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"Investire sui giovani per creare nuovo sviluppo"

L'editoriale del rettore Giacomo Pignataro pubblicato sulla Sicilia del 20 marzo

 
 
21 marzo 2016
di Giacomo Pignataro
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Università uguale futuro dei giovani, uguale futuro del Paese. È questa la doppia equazione che segna la "legge" matematica dello sviluppo possibile dell'Italia, una nazione che sembra aver perso la bussola nel progettare il futuro. Come giudichereste un genitore che spende 100 per l'istruzione dei propri figli e 300 per giochi e scommesse? È proprio quello che fa oggi l'Italia; la Germania, invece, fa esattamente il contrario (300 euro per abitante per l'istruzione universitaria e 100 euro per abitante per giochi e scommesse), consapevole che il futuro dei giovani non si può affidare alla sorte, ma all'investimento in conoscenza.

Le conseguenze sono evidenti. L'Italia è l'unico stato europeo, inclusi anche quelli dell'Est, nel quale diminuiscono le immatricolazioni all'università. Ciò è l'esito di una "tagliola". A causa della crisi, soprattutto al Sud - e in Sicilia in particolare - molte famiglie non hanno abbastanza soldi per iscrivere i propri figli all'università; una situazione aggravata dal fatto che gli atenei hanno dovuto aumentare le tasse d'iscrizione come conseguenza dei tagli alla spesa pubblica per l'istruzione universitaria, e che le regioni meridionali non riescono a dare adeguata copertura, in termini di borse di studio e alloggi, al diritto allo studio per i giovani meritevoli e bisognosi. L'altro elemento cruciale consiste nella riduzione del numero dei docenti. Sempre per effetto dei tagli subiti dalle università, esso è crollato del 20% in cinque anni (nonostante l'Italia avesse e continui ad avere il più alto numero di studenti per docente). Poiché le norme prescrivono che si può accogliere un numero di studenti direttamente proporzionale a quello dei docenti, ciò ha comportato un'estensione dei numeri chiusi su tanti corsi di laurea.

La riduzione del numero d'iscritti è un dato negativo non solo per quei giovani che non potranno godere del beneficio dell'istruzione universitaria, ma anche per il Paese. L'economia di una nazione, soprattutto se sviluppata, è legata al dinamismo delle proprie imprese. Quali imprese, anche in Sicilia, non soltanto sono sopravvissute in questi anni, ma sono addirittura cresciute? Quelle che hanno saputo navigare nei mercati nazionali e internazionali, affrontando la concorrenza con prodotti di qualità e, soprattutto, innovativi. Come hanno potuto farlo? Grazie alla disponibilità di lavoro qualificato, in particolare di laureati.  L'Italia stenta a ripartire perché, rispetto ai propri "concorrenti", ha il più basso numero di laureati. Le scelte finanziarie attuali, come quelle del recente passato, stanno facendo sì che esso si riduca ulteriormente.

La più dolorosa situazione di disagio di chi lavora all'interno dell'università è dover constatare che il deficit dei finanziamenti sta rendendo impossibile il ricambio generazionale: ormai sono all'ordine del giorno della cronaca giornalistica le storie di tanti giovani che, volendo impegnarsi nella ricerca, lo fanno in altri Stati. Pesano i rigidi vincoli di turn-over, così come le condizioni retributive del personale universitario. I professori universitari sono mediamente meno retribuiti dei propri colleghi dell'Unione europea, e questa differenza è tanto più accentuata quanto più giovane è l'età accademica. Nonostante tutto ciò, le nostre università continuano a laureare persone accolte all'estero a braccia aperte per la qualità della loro preparazione e abbiamo livelli di produzione scientifica, in termini quantitativi e qualitativi, che, rapportati alle risorse impiegate, ci collocano ai primi posti nel mondo.

L'Italia non può permettersi di lasciar morire il proprio sistema universitario. Per questo la Conferenza dei Rettori ha indetto per domani 21 marzo una giornata di mobilitazione nazionale onde rappresentare questi problemi e proporre alcune azioni essenziali per invertire la rotta: rifinanziamento del sistema condizionato al raggiungimento di obiettivi precisi e fissati per ogni Ateneo; reclutamento straordinario di giovani ricercatori, affinché il Paese non perda le proprie intelligenze; snellimento dell'enorme mole di adempimenti burocratici che toglie tempo alla didattica e alla ricerca; neutralizzazione degli effetti futuri del blocco degli scatti stipendiali, com'è avvenuto per le altre categorie del pubblico impiego. Vogliamo far conoscere a tutti il patrimonio sociale costituito dagli atenei italiani, per una primavera dell'Università che sia una primavera del Paese.