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Facoltà

Oriente e Occidente s'incontrano a Napoli


 
 
28 gennaio 2009
di Nadia Rosso
Rosso2. Massimo Fusillo e Rosalba Galvagno.jpg

Esiste davvero una contrapposizione tra Oriente e Occidente? Ovvero esiste piuttosto un'immagine dell'Oriente costruita dall'Occidente e un'immagine dell'Occidente costruita dall'Oriente? È ancora valido quanto Edward Said, rielaborando il pensiero di Gramsci e di Foucault, scriveva nel suo Orientalism nell'ormai lontano 1978? Il tema, tanto caro (quanto problematico) alle letterature comparate, è stato dibattuto il mese scorso a Napoli, in occasione del Convegno annuale dell'Associazione per gli studi di Teoria e storia comparata della letteratura.

Partendo da queste premesse multidisciplinari e interdisciplinari, Marina Giaveri, vice-presidente dell'Associazione, così ha riassunto lo scopo dell'iniziativa: 

[.]. In Europa, i concetti di Oriente e Occidente si sono modellati in rapporto a tradizioni del mondo classico, riprendendo quasi, pur attraverso una pluralità di nuove lingue e culture, i confini tracciati dall'antico Impero Romano. Fuori d'Europa, è stato proposto un nuovo, mobile Occidente con la scoperta dell'America (paese in cui il viaggio verso il West si è fatto mito fondatore), mentre l'Oriente si è moltiplicato dalle vicine terre mediterranee a quelle di un'Asia sempre più vasta e progressivamente nota, fino al paese del Sole Levante. Fra Occidente e Oriente d'Europa, fra Europa e Asia Minore, fra Mediterraneo e Continente Indiano, fra Nord Europa colonialista e Cina, fra Corea e Giappone, fra culture dell'emigrazione sino-indo-nipponica e modelli americani, - hanno dunque migrato miti e temi, forme e generi, arricchendo patrimoni linguistici, innovando gli apporti delle singole tradizioni, confrontandosi in un gioco di convergenze e di contrasti che ci sembra fecondo illuminare.

Per il direttivo, attualmente composto da Massimo Fusillo (presidente), Marina Giaveri (vice-presidente), Chiara Lombardi (segretaria e tesoriera), Clotilde Bertoni, Mario Domenichelli, Gian Piero Piretto e Marina Polacco, «comparare» significa infatti «comporre in un quadro generale e organico quei rapporti, quelle influenze, quelle derivazioni che lo studio della letteratura ha tradizionalmente suddiviso e considerato all'interno di settori limitati, retti dalle tipologie non dello scambio ma dell'appartenenza.» 'Comparare' dunque significa indagare, tra confini letterari fittizi e illusori, ciò che va oltre le rigide catalogazioni e le settoriali suddivisioni. In questo senso, l'Associazione risponde anche alle richieste e alle esigenze del mondo della scuola, ormai sempre più proiettato verso l'interdisciplinarità e il superamento degli angusti confini delle materie scolastiche, dato che «oggi, nel sistema dell'istruzione superiore vigente in Italia, i saperi letterari chiedono di essere comparati non solo nei programmi di una disciplina singola, ma in un disegno di ricerca e di insegnamento che coinvolga più discipline, coordinate dagli obiettivi e dai metodi della comparatistica.» 

Il convegno, che ha dedicato una delle sue serate alla presentazione della nuova edizione di un volume del compianto Franco Brioschi, La poesia senza nome, (Il Saggiatore 2008), si inserisce appieno all'interno delle iniziative a cura dell'Associazione, impegnata a promuovere e organizzare seminari e giornate di studio di alta levatura internazionale intorno a grandi temi di comparatistica. Tra gli eventi più recenti vale la pena ricordare i convegni su "Il personaggio: figure della dissolvenza e della permanenza", (Torino, settembre 2006), su "Memoria e oblio: le scritture del tempo", (Lecce, ottobre 2007), o, ancora, i laboratori seminariali di Synapsis, a cura dell'Università di Siena, e l'attiva partecipazione all'AILC-ICLA (Association Internationale de Littérature Comparée - International Comparative Literature Association).


Rosso1. Marina Giaveri.jpg

I lavori, organizzati in densissime sezioni parallele, hanno inteso fornire se non risposte univoche, almeno proposte di lavoro rigorose e metodologicamente proiettate a dare spazio alle diverse estetiche e ai diversi linguaggi artistici. Se infatti il punto di partenza delle relazioni è stato quasi sempre offerto dalla letteratura, ai partecipanti non si è certo precluso uno sguardo più specificamente "imagologico" e iconografico. Le centinaia di comunicazioni, a cura di studiosi specialisti del settore e giovani ricercatori aspiranti a diventarlo, hanno inteso infatti coinvolgere discipline differenti per statuto - come cinema, teatro, pittura, architettura, fotografia e letteratura - in un unico e complesso disegno multidisciplinare dal taglio comparatistico e trasversale.  

L'ottica teorica e interdisciplinare, infatti, attraverso cui tali ambiti culturali e artistici si inseriscono ormai da tempo nell'alveo degli studi delle letterature comparate, detta la necessità di fare il punto intorno a problemi urgenti e scottanti. Quello proposto e assurto a tema centrale del convegno ne rappresenta un esempio paradigmatico. Unità e dicotomia del nesso Oriente-Occidente, dunque, al centro delle relazioni e degli interventi delle tre giornate napoletane.

Di unità si può infatti parlare a proposito di temi e generi che trasmigrano da un estremo all'altro del mondo (come è apparso nella relazione di Silvia Albertazzi, che ha finemente individuato nella ricchezza che passa attraverso le fiabe le mille e una forma che l'Oriente, e sul suo esempio l'Occidente, hanno saputo via via vestire). Ma si può a ben donde riconoscere che la diversità, che diventa in certi casi opposizione (come ha dimostrato Claudia Olivieri mettendo a confronto la categoria 'occidentale' di glamour con quella russa, e quindi 'orientale', di gljanec), è più spesso la marca distintiva che non necessariamente deve essere ricondotta a una presunta incomunicabilità dei due sistemi. Anzi.

Verso questa direzione conciliatrice, ma mai banalizzante, va letta, dunque, la capacità metamorfica delle discipline comparate, sempre più tese a scandagliare nelle dinamiche e nelle alterne coesistenze di sistemi oppositivi il rispetto e il riconoscimento dell'alterità, di un'alterità che fatica, nella vita di tutti i giorni, così come nella prassi politica, a trovare spazio al di fuori dei confini letterari e teorico-letterari e che richiede una più matura riflessione.

Aspirare ad avviare e a promuovere, passo dopo passo, la ricerca di una ragione comune, partendo o addirittura prescindendo da una lingua, una cultura o un passato affine, può infatti rendere conto di nuove possibilità di confronto e di crescita culturale:«[.] quanto di comune e di integrabile v'è nell'espressione letteraria e artistica di età e di ambiti geografici anche diversi e distanti» è, e continua ad essere, l'unico vero interesse di queste meritorie iniziative.