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Dipartimento di Scienze umanistiche

Tomaso Montanari: "Gli sponsor nei beni culturali mettono a rischio la funzione civile dell'arte affermata dalla Costituzione"

Lo storico dell'arte spiega la sua "critica al mecenatismo" agli studenti dell'Università di Catania

 
 
21 maggio 2015
di Mariano Campo
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"Il Colosseo associato ad una marca di scarpe può starci bene? E il Ponte Vecchio di Firenze affittato per un banchetto della Ferrari? Si dirà: ben vengano, se i fondi delle aziende servono a finanziare restauri o migliorie che lo Stato non può permettersi. Ma quanto sono oggettivamente ammissibili le contropartite richieste dagli sponsor?".

Per Tomaso Montanari, professore di storia dell'arte militante, blogger ed editorialista in prima fila nella battaglia contro la privatizzazione sfrenata dei beni culturali, che questa mattina ha incontrato gli studenti dell'Ateneo catanese nell'aula 3 del Palazzo centrale, bisogna tornare allo spirito dell'articolo 9 della Costituzione: "La Repubblica. tutela il patrimonio storico e artistico della Nazione".

"La Carta scritta dai padri Costituenti è uno dei più grandi testi di letteratura artistica - ha affermato l'autore di "Le pietre e il popolo" e del recente "Privati del patrimonio"  -. Grazie a persone come Calamandrei, viene sancita solennemente la morte dell'arte intesa come trastullo per le élites tipica dell'ancien regime e si stabilisce  invece che essa è intimamente connessa ai diritti dei cittadini; che il patrimonio artistico dello Stato deve offrire a tutti opportunità di crescita morale, culturale e civile, favorendo il pieno sviluppo della persona umana. La crescente mercificazione dei beni culturali, effettuata con l'alibi della carenza di risorse pubbliche, riporta purtroppo drasticamente indietro le lancette dell'orologio della democrazia".

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Per Montanari - invitato a tenere il seminario dalla prof.ssa Maria Rita Sgarlata nell'ambito del dottorato  di ricerca in "Studi sul patrimonio culturale" del dipartimento di Scienze umanistiche dell'Università - occorre innanzitutto distinguere tra mecenatismo e sponsorizzazione. Il primo attiene alla sfera della generosità e, in altri Paesi, come ad esempio in Francia dove permette il ricavo di 1 miliardo di euro, è definito e regolamentato in maniera precisa: "Il Louvre - ha spiegato lo storico dell'arte, allievo di Salvatore Settis - si è dotato di una carta etica che governa rigidamente i rapporti del museo con i propri benefattori". Da noi invece, si è preferito incoraggiare la strada della sponsorizzazione, ossia contributi offerti da aziende per azioni apparentemente meritorie di recupero e conservazione di monumenti o edifici di pregio, in cambio di pubblicità. "Ecco spiegati gli invasivi cartelloni promozionali che nascondono monumenti in fase di restauro, o anche il logo del Colosseo abbinato al marchio delle Tod's. Ma qui ci si spinge all'estremo, concedendo per esempio ai privati di sostituirsi in scelte o competenze che spetterebbero alla mano pubblica, come nel caso della nuova illuminazione del Ponte Vecchio: e le povere soprintendenze quasi sempre cedono, in cambio di preziosa elemosina".

In mancanza di regole forti, che affermino il ruolo della mano pubblica, garante della funzione civile dell'arte, in Italia il mecenatismo - che viene spesso ammantato di un'aurea neo-rinascimentale - rischia di essere un cavallo di Troia: "Dobbiamo chiederci - ha attaccato Montanari, analizzando in un rapido excursus i modelli augusteo e mediceo  - chi sono e cosa nascondono realmente le aziende che vogliono rifarsi un'immagine donando spiccioli per operazioni apparentemente apprezzabili; cosa vogliono ottenere, dove vogliono arrivare, quali sono i veri obiettivi. In America si è partiti dallo sport, per passare al marketing municipale, per finire in maniera pervasiva nelle scuole, dove le pagelle di alcuni istituti riportano la pubblicità di una nota catena di ristoranti fast food".
 
In altre parole, lo Stato deve rifiutare il 'patto di sottomissione' ai privati, sostenendo e incoraggiando forme di mecenatismo compatibile: in quanto realmente disinteressato, come nel caso dell'imprenditore giapponese che ha dato due milioni di euro per ripulire la piramide Cestia di Roma, senz'altra contropartita che il suo nome scritto su una targhetta a debita distanza dal monumento; o perché coinvolgono in maniera diffusa la popolazione, attraverso sottoscrizioni abbinate ad iniziative per la più ampia conoscenza dello stesso bene che si intende difendere, come è di recente avvenuto per il Battistero di Firenze, per il quale è stata raccolta la somma di 30 mila euro.

"Dobbiamo contrastare le tentazioni autoritarie del novello 'principe' che è il mercato - ha concluso Montanari, ripescando la vicenda di Cosimo I de Medici -, gli organismi pubblici devono essere messi in condizioni di preservare la funzione costituzionale del patrimonio, che è quella di renderci più umani, più liberi, più uguali. Se tutti i cittadini non mantengono metaforicamente aperte le porte dei nostri monumenti, nessun privato le potrà mai riaprire".