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"Casa della Città"

Marescotti, il social housing a Catania e il 'caso' Librino

Un convegno e una mostra per ricordare l'architetto pesarese, catanese d'adozione, e i suoi studi per il "diritto alla casa"

 
 
25 novembre 2008
di Fabio D'Urso
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"La Casa della Città di Catania - struttura dell'Università di Catania nata con l'obiettivo di creare occasione di incontro e di dialogo tra gli attori della città per facilitare i processi di gestione e trasformazione del territorio - ha voluto organizzare questo convegno non soltanto su Franco Marescotti, ma anche sull'edilizia sociale nella Catania sud, ed in particola modo, nel quartiere di Librino". E' la professoressa Piera Busacca - responsabile scientifico del Labpeat (Laboratorio per la progettazione ecologica ed ambientale del territorio) e della "Casa della città" - a spiegare  i motivi del convegno, che si è tenuto giovedì 21 novembre nella sede di via Etnea 742.

Franco Marescotti per tutta la sua vita si è impegnato nella progettazione e nella elaborazione non soltanto della "casa", come abitazione legata allo stato sociale, ma alla nascita di nuovi abitati collettivi. Diceva appunto sulla partecipazione attiva, questo architetto, definito nelle pagine della rivista "Architettura" da Belotti e Boraschi come "un un maestro privo di onorificenze, titoli e riconoscimenti ufficiali": "Ritengo che sia indispensabile reagire con una politica di informazione e discussione a tutti i livelli al fine di favorire quella partecipazione attiva della collettività fino ad oggi carente, pur essendo a mio avviso l'unica che possa contribuire a rendere operanti gli obiettivi che la ricerca in atto si propone".

Il convegno ha voluto mettere l'accento sulle politiche per Librino. La professoressa Busacca, in un intervento nel giornale "La periferica", afferma infatti: "Librino è un quartiere che è pronto per essere ascoltato. Che può risorgere dal fallimento delle politiche pubbliche dall'alto verso il basso, soltanto con la volontà di tutti i protagonisti della politica locale, nessuno escluso".
E infatti tanti sono stati quegli spunti del pensiero Franco Marescotti che hanno permesso a tutti poi di confrontarsi sulle politiche di "social housing" per la parte sud della città di Catania. A partire dalla metafora della conchiglia, ovvero dalla relazione di appartenenza tra l'essere che si percepisce esistente e la casa come luogo nel quale si auto-percepisce come tale. A partire dalle immagini di Marescotti che insegna all'università di Catania, tratte dalla proiezione di un documento audiovisivo del 1986 presso l'Istituto di Cultura Francese della città.

Ci sono state le numerose "testimonianze" di colleghi e professionisti che lo hanno conosciuto nelle molteplici attività da lui condotte: dal professor Luigi Fortuna, preside di Ingegneria, al professor Umberto Rodonò, direttore del dipartimento di Architettura e urbanistica, fino al professor Vanni Costa, responsabile delle Reti dei Musei del progetto Catania-Lecce.
Di Franco Marescotti hanno parlato i suoi allievi: gli ingegneri Vincenzo Fazzino, che lavora per l'Unesco a Parigi, Roberto De Benedictis, oggi deputato dell'assemblea siciliana, Sabina Zappalà, che ha raccontato la storia della realizzazione di Librino, ma anche del lascito etico che Marescottile ha lasciato negli ultimi tempi della sua vita sofferta ma felice.


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Marescotti ha formato  diverse generazioni di studenti della Facoltà di Ingegneria di Catania nella quale è stato docente di Progetti edili e di Storia dell'arte. Per questo - è stato ricordato anche in occasione di questo convegno -, la Facoltà di Ingegneria e quella di Architettura del nostro Ateneo il 13 novembre scorso gli hanno dedicato una Menzione d'Onore alla Memoria, nell'aula magna della Facoltà di Ingegneria, a cento anni dalla sua nascita, a Pesaro.

Morto a S. Gregorio di Catania nel 1991, Marescotti è stato un uomo di una coerenza etica estrema, un architetto avanti di mezzo secolo, un maestro solitario ed un artista amante sempre della vita che, con il suo pensiero, ha fatto la nostra storia culturale.
Maristella Casciato ha voluto ripercorre la vita di Marescotti tra gli anni quaranta e gli anni cinquanta. Nella sua ricostruzione storica ha delineato l'approccio razionale e ideale che il maestro ha avuto pensando "alla casa per ogni uomo", raccontando poi tutto il suo lavoro con le riviste fatte durante il periodo bellico: "Quanta cultura, nei tratti di una rivista!".

Dal dopoguerra, era oramai diventato la "punta" del Movimento Studi di Architettura (M.S.A.) che ha contribuito alla rinascita culturale di Milano. Nel 1951 per lui c'era stato l'onore del Gran premio della Triennale di Milano. Aveva attraversato  gli anni del fascismo, partecipato alla liberazione e alla ricostruzione. Ed ora stava con la povera gente a condividere e a lavorare: "Come non si può essere comunisti dopo il secondo conflitto mondiale", affermava. Marescotti  si era messo con tutto se stesso al servizio delle lotte operaie, lavorando per la realizzazione di alloggi popolari.

Come evidenzia la professoressa Busacca, "egli ha voluto costituire organismi aderenti alle necessità della vita associata e ha ricercato, nei rapporti umani da essi determinati, i caratteri della loro validità". "Marescotti ha elaborato non soltanto il tema della casa, intesa come 'la casa dell'uomo' - ma  anche il tema della città - 'casa per uno e infiniti uomini'- tanto sul piano progettuale quanto su quello teorico, come impegno sia sociale che politico. Per lui, è possibile solo pensare  alla casa all'interno di una progettazione completa del territorio ove essa è inserita.

Lo aveva già ben espresso nel  1940 alla Triennale di Milano dedicata all'indagine sull'abitazione in Sicilia. Poi cinque anni dopo aveva organizzato la Prima mostra del problema nazionale della casa, col titolo "La Città del sole" proprio a Catania. Il contributo ultimo, pubblicato negli anni ottanta, dal titolo "Democrazia è anche questione di metri quadri" (1983) risulta allora indispensabile per capire.


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La testimonianza di Primavera Realini, un'abitante del complesso "Grandi e Bertacchi", realizzato da Marescotti nel 1951 a Novate Milanese, ha fatto emergere come nel suo lavoro di urbanista sia stato sempre caratterizzato dalla sua coerenza progettuale. I centri sociali cooperativi (dal "Grandi e Bertacchi" a Lampugnano del 1958), sono infatti considerati esperimenti ante litteram di progettazione partecipata. Scrive Marescotti: "Ciò che si impone con assoluta chiarezza, è che nessun fatto della vita umana può essere disgiunto dalla vita della società e che entrambe debbano entrare a far parte integrante di nuovi contenuti che soli possono giustificare nuove espressioni e nuove realtà architettoniche".

C'è tutta una memoria storica ed artistica da rendere evidente al pubblico. C'è  tutto intero il suo archivio, costituito da 4000 tavole, 130 plastici, fotografie, nonché da tutta la sua corrispondenza personale e professionale, pervenuto in comodato d'uso all'Ateneo catanese, che è stato affidato proprio alla "Casa della Città". Ecco perché l'importanza di questo convegno e della mostra a lui dedicata. Ecco perché fino al 5 dicembre è importante visitare la mostra su Marescotti, confrontandosi col pensiero 'anarchico e vivo' del maestro dell'housing sociale, qui a Catania, dove egli è morto. E' utile visitare la mostra sulla periferia della città che i suoi allievi di oggi ci hanno donato, con un grande impegno.