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A proposito di una "striscia" sul Bd'A


 
 
28 novembre 2008
di Maria Rachele Fichera
rachelefichera@gmail.com
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Il Bollettino d'Ateneo si propone di inserire in ogni numero un "graphic novel" riferito a scienziati viaggiatori, personaggi di spicco, accademici che hanno illustrato l'Università e studiato la Sicilia. L'articolo seguente è una introduzione e al contempo un'apologia.

Secondo lo Zingarelli, illustrare è "1. corredare un testo di figure, disegni, fotografie e sim.", ma anche "2. fig. est. rendere chiaro, fornendo di commento". Il meccanismo associativo è tra le qualità della mente umana che, insieme con la memoria visiva, supportano l'apprendimento. La prima definizione del dizionario si riferisce a questa funzione dell'immagine: essa è riconoscibile e arricchisce l'archivio culturale della mente, è di supporto all'esposizione verbale per completarla. Oggi questo genere di illustrazione è definita no fiction, per distinguerla da quella d'invenzione rivolta tradizionalmente alla letteratura, ma non solo.

La definizione del dizionario precisa che l'illustrazione è a corredo di un testo, ma nella seconda accezione quasi inverte i fattori: il "commento", a parole s'intende, "illustra" quando vuole chiarire qualcosa, anche un'esperienza visiva come si fa quando si proiettano slides o si accompagnano i turisti a conoscere monumenti.
Rossana Bossaglia, nella prefazione a uno dei testi di Paola Pallottino, storico dell'illustrazione, parla di "sottile ambiguità dell'argomento, il suo slittare da un ambito all'altro, il suo coinvolgere problemi diversissimi, ciascuno dal canto suo con molte facce". Il nome stesso, "illustrazione", si associa d'istinto al libro, come se solo nel libro si praticasse, mentre oggi le sue applicazioni sono molteplici e sconfinano nella pratica delle Arti Visive, senza più legami con la carta stampata.


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Il linguaggio della pura rappresentazione è definitivamente affidato alla fotografia. Di più: nella maggior parte dei casi, dove l'immagine deve essere realistica, questa è insostituibile e il suo basso costo, con la complicità delle elaborazioni elettroniche, l'ha ormai introdotta anche nel genere fiction. Nei testi scientifici, descrittivi e didattici non si ripeteranno mai più le amene, deliziose divagazioni degli artisti che hanno creato bestiari fantastici, panorami scenografici, ritratti celebrativi di pura invenzione, repertori antropologici da circo equestre.

È emblematico del genere il rinoceronte, ibrido tra un cinghiale, una testuggine e un lucertolone, di un gigante dell'arte quale Dürer: era il sedicesimo secolo, un ampio arco cronologico lo separava dalle rappresentazioni, quasi scientifiche nella resa dei soggetti, degli animali portati dall'Africa da un ricco mercante romano che li aveva fatti rappresentare nei mosaici della sua villa a Piazza Armerina. Prodromi della moderna illustrazione scientifica possono riscontrarsi, con pochi esempi, in sequenze delle tecniche di coltura, di procedure mediche, di tecniche artigianali nelle tombe egizie, in calendari e in prescrizioni agronomiche medievali, in rappresentazioni delle stagioni, nei portolani e in tutta la cartografia.

Con i viaggi di scoperta, favoriti dall'interesse commerciale, si produssero l'esigenza della documentazione e il progresso nella tecnologia della carta, che sostituì la costosa pergamena. Quelli rinascimentale e illuministico furono periodi in cui proliferò una quantità di immagini eterogenee, non distinguibili tra illustrative e strettamente scientifiche: nel loro insieme, furono piuttosto la risposta a una richiesta di curiosità, del genere che diede origine alle wünderkammern. Gli studiosi erano pochi e isolati, spesso perseguitati come Galileo, tant'è che diversi di loro scrivevano, e disegnavano allo stesso tempo, in criptografia, come Leonardo con la sua scrittura rovescia.

Non riflettiamo mai abbastanza sulla grande importanza della comunicazione nel progresso scientifico. La ragione principale dell'isolamento degli studiosi fino al secolo XVII, e quindi della lenta diffusione dei dati, era nella difficoltà di riproduzione dei documenti e di comunicazione in genere, associata alla generale ignoranza. La stampa fece la differenza, anche se la pietra miliare posta da Gutenberg fu ancora una Bibbia. Per un pubblico colto, raffinato e ricco si producevano anche resoconti di viaggi, con suggestive rappresentazioni di terre lontane e dei loro abitanti, repertori di scienze varie, spesso fantasiosi, manuali e ricettari medici, associati a libercoli di scienze occulte. Il miglior prodotto illuminista dell'ansia di scoperta e dell'evoluzione tecnica fu naturalmente la prima Enciclopedia, la Diderot-D'Alembert.

Nei primi anni del XIX secolo avvenne  la seconda rivoluzione con la litografia, che permise grandi tirature a basso costo. A stretto giro d'una generazione apparve la fotografia.


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Chi fece la differenza, mentre la tecnologia avanzava, furono gli scrittori di fantascienza a cavallo tra Otto e Novecento, stavolta energicamente supportati proprio dagli illustratori, che, complici fotografia e il neonato cinema, svilupparono il genere il cui inizio è fissato convenzionalmente nei Romans de la science di Jules Verne. Ciò non significa che i testi scientifici non progredissero e con loro l'illustrazione specialistica, bensì che con i "giornali per le famiglie", che ospitarono in appendice le puntate di quei testi rivoluzionari, un'inedita scienza a carattere divulgativo permise, ancora una volta, che si accelerasse sia lo scambio di informazioni sia l'emergere di talenti. E si differenziarono i due generi di illustrazione.

Gli illustratori si moltiplicavano con il crescere del mercato editoriale, erano artisti, condividevano gli entusiasmi per il progresso e facevano di tutto. Non è un caso che proprio Verne fosse stato iniziato da Jaques Arago, un avventuriero come Indiana Jones, che percorse gran parte delle Americhe e dell'Oceania, e che ebbe tra i compagni di viaggio l'acquarellista russo Louis Choris.

Vorrei perfezionare il "ritratto" dell'illustratore d'oggi, che dovrebbe scaturire dai suoi precedenti genetici fin qui sommariamente descritti, con un dettaglio: nonostante le informazioni e i mezzi tecnologicamente raffinati di cui dispone, non rinunzia a sentirsi artista, anche quando gli si chiede di riprodurre un insetto con particolari esaltati e posa perfetta, o di simulare il pianeta affettato come un melone, o di ricostruire virtualmente una città antica, o di schematizzare un fotogramma da microscopio elettronico.

Lo fa contemperando tecniche tradizionali, fotografia e computer grafica, mentre altre forme d'arte nascono spontaneamente dalle nuove tecniche, come l'uso "artistico" delle immagini da microscopia. Per confondervi meglio le idee, pensate a quella che tra le tendenze del contemporaneo è definita "arte concettuale": cosa c'è di più "concettuale" della rappresentazione grafica dell'atomo con le sue palline colorate e le sue proporzioni stravolte? Anche con le sue metafore visive, per l'illustratore scientifico è d'obbligo essere fedele al dettato; per questo, penso che gli serva anche una buona cultura.

Forse ora è più chiaro cosa intende la Bossaglia con "sottile ambiguità dell'argomento". E poiché poche cose in natura appaiono ambigue come la psiche umana, l'illustrazione per dialogare con essa deve essere un'arte, a volte quasi una scienza.