Un incontro, dal titolo "Islam, Isis e Occidente: la religione è legge? Analisi per comprendere, soluzioni per convivere", organizzato dalla Scuola Superiore di Catania nell'aula magna di Villa San Saverio, proprio per far luce sulla situazione socio-politica e religiosa nei territori del Califfato. Un incontro voluto fortemente dagli studenti ed in particolar modo da Cecilia Corsaro, studentessa della Ssc di Catania al momento impegnata alla "Normale" di Pisa, la quale è intervenuta in video-conferenza.

"Oggi leggiamo tanti libri sull'Islam, sull'Isis, ma purtroppo sono scritti da chi non è mai stato in quei territori - ha detto Quirico, dopo i saluti del presidente della Scuola superiore Francesco Priolo e l'introduzione della docente Pinella Di Gregorio -. La vera tragedia di oggi è rappresentata dalle 350 mila vittime civili, e non combattenti, della Siria: il luogo dove è nato il Califfato, quest'ultimo in continua espansione. In questo senso, due sono gli eventi che stanno segnando tragicamente il mondo in cui viviamo: la nascita dell'Islam totalitario e la grande migrazione dei popoli del Sud da noi, due fenomeni connessi tra loro ed in particolar modo presenti lì dove è forte l'Isis".

"Purtroppo noi che viviamo sulla comunicazione dei nostri viaggi, stiamo registrando il violento scricchiolare di alcune nostre certezze - ha aggiunto l'inviato di guerra sequestrato per ben 4 volte, nel 2013 per 5 mesi in Siria, poi liberato grazie all'intervento dello Stato italiano -: chi oggi pensa di poter viaggiare tranquillamente in alcuni parti del mondo come la Siria, ma neanche con una divisione corazzata a sua disposizione potrebbe farlo. Eppure fino a qualche anno fa, fino al 2011, andavamo lì da turisti. Questo è frutto di un'operazione del Califfato, che aspira a voler capovolgere l'asse della storia del mondo ovvero a costruire una storia del mondo diversa da quella conosciuta". "I jihadisti, uomini che ho conosciuto da vicino, sono tutti giovani che presentano due caratteristiche ben precise che li rendono dei pericolosi combattenti: non hanno paura della morte, sono indifferenti, e non hanno una biografia personale, quindi nessun rimorso", ha aggiunto l'inviato de La Stampa.

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"Il progetto del Califfato, dunque, è molto chiaro: costruire uno Stato totalitario perfetto analogo ad altri totalitarismi del secolo scorso con caratteristiche ben precise - ha concluso Quirico -, stanno costruendo una prima generazione pura del Califfato senza contaminazioni, non a caso vediamo un'ossessiva presenza di bambini che, armati, giocano o vengono addestrati alla guerra".

Sul tema si è soffermata anche la storica del dipartimento di Scienze politiche e sociali Pinella Di Gregorio, la quale ha evidenziato lo "scontro politico in atto, e non civile e religioso come si vuol far credere, tra l'Occidente e l'Islam, organismi che nei secoli hanno diviso politicamente i territori dei vari Stati sulla carta: basti pensare ad Israele, alla Palestina, alla Siria, all'Iraq, all'Egitto, alla Giordania. Tutte nazioni i cui confini sono artificiali e non sono riconosciuti da quel movimento para-terroristico dell'Isis".

Sul piano religioso sono intervenuti il vicario episcopale per la cultura della Diocesi di Catania e docente dell'Istituto teologico San Paolo, monsignor Gaetano Zito, e l'Imam della moschea di piazza Cutelli a Catania e presidente della comunità islamica di Sicilia, Abdelhafid Kheit. "Purtroppo l'Occidente si è accorto solo negli ultimi anni, dopo gli attentati di Parigi e Bruxelles, della situazione di crisi dei popoli del Sud - ha detto monsignor Zito - eppure da 15-20 anni assistiamo a fenomeni migratori imponenti e, in numerose occasioni, di difficoltà di integrazione sociale degli islamici in Occidente. A Catania, però, la situazione è ben diversa perché la religione ci ha permesso di avviare un dialogo molto forte di integrazione sociale tra la Chiesa cattolica e l'Islam con numerosi incontri e momenti di preghiera insieme".

Sulla stessa linea anche l'Imam Kheit, il quale ha preso le distanze dall'Isis evidenziando che "la religione in questo contesto di guerra non c'entra nulla, si tratta solo di cattiva informazione che tratta questi eventi con molta superficialità". "In più occasioni i jihadisti che hanno eseguito gli attentati non sono islamici, ma sono soggetti nati in Europa, figli o addirittura nipoti di uomini approdati in Occidente, che vivono un disagio generazionale - ha spiegato - quello che stiamo portando avanti a Catania è di educare le nuove generazioni alla convivenza, al dialogo e al rispetto".




 
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