antichistica. Così, se secondo Settis è da considerarsi inverosimile «l'eventualità che il testo sia genuino e le figure contraffatte» perché «tutto ciò che il rotolo porta è antico», da parte sua Canfora trova legittimo chiedersi «cos'è poi un falso se non un pastiche fatto di pezzi più o meno buoni 'impastati' per creare l'impressione di un 'antico'?».

In entrambe le affermazioni si trova una parte di verità: forse potrebbe in futuro rivelarsi giovevole ai progressi della ricerca sul papiro "di" Artemidoro una stretta collaborazione interdisciplinare capace di mettere in campo e far opportunamente interagire altre conoscenze e nuove competenze maturate in ambiti diversi. Forse, così facendo, si potrebbero finalmente passare al vaglio singolarmente i molteplici aspetti di uno stesso materiale scrittorio - il testo, la carta geografica, il repertorio animalistico, l'album figurativo - nel tentativo auspicabile di individuare e separare l'autentico dall'apocrifo, «misurandosi con una cultura che è al contempo fondativa e antagonista del nostro presente» (I. Dionigi, I classici e la scienza. Gli antichi, i moderni, noi, BUR Milano 2007).

Credits