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Povertà mondiale e diritti umani

Presentato nell'aula magna del Palazzo centrale l'ultimo libro del filosofo tedesco Thomas Pogge, la cui versione italiana è stata curata dal prof. Luigi Caranti

 
 
08 giugno 2010
di Giuseppe Melchiorri
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E' stata presentata lo scorso 31 maggio nell'aula magna del Palazzo centrale dell'Università di Catania la versione italiana del libro del filosofo tedesco Thomas Pogge "Povertà mondiale e diritti umani. Responsabilità e riforme cosmopolite" (Laterza 2010). All'incontro hanno partecipato, oltre all'autore, anche il prof. Luigi Caranti, docente di Filosofia politica all'Università di Catania e curatore della versione italiana del libro, il prof. Fulvio Attinà, ordinario di Scienza politica e professore Jean Monnet di Politica dell'Unione europea alla facoltà di Scienze politiche dell'Università di Catania, il prof. Vincenzo Provenzano, docente di Economia regionale all'Università di Palermo e il parlamentare siciliano Leoluca Orlando.

Gli scritti di Thomas Pogge, docente di Filosofia e Affari internazionali all'Università di Yale e direttore del Centre for the Study of Mind in Nature all'Università di Oslo, sulla povertà sono considerati tra le opere più importanti sulla giustizia globale. «Oggi più di 50 mila persone ogni giorno muoiono ancora per malattie dovute alla loro estrema miseria e alla mancanza delle più elementari norme di igiene - ha esordito il filosofo tedesco -; la povertà è una assoluta negazione dei diritti umani. La dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, infatti, afferma che "Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia"».

Il filosofo si è anche soffermato sulle conseguenze che l'attuale crisi globale sta avendo sui Paesi più poveri: «Da un lato, c'è un effetto positivo che consiste nella riduzione del costo del cibo. Nel 2008, infatti, il suo costo era molto più alto rispetto ad oggi. Dall'altra parte, però, questo effetto positivo è stato neutralizzato da una seconda conseguenza: la perdita del lavoro e l'aumento della disoccupazione che ha portato all'impossibilità di molti di acquistare il cibo, pur a prezzi bassi. Questo ha causato un aumento esponenziale delle persone con problemi di malnutrizione». Parlando di microcredito e di microfinanza, Pogge ha giudicato molto positive «le esperienze di alcuni Paesi in via di sviluppo, soprattutto dell'area asiatica. Il fenomeno, che permette prestiti a tassi agevolati anche a persone in condizioni di povertà ed emarginate, si è infatti molto sviluppato in Stati come Sri Lanka, Bangladesh, India e Pakistan. Discorso diverso per l'Africa dove ancora il fenomeno non è molto comune».

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«E' inaccettabile che l'1% della popolazione detenga il 40% del reddito privato dell'intero pianeta - ha sottolineato ancora Pogge -. Ed è colpa di questi gruppi di potere se si genera quel circolo vizioso che porta alla povertà milioni di persone. E' necessaria, quindi, una riforma dell'ordine globale che ponga un freno a questa situazione. Affinché una riforma politica globale possa avere un impatto significativo deve rispettare però necessariamente sei criteri: deve essere una riforma strutturale e duratura nel tempo; deve rispettare l'effettiva uguaglianza degli uomini; deve portare dei vantaggi in termini economici anche per i Paesi più ricchi (altrimenti la sua effettiva realizzazione sarà una pura utopia); deve lasciare spazi di miglioramento e di aggiustamento nel tempo; deve avere come obiettivo principale la riduzione della povertà e deve essere gestita in maniera moralmente limpida».

Pogge ha infine parlato di una proposta che, insieme al suo gruppo di lavoro, porta avanti da anni, la creazione dell'Health impact found (Hif). «Si tratta di un fondo che servirebbe a ricompensare l'innovazione in ambito farmaceutico esclusivamente sulla base dell'impatto che un farmaco ha sulla malattia. I vantaggi di un'iniziativa del genere sono evidenti: le aziende venderebbero i medicinali a costi di produzione e guadagnando solo sull'impatto della propria medicina sarebbero spinte ad incentivare la ricerca anche per le cosiddette "malattie dimenticate" che colpiscono milioni di persone in tutto il mondo».