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Storia e segreti del Palazzo dell'Università

Presentato il volume dei docenti Salvatore Barbera e Grazia Lombardo

 
 
29 maggio 2007
di U.S.
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Nella frenesia con cui l'Università di Catania riprese le proprie lezioni, appena due mesi dopo il terribile terremoto dell'11 gennaio 1693 che rase al suolo gran parte della Sicilia orientale, c'è tutta la voglia dei catanesi di risorgere, di ricostruire subito uno tra gli edifici più importanti e simbolici, di far rinascere la città con un entusiasmo ed un concorso generale della cittadinanza che è andato oltre le previsioni del piano di ricostruzione. "Oggi sarebbe difficile, in qualunque città, in corrispondenza di un evento così catastrofico, far ricominciare le attività universitarie nello stesso brevissimo lasso di tempo", ha osservato il professor Giuseppe Turchini, ordinario di Architettura tecnica del Politecnico di Milano, tra i relatori dell'incontro che si è tenuto questa mattina nell'aula magna di piazza Università per presentare il volume "Il Palazzo del Siciliae Studium Generale", curato dai docenti del Dipartimento di architettura e urbanistica Salvatore Barbera e Grazia Lombardo.

"Un libro molto pregevole, patrocinato in maniera lungimirante dalla precedente amministrazione - lo ha introdotto il rettore Antonino Recca -, che è già diventato un apprezzato dono per gli ospiti internazionali della nostra Università". Proprio l'edificio più importante del Siculorum Gymnasium, chiamato nelle varie epoche anche Studij Publici o Almo Studio, è stato l'oggetto di questa operazione di analisi tecnica sulla fabbrica, che è anche un processo di riscoperta e valorizzazione della storia dell'ateneo catanese, arricchito dal racconto della vicenda degli uomini e dei maestri che hanno contribuito alla sua realizzazione nel corso dei secoli. "Una storia fatta soprattutto di dissesti e ripristini, questi ultimi spesso non facili e neanche felici - ha osservato Giuseppe Pagnano, ordinario di Disegno nella facoltà di Architettura di Siracusa, mentre su uno schermo venivano proiettate antiche fotografie con docenti e studenti dell'università etnea, mappe, incisioni raffiguranti il "forum lunare", oggi piazza Università, o i ritratti di antichi accademici  -. Ciò che è certo è che l'edificio è figlio di molti padri, poiché gli studi degli ultimi decenni hanno portato a riconoscere l'apporto fondamentale nell'architettura catanese post-terremoto di tanti protagonisti, tra cui Alonzo Di Benedetto (autore del disegno originario del Palazzo), Giuseppe Palazzotto, Francesco e Antonino Battaglia, e non soltanto il monopolio della figura del Vaccarini".


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E' quindi un coro di architetti, capimastri e "tagliapietre" che contribuisce a far risorgere Catania, lavorando nel rispetto delle regole e delle preesistenze e concedendosi talvolta degli spazi di creatività sempre con un effetto finale armonico, ma che - a posteriori - ha spesso confuso le idee agli storici dell'arte, che hanno trovato non poche difficoltà nel riconoscere i diversi linguaggi. In epoche successive vi lavorarono anche Stefano e Sebastiano Ittar, Mario Distefano, Francesco Fichera. La stessa documentazione archivistica che sta alla base della nascita del moderno Palazzo dell'Università - puntualmente riportata nel volume al quale hanno collaborato Alessandro Lo Faro, Vincenzo Sapienza, Vittorio Di Blasi, Giuseppe Sciacca, Albarosa D'Arrigo, Cettina Santagati, Salvatore Consoli, Mariangela Liuzzo, Sebastiano D'Urso, Rodolfo Leotta, Simona Mazzeo, Teresa Caruso, Giuseppe Accascina e Rocco Lombardo - è spesso complicata e talvolta contraddittoria, ha riconosciuto ancora Pagnano.

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Il libro di Barbera e Lombardo fa luce sulla vicenda della ricerca del luogo dove ospitare la sede dell'ateneo (alla fine si optò per la vecchia sede dell'ospedale San Marco), sulla scelta di realizzarvi un edificio a matrice claustrale con i prospetti principali che ricalcavano quelli dei palazzi nobiliari, sull'espansione "quasi abusiva" su terreni appartenenti ad altri privati fino alla crisi post-unitaria, con il declassamento dell'università etnea ad ateneo di secondo ordine, che comportò anche ad una "mutevole geografia dell'occupazione degli spazi interni". Dal soprintendente ai Beni culturali e ambientali di Catania, l'architetto Gesualdo Campo, sono giunte infine due proposte dal sapore fortemente suggestivo: "Ricreare una galleria dei ritratti degli accademici catanesi, come esisteva nell'attuale aula magna fino alla fine dell'800 - ha detto Campo - e riportare al centro di piazza Università la statua della dea Cerere, scambiata spesso e volentieri per Atena o Pallade, che lo stesso Studium aveva commissionato all'epoca della ricostruzione del palazzo e che oggi giace, quasi anonimamente, in piazza Cavour".