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"Un libro che riporta alla luce tre secoli di storia istituzionale e culturale dell'Ateneo"

L'intervento di Francesco Migliorino alla presentazione dell'edizione degli "Statuta et privilegia almae Universitatis Catanae (secoli XV-XVIII)", della quale è responsabile editoriale

 
 
04 aprile 2016
di Francesco Migliorino
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«Luoghi e confini»: è il titolo della magistrale lezione che Massimo Cacciari ha tenuto a Catania nell'occasione della recente inaugurazione dell'anno accademico. Una lucidissima e impietosa analisi del declino della cultura politica europea.

Per Cacciari, l'Europa ha smarrito la sua millenaria ispirazione a considerare il concetto stesso di «luogo» come spazio aperto verso altre culture e altre civiltà. Da almeno due generazioni, appare come rannicchiata su se stessa, con nuove barriere e muri sempre più ostili, non più avvezza - come ha saputo fare da Aristotele in poi - a estendere i tòpoi (luoghi, appunto) fin dove il nostro sguardo riesce a giungere. La 'linea del cielo' (la Skyline) si è come appannata, fa fatica a darci le emozioni e le vertigini di sempre.

C'è una speranza però. Per costruire una nuova consapevolezza del suo destino e della sua missione, l'Europa ha ineguagliabili risorse: nel suo linguaggio, nella sua cultura, nel suo sapere, nella sua scienza, nelle sue università. Per Cacciari, dalle università deve partire questo nuovo sapere e questo risveglio: «È già stato così una volta. La rinascita che ha fatto dell'Europa il centro sacrale del mondo è nata dalle università nei secoli XI e XII. Ancora una volta, è possibile coltivare l'ambizione, che fu propria degli intellettuali medievali, di un'idea del luogo e del logos europeo, filosofico e scientifico».

Da parte mia, aggiungerei che l'università moderna, ispirata al modello berlinese di Humboldt, ha conosciuto la stessa tensione ideale che fu propria delle scuole parigine e bolognesi del medioevo. Una nuova «religione civile» che ha tra i suoi più ispirati interpreti George Steiner, nelle pagine che egli dedica al significato profondo della cultura occidentale e ai suoi esiti nella storia del Novecento. Solo una citazione, dal bel libro Errata. Una vita sotto esame (Garzanti, Milano 2000, 55 s.): «Nella massa critica di una comunità accademica di successo, le orbite delle ossessioni individuali si secano e si intersecano. Dopo essersi scontrato con esse, lo studente non dimenticherà più la loro luminosità né la minaccia che esse rappresentano per l'autocompiacimento. Questo non deve (anche se può) essere uno stimolo all'imitazione. Lo studente potrà benissimo rifiutare la disciplina in questione o l'ideologia proposta. [.] Forse non riuscirà ad afferrare il meglio di ciò che viene insegnato o il dibattito filosofico e scientifico che avviene intorno a lui. Spesso si sentirà minacciato dalle energie mentali, dalla fama, sia ermetica sia largamente diffusa, dei maestri. [.] Non importa. Quando un giovane è stato esposto al virus dell'assoluto, quando ha visto, udito, "odorato" la febbre in coloro che sono alla ricerca della verità disinteressata, gliene rimarrà come un riverbero. Per il resto della loro carriera e della loro vita privata, magari del tutto normali, prive di distinzione, queste persone possederanno una protezione contro il vuoto».

Da una parte, dunque, la scrittura di Steiner sulla lezione dei Maestri. Dall'altra, la speranza di Cacciari e il suo appassionato richiamo alla secolare vicenda storica delle università europee. Entrambe hanno molto a che vedere con l'evento di oggi. Più di quanto possa sembrare.

Oggi presentiamo un libro che recupera alla memoria condivisa tre secoli di storia istituzionale e culturale del nostro Ateneo. Non si tratta di una cerimonia consolatoria, né tanto meno della celebrazione dei fasti (veri o presunti) di una università che, fino alle soglie del secolo XIX, ha avuto il privilegio di essere, per l'intera isola, l'unico Studium Generale.

La storia sarebbe un affare noioso, se si riducesse a mera Antiquaria. La Storia non è un lusso dello spirito, ma una delle condizioni irrinunciabili per vivere con serena consapevolezza il nostro tempo storico. Per dirla con Walter Benjamin, il passato non è un «morto possesso», ma una fonte vitale e inesauribile di possibilità. Sta a noi far dialogare i tempi di Agostino. Per il vescovo di Ippona, «il presente del passato è la memoria, il presente del presente la visione, il presente del futuro l'attesa» (Le confessioni, XI, 26, 20).
Con questo spirito, vorrei ricordare che la scorsa settimana il nostro Ateneo ha dedicato un'intera giornata all'iniziativa, promossa dalla CRUI e caldeggiata dal nostro Rettore, che ha avuto per titolo «Per una nuova primavera delle Università». Incontri e dibattiti pubblici per riaffermare il ruolo strategico della ricerca e dell'alta formazione per il futuro del nostro Paese.

Mi piace perciò immaginare che la presentazione degli Statuti e dei Privilegi del Siculorum Gymnasium si collochi nel solco di questa orgogliosa ricerca da parte della cultura universitaria della sua piena soggettività politica. Come è stato per tanti secoli.
Statuta et Privilegia Almae Universitatis Catanae (secoli XV-XVIII). Questo è il titolo del nostro libro. Curato da due valorosi studiosi, Giuseppina Nicolosi Grassi e Adolfo Longhitano, vede la luce dopo anni di duro e appassionato lavoro. Ricognizione e recensione dei tre volumi vergati dalla mano di Giuseppe Vurzì fra il 1740 e il 1752. Regestazione di ogni singolo documento con puntuali rinvii alla letteratura e ad altre sillogi minori. E, ancora, un corredo preziosissimo per la ricerca storica, fatto di note critiche e corposi indici.

Ma c'è di più. Strada facendo, il lavoro degli storici e degli archivisti si è incontrato con quello degli informatici. Una collaborazione alla pari, mai strumentale, una feconda contaminazione di linguaggi, il cui 'precipitato' si agglutina oggi in un prodotto editoriale che si avvale dell'erudizione e dell'acribia filologica insieme con le più innovative frontiere del digitale e dell'informatica.
Un contenente, dunque, ma anche un contenuto, che è già pronto a rammentarci la consapevolezza di un Ateneo che, come nel Settecento, aspira a far dialogare la memoria del suo passato con il progetto del suo futuro.