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60 miliardi di euro, il prezzo della corruzione in Italia

Incontro a Villa San Saverio con il sostituto procuratore barese Digeronimo

 
 
16 aprile 2013
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Il costo della corruzione nel nostro Paese è stato quantificato in 60 miliardi di euro l'anno. Una cifra abnorme, che certo potrebbe essere utilizzata per migliori scopi, quali l'alleggerimento della pressione fiscale per i cittadini.
Del "prezzo della corruzione" e delle specifiche misure contenute nella legge 190, approvata dal Parlamento nel 2012 (che recepisce la Convenzione di Strasburgo del 1999) si è parlato nell'incontro organizzato dalla Scuola Superiore di Catania, nell'ambito dei percorsi di apprendimento residenziali per i propri studenti, che martedì 16 aprile ha ospitato, nel corso di un "dinner club program", la dottoressa Desirée Digeronimo, sostituto procuratore della Repubblica nella Direzione distrettuale antimafia di Bari.

Il tema della serata è stato introdotto dall'ex presidente della Scuola, Angelo Vanella, che ha portato i saluti dell'attuale presidente, Francesco Priolo. "La corruzione  è un fenomeno endemico che nasce con l'uomo - ha ricordato Vanella - e prospera attraverso lo scambio tra il mercato politico e quello economico-sociale. Già  Pericle, nel IV secolo a.C,  si guadagnava  il consenso del popolo organizzando, con i soldi pubblici, feste e  banchetti;  le Verrine di Cicerone   sono la testimonianza di  quanto  la corruzione fosse diffusa anche nell'antica Roma; Dante nel canto XXII dell'Inferno parla dei Malversatori, cioè di coloro  che si appropiano del denaro che amministrano".

"Ancora oggi - ha proseguito il prof. Vanella - nonostante siano trascorsi più di vent'anni dalle inchieste di "Mani pulite", un fiume di scandali coinvolge ogni livello delle istituzioni, sottraendo risorse a danno dei più deboli; una tassa occulta da 60 miliardi l'anno che potrebbe risolvere ad esempio il problema della disoccupazione giovanile... Soltanto una rivoluzione etica, senza ghigliottina, potrebbe arginare un fenomeno che sembra non conoscere mai crisi".
Anche le normative più recenti, ad esempio la cosiddetta legge anticorruzione varata dal governo Monti, che prevede misure come la creazione di un codice etico per i dipendenti, la pubblicazione dei bilanci, la costituzione di piani anticorruzione, non sembrano adeguate, o comunque sufficienti, allo scopo. Mancano infatti efficaci disposizioni sull'autoriciclaggio, sul falso in bilancio e sulla "corruzione liquida" (dove l'oggetto dello scambio non è denaro, ma una nomina o un incarico che può essere anche non immediato), che rafforzerebbero gli effetti di quest'ultimo intervento.

Per la Digeronimo, è assolutamente necessario "realizzare degli interventi che regolino una volta per tutte il conflitto d'interessi, snelliscano la Pubblica amministrazione, riducano gli spazi politici nelle nomine aziendali e rivedano i tempi eccessivamente stretti per la prescrizione dei reati. Inoltre, andrebbero utilizzate maggiormente le intercettazioni telefoniche e ambientali. Senza queste misure, l'Italia resterà il paese della corruzione per antonomasia". E la Sicilia ne diventerebbe l'emblema, ha aggiunto la pm barese, parafrasando la relazione del presidente della Corte dei Conti della Regione siciliana Luciano Pagliaro, secondo cui "i fenomeni di corruzione e di concussione nella Pubblica amministrazione siciliana hanno assunto caratteri di sistematicità e vastità".

Si va da fattispecie come peculato, corruzione e concussione, a danni relativi all'esecuzione di lavori pubblici, incarichi di consulenza conferiti illegittimamente, percezione indebita o uso distorto di contributi comunitari, episodi di "mala sanità", danni all'immagine, danni indiretti, per i quali vengono frequentemente condannati soggetti appartenendo alle varie amministrazioni pubbliche: comuni, province, regione, aziende sanitarie ed altri enti. Tutti reati, secondo Pagliaro, difficilmente perseguibili perché spesso manca un'esplicita denuncia, e vengono scoperti proprio grazie a intercettazioni telefoniche e ambientali realizzate a seguito di segnalazioni che provengono in gran parte da fonti diverse rispetto alle stesse amministrazioni danneggiate.
"Quello che manca al momento - è stata una delle amare conclusioni dell'incontro - sembra essere la volontà politica di rimettere mano alle norme attualmente in vigore, frutto di un palese compromesso volto a depotenziare l'attività inquisitoria".