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Università e territorio

Per un nuovo rapporto tra scuola e università: l'ADI-SD


 
 
29 maggio 2008
di Andrea Manganaro
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Scuola e università sono ancora le principali sedi istituzionali della formazione delle giovani generazioni. E rappresentano i due segmenti fondamentali del sistema-istruzione del nostro Paese: distinti, ma necessariamente correlati. Eppure raro, episodico, è il rapporto tra i docenti della scuola e quelli della stessa università che li ha formati. Un solco profondo di reciproca diffidenza sembra separare le componenti del sistema formativo. L'università addebita alla scuola le carenze delle nuove matricole e in genere poco sa dei profondi mutamenti intervenuti nell'istruzione secondaria, travagliata da riforme discordanti. E dall'altra parte, nell'immaginario della maggioranza dei docenti liceali, l'università sembra essersi fermata a quella frequentata in gioventù, molto diversa dall'attuale.

Le specificità delle due istituzioni, e le connesse problematiche, contribuiscono certamente a far smarrire la coscienza delle comuni finalità formative, delle convergenze di interessi nell'ambito delle discipline insegnate. Dell'università, si sa, è imprescindibile peculiarità (sino ad ora) il binomio ricerca-insegnamento. Della scuola è compito specifico attuare il principio costituzionale dell'istruzione obbligatoria. Ed è pertanto sua distintiva funzione assicurare l'offerta formativa a fasce di popolazione studentesca diverse da quelle proprie dell'università: più estese, più giovani; e anche, pertanto, meno omogenee, più difficilmente motivabili allo studio. E ovviamente diverse sono le competenze richieste ai docenti delle due istituzioni, la loro formazione, il reclutamento. Diversità di funzioni che però, tutte insieme, non giustificano affatto la debolezza del raccordo tra scuola e università, che in Italia (nonostante le SSIS abbiano imposto al mondo accademico un confronto con l'istruzione secondaria) permane occasionale. E le conseguenze, in termini di ritardi e abbandoni degli studi, sono pagate in primo luogo dagli studenti.

Eppure un diverso rapporto tra scuola e università è ipotizzabile. Un dialogo meno frammentario, una maggiore continuità possono essere costruiti direttamente dai docenti delle due istituzioni, sugli interessi disciplinari che li accomunano, senza deleghe, senza rinvii.
La creazione di un rapporto più organico, di un laboratorio permanente di esperienze e progetti nell'ambito specifico dei settori disciplinari, non è però solo un'ipotesi. È, questa, già l'azione distintiva dell'ADI-SD, la Sezione Didattica dell'Associazione degli Italianisti, un'associazione professionale riconosciuta dal Ministero della Pubblica Istruzione, nata dall'ADI (che rappresenta i docenti universitari italiani di Italianistica), con la quale opera in stretta sinergia. Prioritario obiettivo statutario dell' ADI-SD (che vuole rappresentare gli insegnanti di italiano di ogni ordine scolastico) è stabilire un interscambio permanente di riflessione e di esperienze tra ricerca universitaria e scuola nell'ambito della didattica dell'italiano. Un'interazione attestata dalla stessa composizione del suo organismo direttivo, costituito sia da docenti della secondaria, sia da docenti universitari dell'ADI.


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Attiva da tempo in alcune regioni, l'ADI-SD ha costituito da un anno una propria sezione anche a Catania, per iniziativa congiunta di docenti dell'ateneo e della scuola catanesi. E le sue prime iniziative si sono articolate in un ciclo di incontri e laboratori sulla novella e il racconto e sull'italiano scritto, con interventi di insegnanti catanesi e autorevoli italianisti di varie università.
È infatti un rapporto nuovo, quello cui tende l'ADI-SD, che vuole passare dalla vecchia formula dei corsi di aggiornamento all'interazione dialogica, laboratoriale, tra i docenti dei diversi ordini di istruzione. Una collaborazione, nel rispetto delle reciproche competenze, che può produrre esiti positivi nell'ambito della didattica dell'italiano: "didattica" intesa non in senso tecnicistico, ma come riflessione sullo specifico statuto disciplinare, e come individuazione di nuove modalità di trasmissione delle competenze e delle conoscenze. Per insegnare italiano oggi, con la coscienza delle difficoltà determinate da profondi mutamenti: informatizzazione; prevalenza dell'immagine sulla lettura; marginalizzazione dell'umanesimo; riduzione dell'intellettuale da portatore di valori a specialista o intrattenitore.

A determinare il senso dell'azione dell'ADI-SD è la convinzione dell'imprescindibile valore formativo dell'educazione linguistica e letteraria, nel loro intreccio reciproco, e del ruolo ancora essenziale dell'insegnamento dell'italiano. Con l'obiettivo primario di restituire "la parola" ai nostri giovani, nella convinzione che il possesso del discorso scritto e parlato sia condizione ineliminabile per esercitare il diritto di cittadinanza. E con un altro, non secondario obiettivo: garantire alle nuove generazioni le possibilità formative proprie dell'educazione letteraria. Di fronte al dilagare delle ideologie praticistiche e dei particolarismi localistici, l'insegnamento letterario deve, a maggior ragione, continuare ad assolvere la sua insostituibile funzione. Per consentire di confrontarci con un'identità culturale comune, attraverso il dialogo con le opere della nostra tradizione e con l'immaginario collettivo di tutte le epoche. Ma non è solo la costruzione identitaria a rendere tuttora fondamentale tale insegnamento. I testi letterari, con la loro polisemia, porgono anche un'occasione educativa unica: si offrono infatti a un'ininterrotta, dialogica interpretazione; a una domanda di senso, mai conclusa, che riguarda noi stessi, esseri umani. "Insegnare a dare senso ai testi letterari non è diverso da insegnare a dare un senso alla vita, o almeno a cercarlo", ha ricordato Romano Luperini in un incontro dell'ADI-SD catanese.


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D'altra parte, non è solo l'oggetto disciplinare ad avvicinare ricerca universitaria e insegnamento dell'italiano, ma anche una profonda omologia. La critica letteraria condivide infatti con l'insegnamento la funzione di mediare i testi, di farli rivivere, di farli entrare nell'ininterrotto dialogo dell'umanità. Lo studioso e il docente di letteratura attuano sempre un duplice dialogo: col testo e con gli altri lettori del testo. Certamente diverso è l'ambito della loro socialità: la critica letteraria ha destinatari esigenti, un linguaggio specialistico. L'insegnamento della letteratura, a scuola ma anche all'università, ha destinatari meno rigorosi, non sempre interessati, ai quali va motivato l'oggetto dello studio. E richiede pertanto, pena il fallimento, di esercitare una funzione intellettuale attiva, non da ripetitori passivi.

Uno dei più autorevoli intellettuali europei, Tzvetan Todorov, riflettendo sull'insegnamento della letteratura, ha voluto ricordarne recentemente (in La letteratura in pericolo) il senso più profondo: insegnare letteratura significa educare a inserirsi "nel grande dialogo tra gli uomini, iniziato nella notte dei tempi e a cui ciascuno di noi, per quanto insignificante sia, prende ancora parte". Al di là degli autoreferenziali specialismi, è proprio questo a rendere ancora necessari la letteratura e il suo insegnamento: "Siamo tutti fatti di ciò che ci donano gli altri: in primo luogo i nostri genitori e poi quelli che ci stanno accanto; la letteratura apre all'infinito questa possibilità d'interazione con gli altri e ci arricchisce, perciò, infinitamente".

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