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Digesa

Agroenergia dal 'pastazzo', Distretto Agrumi e Ateneo insieme con Coca-Cola Foundation

Firmato un accordo che consentirà di dar vita ad un impianto per trarre energia verde dagli scarti di lavorazione dei succhi di frutta

 
 
25 marzo 2014
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Il pastazzo degli agrumi: da rifiuto a fonte di energia. Da fattore di rischio economico e legale a opportunità per un'intera filiera, in questo caso quella agrumicola siciliana, dando vita a un circolo virtuoso che, dal semplice frutto e fino ai succhi e ai prodotti di conserva, è sinonimo di energia verde e di agricoltura sostenibile. 
E' dedicato al riciclo in chiave energetica del pastazzo, lo scarto della trasformazione degli agrumi, sottoprodotto che ha sempre rappresentato un costo di smaltimento non indifferente per le aziende di trasformazione, il progetto del Distretto Produttivo Agrumi di Sicilia con il finanziamento non condizionato di The Coca-Cola Foundation*, organizzazione filantropica di The Coca-Cola Company.

Si tratta di un esperimento innovativo coordinato dal Distretto che ha lo scopo di valorizzare gli scarti della lavorazione in collaborazione con l'Università degli Studi di Catania che, per il tramite del Dipartimento di Gestione dei sistemi Agroalimentari e Ambientali (DI.GE.SA), oggi a Catania hanno siglato un accordo. Il finanziamento di The Coca-Cola Foundation ammonta a euro 380.000,00 in due trance, legate a precise fasi di attuazione. In programma, dopo una prima fase di analisi di laboratorio, la realizzazione di un impianto pilota dove ricercatori e tecnici dell'Università di Catania studieranno  dapprima la formulazione ideale del composto (biomassa) derivante dal pastazzo che consentirà di produrre energia "verde" e quindi i vari passaggi di produzione. Il Distretto inoltre si avvarrà del supporto della cooperativa Empedocle che sin dalle prime fasi ha collaborato alla redazione del progetto.

"Si tratta di un importante accordo tra l'Università e il Distretto degli Agrumi di Sicilia che va nella direzione di un rapporto sempre più intenso e sinergico tra il mondo della ricerca e quello della produzione - ha osservato il rettore Giacomo Pignataro, presente insieme al direttore del Digesa, Giovanni Cascone, che ha illustrato nei dettagli il contributo del dipartimento -, anche in vista delle scadenze legate all'expo 2015 e alla programmazione europea del progetto Horizon 2014-2020, con le sue risorse che saranno le più cospicue sul tappeto in quest'ambito. Di questo abbiamo già discusso nei giorni scorsi con l'assessore regionale Dario Cartabellotta".
"Ritengo perciò che il nostro impegno, come ateneo - ha proseguito il rettore -, debba essere fortemente orientato al rapporto con il territorio, particolarmente in un settore di grande potenzialità per lo sviluppo, come dimostrano ad esempio le buone prassi legate all'enologia siciliana. Ma i vantaggi offerti dalla tradizione o dal clima favorevole all'agricoltura, servono a ben poco se non orientiamo le nostre scelte produttive e gestionali all'innovazione e alla ricerca, per esempio in materia di qualità dei prodotti e di sicurezza alimentare, puntando a formare specialisti tra i nostri giovani e ad esportare le stesse tecnologie innovative che stiamo mettendo a punto".

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Il progetto, che si concluderà fra circa un anno, è suddiviso in due fasi: la prima - che ha preso il via in questi giorni - è la fase di studio e ricerca. "Entro il mese di maggio - spiega Federica Argentati, con la collaborazione del DiGeSA ed Empedocle dovremo portare a termine i primi test di laboratorio per mettere a punto la formula ideale da destinare al processo di trasformazione nell'impianto".

La seconda fase, che si chiuderà entro marzo 2015 vedrà invece la realizzazione dell'impianto pilota. Sarà la piattaforma tecnologica dove sperimentare il progetto e verificarne ogni singolo passaggio. Nell'ambito del progetto, a cura dei partner coinvolti sarà realizzato uno studio scientifico e redatto un manuale - una sorta di "istruzioni per l'uso" - destinato alle imprese della filiera. "Si tratta di un manuale tecnico - spiega Biagio Pecorino, Docente di Economia ed Estimo Rurale al Di.Ge.SA - che, insieme a tutte le indicazioni operative per ottenere il pastazzo ideale da destinare al riutilizzo agro-energetico, conterrà tutte le informazioni di carattere economico, normativo e burocratico per consentire alle aziende di adottare queste best-practice e, finalmente, di incanalare verso un utilizzo ideale lo scarto di lavorazione che sinora è stato un costo sia per le imprese che per l'ambiente".

"Una grande opportunità, conclude l'Argentati, che da pochi giorni ha siglato l'accordo di filiera per il prodotto trasformato con l'Assessorato Agricoltura per portare valore aggiunto ad una produzione che deve essere valorizzata in tutti i modi possibili. Dalla produzione di un succo di qualità al 100% all'utilizzo di tutti i sottoprodotti della lavorazione. Obiettivo prioritario: remunerare meglio la materia prima al produttore". Il finanziamento di The Coca-Cola Foundation a favore del riuso in chiave energetica del pastazzo, risale all'autunno del 2013 e ha di fatto anticipato, nei contenuti, un orientamento strategico del Governo Italiano contenuto nella Legge di  Stabilità 2014 pubblicata nella Gazzetta ufficiale del 27 dicembre ed in vigore dal 1 Gennaio 2014. Per l'impiego sostenibile del pastazzo, infatti, l'articolo 1 (comma 114) prevede lo stanziamento di 2 milioni di euro per il 2014 al fine di elaborare e realizzare progetti di ricerca e sviluppo nel settore agro-industriale nelle aree di produzione della Sicilia orientale, con particolare riferimento al reimpiego sostenibile degli scarti provenienti dalla lavorazione industriale degli agrumi.

Scheda/ Il pastazzo

La produzione industriale di succo di agrumi lascia un residuo umido, il "pastazzo", che rappresenta il 60% del quantitativo trattato.
Si tratta di un rifiuto che sinora, smaltito con costi elevati e imprevedibili, anziché essere considerato una risorsa, come componente nella produzione di biogas, è stato un "collo di bottiglia" per la filiera agrumicola. Attualmente, infatti, il pastazzo viene utilizzato come fertilizzante in agricoltura e, in minime quantità, come mangime per animali, additivo per alimentazione umana o compost (con un lentissimo processo di trasformazione).
Ma nessuna di queste soluzioni è stata sinora in grado di assorbire l'ingente quantitativo prodotto in Sicilia cosicchè le aziende, impossibilitate ad affrontare costi elevati di smaltimento, in alcuni casi hanno commesso illeciti che, oltre a provocare danni ambientali, hanno avuto conseguenze civili e penali per gli amministratori.
Di recente il pastazzo è stato individuato come componente nella produzione di biogas, avviando un processo virtuoso di recupero degli scarti che, oltre a generare un ritorno economico, contribuisce a generare energia elettrica e termica rinnovabile.
Al momento non esiste in Italia un'esperienza industriale consolidata perché quello del pastazzo è un problema della agroindustria meridionale (Sicilia e Calabria in particolare) dove il biogas muove i primi passi. Due gli impianti attualmente operativi che producono biogas, uno in Calabria di 2 MW, in attività da due anni, uno in Sicilia di 1 MW, entrato in attività da pochi mesi. 
La potenziale valorizzazione degli scarti e sottoprodotti grazie ai nuovi incentivi previsti dal decreto biometano può consentire alle imprese agroalimentari di contenere i costi di produzione ed aumentare la sostenibilità.