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Facoltà

Giovanni Verga: un 'classico' da riscoprire?

Due giornate di studi sul Verismo

 
 
28 gennaio 2009
di Giuseppe Sorbello
giuseppesorbello@gmail.com
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Nei momenti di maggiore tensione ideologica della nostra storia, Giovanni Verga è stato spesso un autore "riscoperto". Dopo la fine della prima e della seconda guerra mondiale, tra la fine degli anni Sessanta e Settanta, la riflessione letteraria intorno allo scrittore catanese ha avuto spesso il merito di sollecitare innovative dinamiche culturali. Una significativa coincidenza, evidenziata da Nicolò Mineo durante l'apertura delle due giornate di studi sul verismo (12 e 13 dicembre 2008) organizzate dalla Fondazione Verga: un auspicio inaugurale affinché Verga possa costituire, ancora una volta, il catalizzatore di nuove risorse intellettuali da investire in quadro più generale di rinnovata coscienza civile.

Il nuovo presidente scientifico, celebrando in questo modo la ripresa delle attività della Fondazione, ha avuto anche modo di commemorare il suo predecessore, il compianto Francesco Branciforti, di cui ha ricordato i meriti nel consolidamento di questa istituzione che vanta ormai più di vent'anni di esperienza e di attività. Una linea di continuità, di rigore scientifico, che si è voluto ribadire in questa occasione, a cui si accompagna, tuttavia, l'esigenza di un più ampio coinvolgimento culturale, come la partecipazione degli insegnanti e del pubblico giovanile delle scuole ha dimostrato, affollando l'Aula magna della Facoltà di lettere e filosofia di Catania, sede dell'incontro.

Il titolo del convegno, Il punto su., ricalca ovviamente il titolo di un famoso libro di Vitilio Masiello, che riassumeva, nel 1986, i risultati di quella di stagione di critica letteraria che aveva portato, negli anni Settanta, alla nascita di un "caso Verga". Guardando indietro, e riferendosi a quella straordinaria esperienza di dibattito intellettuale, il convegno si è posto l'obiettivo di aprire nuove prospettive di indagine e di sviluppo.

I temi delle relazioni si sono innanzitutto incentrati sui risultati della grande stagione narrativa verghiana, accuratamente riconsiderata a cominciare dalla produzione novellistica e teatrale: entrambe attraversate da quella stessa tensione sperimentale di cui I Malavoglia rappresentano l'esito indubbiamente più originale e più alto. Uno sguardo al laboratorio stilistico dello scrittore negli anni più fervidi della sua produzione, ha confermato infatti l'impressione di una forma, quella dei Malavoglia, inattingibile non solo per la cultura letteraria italiana di quegli anni, ma forse anche per lo stesso Verga, che volgerà infatti verso altre strade le sue soluzioni narrative e linguistiche in vista del Mastro-don Gesualdo.


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In questo quadro, anche il problema della famosa "conversione" verghiana, ovvero del delicato passaggio dalla produzione "mondana" alla letteratura rusticale, è stato rivisitato a fondo. Sulla scia di Debenedetti, che per primo aveva parlato di un Verga narratore "senza conversione", Romano Luperini ha affrontato questo argomento non nei termini di un semplice cambiamento di "contenuti", ma come progressiva conquista, da parte dello scrittore siciliano, di una "extralocalità". L'autore, abbandonando l'autobiografismo esplicito dei primi romanzi, opta infatti per un distanziamento progressivo dal personaggio, recuperando, tuttavia, una identificazione indiretta, più sottile ma allo stesso tempo più profonda.

Il principio di impersonalità, pur ribadendo l'estraneità culturale tra scrittore e personaggio, garantisce il loro rapporto su un piano di sintonia esistenziale. Rosso Malpelo, il giovane 'Ntoni, esprimono entrambi, in forme diverse, una condizione di traviamento e di esclusione dello scrittore dalla moderna società italiana post-risorgimentale.

Del resto, la condizione problematica dell'intellettuale della seconda metà dell'Ottocento è stata ampiamente ricostruita, durante il convegno, da una serie di interventi che miravano a tessere un articolato quadro storico-filosofico, da intendere come uno sfondo "interagente", in grado di restituire maggiore profondità alla scelte intellettuali e ideologiche operate da Verga.

Le riletture di concetti-chiave della critica verghiana sono state affiancate da altre prospettive che hanno tentato di delineare il raggio di diffusione europea del verismo italiano: nella sua stretta interdipendenza dal naturalismo d'oltralpe, lo scambio epistolare con Edouard Rod, e il successo di Cavalleria rusticana in Francia, si verifica l'interessante caso di uno scrittore naturalista belga di lingua francese, Georges Eekhoud, che brandisce il realismo verghiano come strumento di opposizione al realismo scientifico di Émile Zola. Una puntata sulla diffusione dei testi verghiani in Russia evidenzia, del resto, un simile percorso "anomalo", non istituzionale, dato che i primi traduttori di Verga furono personaggi letterariamente "non presentabili", come quello di un anarchico rifugiato in Italia.

Il convegno ha consentito inoltre di rivedere il discorso critico sugli altri due veristi siciliani impegnati sullo stesso fronte di Verga. Riguardo a Federico De Roberto, si è constatato un notevole incremento di produzione critica, soprattutto tra studiosi stranieri: un fatto che stabilizza definitivamente l'autore dei Vicerè come uno dei nostri più importanti narratori ottocenteschi.

Quanto a Luigi Capuana, si è tentato di restituire a questo personaggio centrale della cultura italiana del secondo Ottocento, la complessa fisionomia di intellettuale eclettico eppure profondamente intriso dello spirito scientista del suo tempo. Il ruolo istituzionale di teorico e di diffusore del verismo in Italia, è il riflesso di un habitus positivista che spinge Capuana a indagare le zone invisibili del reale, come conferma la sua curiosità scientifica verso la pratica e lo studio dello spiritismo. Il corpus novellistico, infatti, una fitta presenza di temi spiritici e fantasmatici che devono essere organicamente inseriti nell'evoluzione della sua estetica e negli sviluppi della sua teoria letteraria.

La vitalità della produzione critica sul verismo e su Verga, emersa dalle due giornate di studi, deve tuttavia fare i conti con il ritardo di un aspetto cruciale della ricerca scientifica, su cui pure la Fondazione si è profondamente impegnata. Rimane infatti ancora bloccato il piano dell'Edizione nazionale delle opere di Verga, a cui, come è stato ricordato, si dovrebbe aggiungere l'edizione organica di un epistolario, disponibile, fino a questo momento, solamente in lacerti e frammenti.

A questo aspetto irrisolto degli studi verghiani si contrappone un importante progetto di digitalizzazione dei manoscritti, presentato in questa occasione dalla Biblioteca Regionale di Catania, che consentirà, tramite la pubblicazione su internet, una più agevole fruizione del materiale agli studiosi.

La precaria reperibilità e lo status filologico di alcuni testi verghiani contrasta con la legittima dimensione di "classico" ormai acquisita dall'autore, e con il grande interesse verso uno scrittore che, fermo nel suo principio di trasparenza della scrittura, continua a fare interrogare gli intellettuali di oggi sulle categorie del "senso" e della "verità" che rendono criticamente leggibile il mondo.