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Facoltà

La necessità di capire il mondo

Lunedì 24 gennaio a Lingue un convegno nazionale sull'importanza dello studio delle lingue straniere

 
 
26 gennaio 2011
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Si è tenuto lunedì 24 gennaio 2011 il convegno nazionale "La facoltà di capire il mondo", organizzato dalla facoltà di Lingue e Letterature straniere di Catania, per promuovere l'importanza dello studio delle lingue per potersi sentire sempre più europei.

«Leggendo un articolo molto interessante del Corriere della Sera, mi ha colpito una frase che diceva: "Per l'Unione europea il multilinguismo è un dovere, nella scuole invece bisogna avere la possibilità di poter scegliere". In realtà per l'Unione il multilinguismo non è un dovere, ma un obiettivo che interessa tutti ed è una necessità».
Queste le parole del rappresentante in Italia della Commissione europea, Raphael Gallus. Il convegno ha messo a confronto le varie realtà linguistiche, da quella locale a quella nazionale, passando per l'Europa. La giornata di studi sha portato ad una profonda riflessione sulle politiche adottate dal Governo italiano per quel che riguarda l'area linguistica.

Il preside della facoltà di Lingue Nunzio Famoso e il sindaco del Comune di Catania Raffaele Stancanelli hanno aperto la giornata di studi ed entrambi hanno evidenziato che Catania e la Sicilia necessitano di politiche più mirate alle sviluppo del territorio.

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Il multilinguismo è stato al centro della discussione: Graziano Serragiotto (docente di Didattica delle lingue moderne all'Università Ca' Foscari Venezia) afferma che è necessario incrementare la formazione degli studenti e dei docenti perché, nonostante il periodo critico, «bisogna cercare una sinergia tra lavoro e università: da un lato l'università deve dare delle competenze spendibili, dall'altro il mondo del lavoro deve dare la possibilità di fare esperienza attraverso stages e tirocini».

Imparare le lingue straniere è un bene necessario perché porta il progresso. «Si deve imparare solo una lingua? No», ha affermato la professoressa Francesca Vigo, docente della facoltà di Lingue e letterature straniere. «Ma lo studio delle lingue è ostacolato non solo dalla difficoltà che si riscontra nell'approccio, ma anche dalla volontà stessa dello studente e dall'elevato costo che l'apprendimento impone».

Non solo, dunque, una difficoltà soggettiva: l'università e la scuola di tipo linguistico sono penalizzate dalla mancanza di strutture adeguate e dalla formazione stessa dei docenti, la quale non è adeguata ai piani europei. «L'Italia è inefficiente nella formazione dei docenti. Le politiche italiane sono in netto contrasto con il quadro europeo». La professoressa Donata Cucchiara (docente del Boggio Lera e della facoltà di Lingue) individua il problema non solo nella mancata formazione necessaria per essere competitivi con i docenti degli altri Stati europei, ma un'oggettiva difficoltà per le mancanze strutturali.

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L'internazionalizzazione è al centro di un grande dibattito in Europa: mentre la Commissione europea incentiva e promuove la mobilità studentesca, lo Stato italiano prevede tagli orizzontali e leggi restrittive per gli stranieri che intendono venire a studiare in Italia. «Ciò  scoraggia anche uno straniero a venire in Italia» racconta la professoressa Loredana Pavone, docente della facoltà di Lingue. «La bassa mobilità è dovuta ad un difficile iter burocratico, alla mancanza delle residenze universitarie che permettano agli studenti stranieri di poter vivere all'estero».

Il ritardo italiano nelle politiche linguistiche si rispecchia ed influenza inevitabilmente il mercato del lavoro: sono molti i laureati qualificati che sono incapaci di relazionarsi con le imprese estere a causa di  un deficit linguistico. Ed è in questo quadro che una facoltà di Lingue può fare la differenza: «La conoscenza delle lingue straniere serve ad aprire la mente ad altri mondi, ad interrogarsi sulle diversità delle culture e dei popoli. La nostra facoltà non ha mai voluto insegnare come si chiede il conto al ristorante», aveva esordito il professore Antonio Pioletti (past preside della facoltà di Lingue e letterature straniere) all'inizio della giornata.

Lo studio delle lingue deve necessariamente passare attraverso delle figure competenti che possano spiegare non solo la regola grammaticale, ma anche la cultura del Paese di cui si studia la lingua. A parlare dell'importanza della figura del collaboratore ed esperto linguistico (CEL) è stata Jane Harkess: «La figura dell'insegnante madrelingua è una figura fondamentale: non si insegna solo la lingua ma anche un modello culturale. Se l'Italia vuole risalire le classifiche in Europa deve comprendere che i docenti CEL sono necessari».

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Anche le associazioni linguistiche intervenute hanno sottolineato la necessità di incrementare le strutture dedicate allo studio delle lingue e lamentano un debole rapporto tra università e mondo scolastico.
«I punti deboli dell'attuale riforma Gelmini sono proprio i professori, dei quali la maggior parte vive in uno stato di precariato», afferma Rafael Alba Cascales, rappresentante della Consejería de Educación dell'ambasciata spagnola di Roma e dell'Istituto Cervantes di Palermo.
Karin Spiller, associazione ACIT Catania, individua un'altra problematica importante: «i giovani non hanno una preparazione intellettuale adeguata. Non solo funziona male l'insegnamento, ma anche il ragionare stesso».

A concludere la giornata sono stati gli interventi del presidente della Confindustria Catania Domenico Bonaccorsi di Ruberdone, il quale auspica una collaborazione attiva tra il mondo dell'impresa e quello dell'università per attivare dei corsi di lingua cinese e di conseguenza incrementare i rapporti internazionali. Gli onorevoli Giovanni La Via (eurodeputato del PdL), Giuseppe Berretta (Pd) e Francesco Alparone (Sinistra e libertà) hanno raccontato le loro esperienze e il loro approccio alle lingue straniere. «Il multilinguismo è importante», ha osservato La Via. «L'Italia, però, si trova ai livelli più bassi in Europa e questo incide e limita le possibilità di possibili relazioni economico-sociale con gli altri Paesi».

«Nel nostro Paese si penalizza il mondo della cultura», ha premesso Giuseppe Berretta. «Il processo di internazionalizzazione ha avuto una tale accelerazione, che Paesi come l'Italia - in ritardo - rischiano di diventare un Paese piccolo in un mondo grande».
Alparone, infine, ha denunciato la mancanza di programmi ed investimenti locali per lo sviluppo del settore turistico: «Il settore turistico non è qualificato e al momento non si investe nemmeno sui giovani, il che li porterà a lasciare questa terra. E' necessario delegare gli enti locali ad attuare delle politiche che agiscano sul territorio».