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Ateneo

Il benvenuto del rettore Giacomo Pignataro alla presidente Laura Boldrini

Catania, 19 ottobre 2013

 
 
21 ottobre 2013
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Signora Presidente, Autorità civili e militari, colleghe e colleghi, signore e signori, un caloroso benvenuto nella nostra Università.
Consentitemi, innanzitutto, di ringraziare la Presidente Boldrini per avere accolto l'invito del nostro Ateneo e per una presenza che, per l'autorevolezza della persona e per quella dell'Istituzione che lei rappresenta, ci onora profondamente. Ritengo molto significativo che Lei abbia voluto riservare uno spazio importante della sua visita in Sicilia all'Università, partecipando ad iniziative che mettono al centro dell'attenzione della pubblica opinione il grande valore sociale del lavoro che, con grande impegno e passione, si svolge nei nostri Atenei.

Oggi, signora Presidente, anche a latitudini geografiche dove si smarrisce spesso il senso di questo orizzonte, intendiamo rappresentare un futuro possibile, raccontato attraverso le storie di coloro che sono, che devono essere, i protagonisti naturali del futuro, i giovani. Si tratta di tre giovani, che hanno studiato nel nostro Ateneo e che sono stati allievi della nostra Scuola Superiore, istituita ormai 15 anni or sono, per una di quelle spinte innovative che, periodicamente, si manifestano nel nostro territorio catanese, grazie alla sinergia tra Università, istituzioni locali e imprese. Sono tre giovani che, senza voler sciorinare cifre noiose, rappresentano la storia di tanti altri, che hanno studiato e stanno studiando nella nostra Università, e che hanno conseguito e stanno conseguendo risultati importanti. Di ciò mi si consenta di esprimere l'orgoglio, non solo mio personale, ma di quello di un'intera comunità che, attraverso il lavoro dei suoi docenti e del personale tecnico-amministrativo, contribuisce a conseguire questi traguardi. Dico anche che si tratta di un orgoglio che va al di là dei confini geografici, è l'orgoglio di lavorare per una istituzione, l'Università, che, nel nostro Paese, pur con tutti i problemi e le manchevolezze che interessano il nostro mondo, continua a svolgere positivamente la sua funzione di produzione e di trasmissione del sapere.
Il futuro che vogliamo rappresentare oggi è fatto di tre ingredienti fondamentali.
Opportunità: l'opportunità di studiare, in primo luogo, e di studiare in ambienti stimolanti e con una forte proiezione internazionale, oltre che di poter sperimentare esperienze dirette di studio e di lavoro in importanti centri di ricerca internazionali.
Merito: l'accesso alle opportunità è stato basato esclusivamente e in modo rigoroso sulla valorizzazione dei meriti e delle capacità individuali, sul riconoscimento del valore dell'impegno profuso nel proprio lavoro. Le storie che saranno raccontate sono storie, infine, di un grande impegno e di una straordinaria passione per la ricerca scientifica. Opportunità, merito e sapere, dunque.

Oggi, partendo da questi tre elementi, nella sede di un'Università che affonda le sue radici in un lontano passato, essendo stata la prima istituzione universitaria creata in Sicilia, nel 1434, e proprio per questa ragione, vogliamo lanciare un messaggio di speranza. La speranza non è un banale moto dell'animo, né edulcorazione della realtà. Chiunque oggi, a qualunque livello, ricopra un ruolo di responsabilità non può consentirsi di abbandonarsi al catastrofismo o ad una sterile ripetizione di cahiers de doleances, perché questo comportamento rischia di essere un alibi per non svolgere fino in fondo il proprio ruolo, per non adempiere compiutamente al proprio dovere. Allo stesso tempo, per fondare bene la speranza, sono necessarie parole di verità.
Da tante parti viene sottolineato il ruolo della conoscenza e del sapere. Non possiamo non essere d'accordo. Condividiamo il fatto che se esiste una prospettiva di sviluppo economico per il nostro Paese, a partire da realtà territoriali in forte ritardo, come quella siciliana, essa dipende dalla capacità di sviluppare prodotti e servizi innovativi, che corrispondano ai nuovi bisogni individuali e sociali, in grado di riorientare l'economia dal mero consumo alla qualità della vita, individuale e sociale. Senza conoscenza e sapere non c'è sviluppo di questo tipo che si possa realizzare. Conoscendo la sua sensibilità per questo tema, signora Presidente, e considerata la recente e drammatica cronaca delle tragedie del nostro mare, desidero anche aggiungere che attraverso la conoscenza e il sapere possiamo creare occasioni di sviluppo inclusivo. Conoscenza e sapere devono costituire la base di una ambiziosa strategia di creazione di una comunità euro-mediterranea, che punti ad una crescente integrazione economica e sociale, che consenta di realizzare un'area che veda nella mobilità delle persone un'opportunità e non un problema; che consideri la crescita umana, culturale e professionale delle giovani generazioni lo strumento per realizzare una solida integrazione e per consolidare i processi di democratizzazione dei paesi della sponda sud del mediterraneo; che sia sufficientemente ampia e "produttiva" per reggere la competizione con le nuove potenze economiche che si affermano in altre parti del mondo.

La conoscenza e il sapere non si sviluppano spontaneamente. Le Università continuano ad essere il luogo fondamentale, sebbene non l'unico,  dove si sviluppa e si trasmette il sapere; soprattutto, dove si formano le coscienze critiche, necessarie per far fronte all'odierna moltiplicazione delle informazioni, e dove si mantiene la memoria, premessa indispensabile per mantenere, in modo positivo, le nostre identità. In un suo recente articolo, Umberto Eco ci ha ricordato che per chiunque pensi che da qualche parte esista una Verità da scoprire, nel tumulto del mondo odierno, gli unici luoghi del silenzio, accanto alle sedi di meditazione religiosa, restano le università. Sono ancora fra i pochi luoghi in cui è possibile un confronto razionale fra diverse visioni del mondo. Lo stesso Eco sottolinea che l'idea di una possibile identità europea nasce ben prima della costruzione economica dell'Europa, nasce con la fondazione della prima università, a Bologna nel 1088, e, a seguire, con i clerici che si spostavano di città in città, di nazione in nazione. Se l'Europa è nata con le Università, la crisi delle Università può farla morire. È davanti a tutti noi il disastro della Grecia e, in questo disastro, c'è anche il rischio di chiusura di 8 atenei e il licenziamento di 12 mila persone. Se, pertanto, vogliamo dare concretezza alle parole sull'importanza della conoscenza, il nostro Paese, sia nella sua parte pubblica sia in quella privata, deve avere il coraggio e la volontà di realizzare un grande investimento nell'Università, perché, purtroppo, alle storie di successo dei nostri talenti, che rappresentiamo quest'oggi, ne corrispondono altre di altrettanto capaci giovani, a cui sta mancando l'opportunità di essere coltivati nel loro talento e di dimostrare ciò che valgono. Sono, purtroppo, ben noti i dati che ci dicono di come tanti giovani rinuncino all'istruzione universitaria e di come tanti altri abbandonino il nostro Paese per non farvi più ritorno. Investire nell'Università, allora, non significa alimentare le presunte rendite di chi lavora in queste strutture, significa dare un'opportunità a questi giovani.

Per parte nostra, senza volere sottacere o sottovalutare i mali che ci affliggono, siamo impegnati a costruire un sistema responsabile, e sappiamo che ancora tanto lavoro deve essere fatto. Dobbiamo, tuttavia, sfuggire alla sindrome autodistruttiva che porta a demolire intere istituzioni, con false rappresentazioni che annullano e sviliscono l'impegno di tanti per le colpe di alcuni. Voglio qui ricordare che le Università si sono sottoposte ad un minuzioso e analitico lavoro di valutazione della propria attività scientifica,  che è durato circa due anni, e si sta procedendo ad una altrettanto analitica valutazione dei propri corsi di studio e di dottorato. Se il merito deve essere un ingrediente del futuro, esso deve essere un criterio fondamentale della vita universitaria. Proprio la funzione che attribuiamo all'Università richiama chi opera al suo interno alla grande responsabilità che ci assumiamo ogni giorno, quando entriamo in un'aula universitaria.
Oggi vogliamo sfidare la crisi con fiducia, con realismo, con impegno. Dobbiamo farlo assumendo tutti la responsabilità di creare un'opportunità vera di futuro per i nostri giovani.