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Ssc

Scuola Superiore, utili "consigli" dagli ex-alunni

Incontro di orientamento post-laurea per gli attuali allievi della Scuola nella sede di via San Nullo

 
 
22 luglio 2008
di Eva Spampinato
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Hanno tutti tra i ventisei e i ventotto anni. Sono gli ex allievi della Scuola Superiore di Catania e hanno scelto tutti, o quasi, strade di ricerca che, al termine degli studi, li hanno portati fuori da Catania e dall'Italia. Giovani e già inseriti nel mondo del lavoro e dell'università,  adesso sono ritornati nel loro "college" catanese in veste di "orientatori" e lunedì scorso hanno incontrato gli attuali studenti della Scuola per parlare del percorso post laurea, della loro esperienza all'estero e dei primi dati relativi alla percentuale di occupati "sfornati" dalla struttura di alta formazione universitaria.

Seduti sui divani rossi della sala ricreazione, in attesa che arrivasse il pubblico di giovani universitari, li troviamo intenti a ritoccare le ultime slide dell'incontro. Mac sulle gambe, mani sulla tastiera e due risate ricordando i tempi - nemmeno troppo lontani - in cui la Ssc era ai suoi albori. Pensando ad un gruppo di ex alunni - dottorandi negli Stati Uniti, software engineer, consulenti d'impresa - non ti aspetti di incontrare quattro ragazzi, computer in mano, abbigliamento casual e aria rilassata. Invece, sono proprio loro. Chi è appena rientrato dal Massachussetts, chi dal Colorado, chi è "fuggito" per due giorni da Milano per presenziare all'incontro. "E' la prima volta che l'associazione degli alunni organizza un incontro del genere - spiega il presidente Calogero Presti, dottore di ricerca in Ingegneria elettronica a Catania -, e tra le tante attività dell'associazione abbiamo scelto quella dell'orientamento, perché crediamo che sia giusto presentare per tempo un quadro chiaro delle prospettive post-laurea".


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Chiamati tutti a raccolta, dunque, i primi laureati Ssc - Marco Pavone, Romano Foti, Emanuele Pecora, Mario Siciliani de Cumis, Simona Fabroni, Giuseppe Dimartino e Filippo Privitera - per parlare della loro vita fuori dal campus catanese specializzato nel valorizzare le capacità dei giovani, iscritti ai corsi di laurea dell'Università degli studi di Catania, mediante la formazione integrativa e l'avvio precoce alla ricerca.

Marco Pavone, classe 1980, PhD Candidate al Mit di Boston, il rinomato Massachusetts Istitute of Technology, è il decano degli ex alunni e si è laureato nella prima sessione di laurea della Scuola, nel 2004. Elaborare dati è il suo lavoro, per questo ha preparato un paio di slide con dati "scorporati" e "compatti". "Gli studenti della Ssc che si laureano ogni anno - spiega il dottore di ricerca in Ingegneria aeronautica e aerospaziale al Mit di Boston - sono circa venti. All'inizio erano circa dieci o dodici, ma adesso gli iscritti sono aumentati. Nonostante le selezioni d'ingresso rimangano rigidissime. Di solito il proseguimento naturale della carriera di un laureato della Scuola è quello della ricerca universitaria. Il dato significativo relativo proprio alla ricerca è che oltre il 50% dei nostri laureati sceglie di proseguire gli studi con un dottorato. In questo caso avviene una emigrazione da Catania, con una elevata percentuale che sceglie il dottorato negli Usa. Mentre supera di poco il 40% la percentuale di chi rimane in Italia e non intraprende la carriera universitaria. In questo caso, il 50% dei nostri laureati lavora in aziende private, soprattutto nel settore di ricerca e sviluppo. Pochi sono gli occupati nel pubblico impiego".


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Dati che fanno riflettere e permettono un paragone tra il sistema di formazione italiano e quello anglosassone: "Ogni università, negli Stati Uniti, ha un criterio di selezione autonomo - spiega Romano Foti, dottorando al Colorado State University di Fort Collins - i crediti della laurea italiana, spesso, non sono sufficienti e non equivalgono al riconoscimento di una laurea "bachelor", anche se gli alunni della Ssc possono contare sui crediti aggiuntivi derivanti dal diploma interno della scuola. Inoltre - continua Foti -, è opportuno fare richiesta almeno sei mesi prima dell'inizio del semestre. Elementi richiesti: un buon curriculum, il titolo di studio e ben tre lettere di raccomandazione".

Attenzione, però, la "raccomandazione" non è da intendersi all'italiana: "Negli Usa vige il sistema meritocratico e questo si basa anche sulle segnalazioni dei professori circa le qualità e le capacità dello studente. In America, nessuno si azzarderebbe a raccomandare una persona non valida. Nessuno metterebbe a rischio la propria parola e la propria credibilità dal punto di vista scientifico". Ecco allora cosa apprezzano i nostri "cervelli" emigrati all'estero: "Il sistema meritocratico - risponde Marco Pavone -: se fosse applicato in Italia, permetterebbe di spezzare i clientelismi e le baronie all'interno delle università. Chi si dottora al Mit, ad esempio, se vuole proseguire la propria carriera lo deve fare all'interno di un'altra struttura. Non credo che questo sarebbe possibile nel nostro Paese".