ATTENZIONE!!!SI STA NAVIGANDO UNA VECCHIA VERSIONE DEL SITO
CLICCARE QUI PER LA VERSIONE ATTUALE DEL BOLLETTINO D'ATENEO
Notizie
Ateneo

"UniSportiviAmo", tutti i valori dello sport

Raccontano le loro esperienze la fisiatra Elide La Scala, l'allenatore Santino Coppa, l'atleta diversabile Andrea Devicenzi, il cronista sportivo Davide Caltabiano e l'arbitro Cristina Luca

 
 
14 maggio 2015
di Giuseppe Melchiorri - Alfio Russo
foto Elide La Scala.jpg
ELIDE LA SCALA - Fisiatra

Allenamento, mente e tecnica. Tre elementi "semplici" per Elide La Scala, "ma fondamentali per chi pratica sport sia a livello agonistico, sia a livello amatoriale" spiega la fisiatra dell'Unità spinale unipolare dell'Azienda ospedaliera "Cannizzaro" e dirigente sportivo del Basket Cus Cus Catania.
Proprio Elide La Scala sarà presente a "UniSportiviAmo" per far capire e comprendere "l'importanza dell'attività motoria in generale in quanto fondamentale per il benessere psico-fisico della persona" e "a tutti coloro i quali praticano sport, a qualsiasi livello, l'importanza della preparazione fisica oltre al gesto tecnico perché se non vanno insieme non può esserci un rendimento ottimale".
"Purtroppo la preparazione fisica ancora oggi non è presa in considerazione e spesso viene confusa con l'allenamento fisico, cosa ben diversa visto che uno sportivo deve allenare l'apparato cardiocircolatorio, metabolico e respiratorio - continua la dottoressa La Scala - essendo un medico guardo l'aspetto organico e globale della persona per poi andare al particolare. I ragazzi del Basket Cus Cus Catania, ad esempio, essendo diversabili che giocano sulla carrozzina sollecitano in particolar modo le spalle e quindi è fondamentale lavorare su quella parte del corpo al fine di non limitare il rendimento sportivo perché alla base di un buon rendimento sportivo, in tutte le discipline, ci deve essere una buona preparazione fisica e mentale". In chiusura, una battuta sul progetto UniSportiviAmo: "E' un'occasione importante per promuovere l'integrazione e per abbattere alcune barriere non solo architettoniche, ma anche mentali".

foto Santino Coppa.jpg
SANTINO COPPA - Allenatore

Ha fondato e allenato la Trogylos Priolo di basket femminile con cui ha vinto due scudetti ed una Coppa dei Campioni. Ha anche guidato la Nazionale di pallacanestro di Malta, tenuto numerosi clinic di basket in Italia e all'estero ed ha insegnato all'Istituto superiore di educazione fisica.
Santino Coppa, inventore del "fenomeno Priolo" e pluripremiato con numerosi riconoscimenti, sarà presente a "UniSportiviAmo" per diffondere il verbo dello "sport sano, quella palestra di vita che ci consente di socializzare, superare le difficoltà, conoscere il sacrificio e rispettare le regole anche del quotidiano". "Motivi che mi spingono a partecipare a questa importante iniziativa trasferendo le mie modeste esperienze a chi si appresta ad intraprendere l'attività di allenatore e di atleta - ha spiegato il tecnico ragusano - e poco importa se, in Italia ed in Sicilia, il basket ha poca visibilità e viene visto come sport minore. Tutti devono capire che le problematiche, le caratteristiche, le dinamiche del gruppo sono identiche in tutti gli sport. Forse occorre ancora abbattere qualche barriera tra sport maschile e femminile per aspetti più che altro legati alla cultura, al fisico e a fenomeni sociali. Personalmente ho allenato la Trogylos di basket femminile che ha conquistato importanti successi e posso assicurare che la pressione non è affatto inferiore a quella di una blasonata squadra di calcio, anche se in questo secondo caso la visibilità ed anche l'aspetto economico sono nettamente superiori".
"Ai giovani - prosegue Coppa - va spiegato che quando si avviano ad uno sport minore sono le motivazioni quelle che fanno la differenza: se si guarda al denaro ed alla fama, a meno che non si approdi nella Nba, si rischia infatti di rimanere delusi". E sul basket, il tecnico chiude evidenziando "che si tratta di uno sport che regala emozioni dal primo all'ultimo secondo di gara e che richiede una adeguata preparazione psico-fisica a chi lo pratica".

De Vincenzi.jpg
ANDREA DEVICENZI - ciclista paralimpico e mental coach

"Lo sport mi ha letteralmente salvato la vita". Bastano queste poche parole ad Andrea Devicenzi, ciclista paralimpico e mental coach, per far capire il proprio amore per lo sport. Ma anche per raccontare la sua storia e fornire spunti importanti basati sull'esperienza personale ai giovani che parteciperanno a UniSportiviAmo. "Una vita segnata a 17 anni da un incidente stradale in moto - racconta Devicenzi -. Il cuore si era fermato, la gamba mi è stata amputata. Se non fossi stato bene fisicamente probabilmente non sarei sopravvissuto. Lo sport, che ho cominciato a praticare all'età di 5 anni a livello amatoriale, in questo senso, mi ha letteralmente salvato la vita. L'incidente ha fatto uscire delle risorse che io stesso non sapevo di avere. Da allora ho iniziato con la bicicletta, poi ho fatto triathlon e di nuovo ciclismo, inizialmente solo per perdere peso, poi a livello agonistico. Lo sport è sempre stato un elemento centrale della mia vita, con i suoi valori, i sogni che porta con sé".
Ma Devicenzi va anche oltre enucleando trucchi utili ai diversamente abili per vivere una vita "normale": "Occorre avere degli obiettivi e programmare la propria vita per raggiungerli. Grazie a questa filosofia di vita ho raggiunto traguardi importanti nello sport, perché lo sport è tutta programmazione - spiega l'atleta -. Non ho rimpianti, probabilmente senza questa terribile esperienza la mia vita avrebbe preso altre direzioni, non avrei conosciuto persone che ora sono per me fondamentali". Poi l'appello ai giovani: "Abbiate degli obiettivi concreti, dei sogni e non aspettate eventi terribili per tirare fuori il massimo da voi stessi, mentre ai ragazzi che hanno vissuto esperienze come la mia dico solo di ascoltare tutti, soprattutto i vostri cari, ma la vita è vostra e dovete affrontare la disabilità come credete sia più giusto per voi perché, purtroppo, solo chi si trova nella vostra stessa situazione può capirvi in pieno".

Foto Davide Caltabiano (2).jpg
DAVIDE CALTABIANO - cronista sportivo

Dal campo ad un pc ed alla radio per raccontare e dare voce alle vicende sportive delle società etnee. Per Davide Caltabiano - collaboratore del quotidiano La Sicilia e di alcune radio locali oltre che addetto stampa della Muri Antichi, società di A-2 di pallanuoto maschile - il passaggio da atleta a cronista è stato brevissimo: "Tutti dicono che il lavoro di giornalista bisogna averlo nel sangue, ma nel mio caso non è stato così. Ho iniziato quasi per gioco a 17 anni, però non avevo ancora chiaro quello che volevo fare da grande - spiega Caltabiano -. L'unica cosa certa è che lo sport è sempre stata la mia grande passione. Ho praticato basket a livello agonistico, poi ho preferito raccontarlo tramite la radio o sulle pagine del giornale".
Ma tra una cronaca e l'altra, il giornalista etneo, che sarà presente a UniSportiviAmo, ha trovato anche il tempo per vestire il ruolo di allenatore di pallacanestro: "Alleno la PGS  Sales, una squadra locale che milita in serie C" racconta il giornalista che vive così lo sport a 360 gradi. E proprio lo sport ha influenzato anche le sue scelte universitarie. "Mi sono iscritto in Ingegneria, ma continuando il mio hobby di cronista sportivo ho compreso che questa sarebbe stata la mia strada e così ho scelto una facoltà più attinente alla mia passione - spiega il giornalista - ho conseguito la laurea in Scienze della comunicazione. In futuro spero di potere completare la mia formazione universitaria con qualche master o corso di specializzazione specifico che mi possa aprire qualche possibilità qui a Catania o fuori".
E ai giovani giornalisti che sognano di intraprendere questa strada, Caltabiano preferisce non dare consigli in particolare se non quello "di essere orgogliosi di loro stessi, di impegnarsi a fondo, di lavorare sodo e di non abbattersi di fronte alle normali difficoltà perché alla fine il merito paga sempre".

Luca.jpg
CRISTINA LUCA - arbitro

E' uno dei primi arbitri femminili in Italia e ad UniSportiviAmo racconterà le proprie esperienze e le difficoltà in una professione ad oggi dominata dalla figura maschile. "Sono diventata arbitro di pallacanestro a 16 anni a livello locale e nazionale, ho arbitrato fino alla serie B maschile ed alla A2 femminile" spiega Cristina Luca. "Purtroppo un infortunio mi ha costretto ad interrompere l'attività di giocatrice di pallacanestro, ma non ho abbandonato lo sport. Ho capito subito che quella di arbitro sarebbe stata la mia strada" spiega l'ingegnere etneo ed arbitro. "Un mestiere difficile - racconta la catanese Luca -, siamo sempre nell'occhio del ciclone, in più essere donna non aiuta perché in alcuni casi gli insulti del pubblico sono ancora più pesanti. Ad alcuni giocatori più maleducati e maschilisti non piace essere giudicata da una donna. Nella maggior parte dei casi, però, basta un gesto, un sorriso per smorzare la tensione, anche perché i giocatori sanno quando sbagliano. I campi  peggiori, da questo punto di vista, sono quelli del Sud Italia. Mi ha aiutato molto avere iniziato questa attività da giovane ed avere avuto il tempo di abituarmi a lavorare in condizioni ambientali difficili. La differenza tra gli arbitri del Nord e quelli del Sud è proprio questa: noi siamo abituati a gestire situazioni ambientali molto complesse. Un arbitro deve essere anche uno psicologo, far rispettare le regole ma avere il buon senso di comprendere e di accettare anche uno scatto di nervosismo del giocatore, valutando fattori come la posta in gioco o il contesto. Essere fiscali a tutti i costi può falsare il gioco e, a mio avviso, un buon arbitro è colui che non pecca di protagonismo, ma che è "invisibile". Quando, a fine partita, nessuno si ricorda di te allora hai arbitrato bene: perché noi non siamo i protagonisti del gioco, ma un mezzo".
Ed, infine, un consiglio ai giovani "di praticare sport e di farlo a livello agonistico perché lo sport è vita, insegna a sapersi controllare a prendere decisioni importanti in poco tempo, a relazionarsi con gli altri - e continua l'arbitro etneo -, ma soprattutto insegna cosa significa vincere e perdere, ad apprezzare il valore della vittoria e a capire che anche la sconfitta fa parte del gioco".