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Notizie
Incontro culturale

'L'Italia corta' e l'urgenza di una nuova 'questione meridionale'

Presentato all'Università l'ultimo libro del sottosegretario Vincenzo Scotti

 
 
25 aprile 2010
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Dare vita ad una terza grande stagione della "questione meridionale", come quelle avviate agli inizi del '900 e fra gli anni '50 e '70 del secolo scorso, per scongiurare il rischio più che concreto che il Mezzogiorno, e la Sicilia, vengano irrimediabilmente cancellati dall'agenda politica del Paese. 

E' questo, in sintesi, il messaggio che ha voluto lanciare il prof. Vincenzo Scotti, attuale sottosegretario agli Affari esteri e presidente della Link Campus University (sede italiana dell'Università di Malta), in passato più volte ministro per la Democrazia cristiana fino al 1992, con il proprio libro dal titolo "L'Italia corta", presentato sabato mattina nell'aula magna del Palazzo Centrale dell'Università. 

All'incontro, promosso e moderato dall'avvocato Antonio Fiumefreddo, hanno preso parte anche il prorettore dell'Università di Catania, Maria Luisa Carnazza, il preside della Facoltà di Scienze politiche, lo storico Giuseppe Barone, e il presidente emerito della Repubblica di Malta, Guido de Marco, dal 1990 al 1991 anche presidente dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, che ha accoratamente suggerito ai siciliani l'esempio del suo Paese, capace di un significativo percorso di sviluppo  basato su turismo e finanza a partire dall'indipendenza dalla Gran Bretagna ottenuta negli anni '60.

Nel volume Scotti ripercorre, con passione civile e con occhi critici, la storia della "questione meridionale", analizzando i comportamenti della classe dirigente dell'Italia, incapace, a più riprese, di comprendere le grandi potenzialità che il Sud ha rappresentato per il Paese. Negli anni cinquanta, anche per impulso del "nuovo meridionalismo", si era però riusciti ad imboccare la strada giusta. "E' indispensabile avviare un ragionamento sereno e non strumentalizzato - ha esordito Fiumefreddo - sulle politiche per lo sviluppo del Mezzogiorno dell'ultimo mezzo secolo, cercando di comprendere le ragioni di questa sua immobilità, pur in un contesto di profondi cambiamenti dello scenario globale". L'Università - "anch'essa penalizzata dalla stessa logica politica che sta portando al drenaggio di risorse dal Sud al Nord", ha aggiunto Fiumefreddo - è sembrata perciò il luogo ideale per ospitare questa riflessione: "Da anni ormai - ha ricordato il prorettore Carnazza - il nostro Ateneo è impegnato in una politica di apertura al Mediterraneo e di vicinanza al proprio territorio, convinto che le risorse e le intelligenze della nostra terra siano non una palla al piede per il Paese ma un'occasione di rilancio".

"La marginalizzazione del Sud è di drammatica attualità - ha puntualizzato il prof. Barone, snocciolando i dati "inoppugnabili e gravi" che si rilevano dai rapporti Istat e Bankitalia, sulla riduzione degli investimenti per lo sviluppo del Mezzogiorno e sulla diffusione della povertà -: le distanze si allungano sempre più, anziché accorciarsi, e la presunta "questione settentrionale" domina ormai incontrastata da anni nel dibattito politico nazionale". 
Negli ultimi venti anni, ciò che restava della questione meridionale si è frantumato in tante piccole questioni locali, diventando sempre meno "questione nazionale o europea" e le regioni del Nord hanno pensato che l'Italia potesse fare a meno del Sud: l'Italia è diventata, insomma, corta. "Il Meridione - ha denunciato ancora Barone, ripercorrendo efficacemente tutte le fasi del meridionalismo intellettuale e politico - torna ad essere quello che era prima degli anni '50, e si assiste ad una preoccupante nuova forma di emigrazione intellettuale. La terza fase del meridionalismo di cui parla Scotti dev'essere ancorata su temi progettuali di ampio respiro, senza localismi, in modo da far tornare ad essere l'intero Mezzogiorno un soggetto politico".

"Le politiche degli ultimi anni - ha concluso Scotti - mettono a rischio la tenuta e l'unità del nostro Paese, la sua stessa vita economica e sociale. Le poche risorse vengono usate non per investimenti e infrastrutture, ma per le emergenze quotidiane, generando una spirale involutiva di sottosviluppo. Eppure, proprio il cambiamento degli equilibri del mondo, la comparsa di nuovi paesi-continenti ci impongono di trasformare il Sud da "problema" a "risorsa", cercando una strategia che renda possibile l'unificazione e un ruolo strategico per il Mezzogiorno - potenziale grande piattaforma tecnologica e logistica - quale "ponte" per l'integrazione dell'Europa nel Mediterraneo allargato, che va dai Balcani, al Medio Oriente, alla riva sud del "mare nostrum". E' un'occasione straordinaria, da proporre e far accogliere all'Italia e all'Europa, evitando sterili ribellismi o, peggio, la rassegnazione".