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Ricerca

Cuore di plastica

Le nuove tecnologie nel settore dei polimeri

 
 
21 aprile 2008
di Salvatore Graziani
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E se l'amore di plastica, di cui racconta desolata la "cantantessa", scaturisse da un cuore realizzato grazie alle nuove tecnologie che vengono pian piano affinate nel settore dei materiali polimerici? Probabilmente la nostra arriverebbe a ben altre conclusioni sulla chimica della sua relazione amorosa.

Purtroppo le tecnologie di cui disponiamo non consentono ancora di produrre tali manufatti: un organo artificiale della complessità del cuore umano, realizzato interamente con materiali plastici, rappresenta un agognato traguardo cui guarda con interesse la comunità scientifica. E tuttavia, tali scenari non vanno collocati nel dominio della fantascienza, se Mohsen Shahinpoor, uno dei pionieri nel settore dei nuovi materiali, propone velivoli autonomi dalle ali flessibili e sistemi polimerici che aiutano cuori in difficoltà, Yoseph Bar-Cohen, un ricercatore della NASA, indice annualmente una gara di forza tra braccia artificiali e volontari umani, e se la Eamax ha prodotto, addirittura, pesci artificiali che nuotano in acquari popolati da robot, in uno scenario non troppo lontano dalle creazioni di Philip Dick.

I casi sopra riportati, che è possibile trovare sulle pagine di riviste di provato rigore scientifico, non sono che esempi del fermento in atto nel settore dei materiali polimerici. Più in generale, la sintesi e lo studio di materiali bio-mimetici potrà portare allo sviluppo di applicazioni in campi quali la medicina, la robotica o l'esplorazione spaziale. Si tratta, ovviamente, di un campo di ricerca che richiede la collaborazione di ricercatori operanti in diverse discipline. Occorre il contributo di chimici, per la sintesi dei nuovi materiali, di fisici, per la descrizione del loro comportamento, di biologi ed ingegneri elettronici e meccanici, per lo sviluppo di applicazioni bio-ispirate.


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Molte delle applicazioni innovative proposte in letteratura traggono spunto dall'uso di materiali polimerici noti come EAP (electroactive polymers). Questi hanno la capacità di deformarsi se soggetti a uno stimolo elettrico e, viceversa, generano un segnale elettrico se sono deformati meccanicamente. Si tratta, quindi, di una capacità di conversione reversibile dal dominio meccanico a quello elettrico che consente l'uso di questi materiali sia come attuatori di movimento sia come sensori di deformazione.

Tale caratteristica è, nel caso degli EAP, generalmente prodotta da materiali leggeri e flessibili, tanto da far guadagnare loro l'appellativo di muscoli artificiali. Una classe di EAP dalle caratteristiche elettromeccaniche sorprendenti è rappresentata dagli IPMC (ionic polymer-metal composite). Si tratta di composti realizzati depositando del metallo nobile - platino o oro - su uno strato di polimero ionico. Il polimero in genere utilizzato, Nafion®, è tra le sostanze più idrofile che si conoscano: immerso in acqua ne assorbe notevoli quantità.

E' possibile produrre elevatissime deformazioni applicando, sugli elettrodi realizzati dal metallo, differenze di potenziale dell'ordine di qualche volt. La deformazione scaturisce dalla ridistribuzione di ioni positivi all'interno del polimero a causa del campo elettrico esterno. Gli ioni, inoltre, trascinano nel loro movimento le molecole d'acqua di cui il polimero è imbibito, amplificando il fenomeno di deformazione. E' proprio la capacità di questi materiali di lavorare immersi in acqua ad aver aperto scenari applicativi di notevole interesse. I robot prodotti con tali materiali potrebbero tranquillamente nuotare in bacini di acqua dolce o in mare e, d'altra parte, lo stesso corpo umano è composto in gran parte da fluidi.

La conversione elettromeccanica è, anche per gli IPMC, reversibile e questi producono un segnale elettrico se vengono deformati. Questa capacità consente di realizzare anche dei sensori basati su IPMC. La possibilità di disporre di uno stesso materiale per costruire sia degli attuatori sia dei sensori di movimento è sempre considerata una caratteristica pregevole: essa consente, infatti, la realizzazione di smart materials, materiali intelligenti in grado di reagire autonomamente agli stimoli esterni.


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Gli IPMC sono stati, negli ultimi anni, oggetto di studio da parte di ricercatori operanti presso la facoltà di ingegneria del nostro ateneo. Sulla base della considerazione che una tecnologia, per quanto accattivante, non può essere pienamente sfruttata se non si dispone di modelli matematici in grado di descrivere il comportamento dei manufatti, l'attività di ricerca è stata focalizzata alla determinazione di modelli adeguatamente accurati, e tuttavia semplici, che permettono al ricercatore di comprendere gli effetti delle proprie scelte progettuali.

L'identificazione di applicazioni è un elemento di notevole valenza divulgativa per le nuove tecnologie e questo è vero soprattutto per gli IPMC che hanno possibilità applicative in campi strategici. La ricerca sui modelli è stata pertanto accompagnata dall'esigenza di proporre applicazioni rilevanti. Ad esempio, sulla base della considerazione che gli IPMC possono essere impiegati in acqua è nata l'idea di sviluppare un robot acquatico autonomo bio-ispirato. Il robot, equipaggiato da sensori, potrebbe essere utilizzato per indagare lo stato di salute di bacini idrici posti in aree ad elevato rischio industriale o di grande interesse ambientale. E' possibile usare gli IPMC per realizzare una membrana flessibile per la propulsione, col vantaggio di ottenere un sistema silenzioso e quindi a basso impatto ambientale.

In ambito medico, è stato sviluppato il prototipo di una sonda per il cateterismo assistito, basata su un sistema integrato attuatore-sensore. La sonda è stata proposta come ausilio tattile per minimizzare l'invasività degli interventi chirurgici. L'attuatore, durante la navigazione, esercita una pressione sui tessuti circostanti e il sensore misura l'entità della deformazione prodotta. Un chirurgo è in grado di usare questa informazione per stimare lo scenario in cui la sonda si trova immersa.

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