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Atenei

"Lavoro ai laureati? Occorrono riforme strutturali"

A Catania il convegno nazionale di AlmaLaurea su formazione universitaria e richieste del mercato del lavoro

 
 
29 febbraio 2008
di Eva Spampinato
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"Il paese ha bisogno di accelerare e per farlo sono necessarie riforme e infrastrutture economiche e socio-finanziarie". Il vicepresidente di Confindustria per il Mezzogiorno, Ettore Artioli, prova a dare una interpretazione ai numeri forniti dal X rapporto di Almalaurea sulla condizione occupazionale dei laureati italiani, che vede 53 laureati su cento lavorare ad un anno dalla laurea e le retribuzioni, già modeste, continuare a perdere potere di acquisto.
La due giorni catanese di Almalaurea, si è conclusa venerdì pomeriggio con una tavola rotonda, moderata dal giornalista Piero Damosso e presieduta dal rettore Antonino Recca, in cui si sono confrontati importanti esponenti del mondo dell'impresa e della formazione.

Ma quale è il contributo che il nostro sistema economico offre ai giovani? Alla domanda di Damosso, il primo risponde il professor Alberto Quadro Curzio, dell'Università Cattolica di Milano. "Come universitario - commenta il professore di Economia - io vedo il mondo accademico come un soggetto centrale declinato sotto tre profili. Se il punto di partenza vede l'Università come la fondamentale produttrice di buoni laureati, è essenziale analizzarne il rapporto da un lato con il mondo economico e dall'altro con il contesto socio-civile". Secondo Quadro Curzio, dunque, per analizzare i dati che "fotografano" il comportamento occupazionale dei neolaureati italiani, bisogna guardare alle infrastrutture socio-civili che determinate aree del Paese mettono a disposizione rispetto ad altre aree.

Ciò continua a favorire il divario Nord-Sud (i cui dati sono stati forniti dall'indagine del consorzio interuniversitario), ma anche quelli del "brain- drain" ovvero la fuga di cervelli dall'Italia all'estero. "Personalmente io sono contento che i giovani laureati che si spostano dal Nord al Sud, decidano di non far ritorno nella regione d'origine. Ho due ottime assistenti siciliane". Scherza il prof Quadro Curzio che nella conclusione del suo intervento lancia due auspici. "Migliorare i raccordi tra Università e mondo del lavoro, ma anche tra scuola secondaria superiore e Università, con la formazione e l'informazione".

E se le scelte post laurea - secondo Almalaurea - sono dettate da migliori condizioni socio-economiche, le scelte legate alla carriera di studi sono spesso influenzate dalla famiglia. Questo evidenzia un problema di "orientamento" che dovrebbe essere impostato diversamente, sia in ingresso sia in uscita, e per il quale il senatore Massimo Livi Bacci parla di "famiglia italiana troppo protettiva".
"La famiglia italiana deborda in maniera patologica con le premure - dice il professore dell'Università di Firenze - e crea ritardi nell'autonomia dei ragazzi, oltre a perpetuare modelli di diseguaglianza sociale. Il modello formativo, nella sua nuova formula caratterizzata dalla frammentarietà, risulta fallimentare".

Il vicepresidente di Confindustria per il Mezzogiorno, Ettore Artioli, invece, parla di imprese che utilizzano poco i giovani e non li valorizzano perché loro stesse non sanno porsi in maniera dinamica in un mercato sempre più globalizzato e veloce. "Questo è sicuramente causa di un sistema troppo ingessato, che non crea le condizioni di sblocco per un mondo in continua evoluzione - dice Artioli - i giovani così tendono a cercare protezione nelle professioni dei genitori piuttosto che scommettere sulle personali attitudini. Con una tavola rotonda come questa - continua il vicepresidente di Confindustria per il Mezzogiorno - si può provare a disegnare quale futuro per i giovani in Italia e quale futuro per il sistema economico e sociale in Italia. Credo che i dati che alma laurea ci sottopone sono dei dati che ancora una volta fanno vedere un paese che non si muove, un paese che è lento e che si tutela nelle tradizioni, non avendo il coraggio di fare un passo verso un sistema economico globale che vuole un nuovo dinamismo che dai giovani, dal sistema della formazione si trasferisca al sistema delle imprese. Abbiamo bisogno di più coraggio e di imprese che offrano più coraggio. Forse abbiamo bisogno di un paese che corra di più, il  paese è troppo seduto, toppo lento, il paese ha bisogno di quelle riforme che Confindustria da tempo richiede".
E a chi gli domanda, cosa ci si aspetta dal nuovo governo? Artioli risponde: ci si aspetta un governo, un parlamento che ci portino velocemente verso un terzo millennio, i nostri competitors, quelli che sono tradizionalmente in competizione economico e sociale con l'Italia, corrono verso un'economia a due zeri, verso un'economia dove la scienza si lega all'innovazione e all'impresa, la ricerca e gli stimoli che vengono verso servizi innovativi.

Il segretario confederale della Cgil, Fulvio Fammoni, ricorda come "l'effetto intrappolamento" dei contratti di collaborazione - che aumentano sempre di più per i neolaureati, a dispetto di contratti a tempo determinato o indeterminato - diventa logorante. "L'Università deve tenere conto anche degli studenti lavoratori e di chi, dopo il primo livello, decide di inserirsi subito nel mondo del lavoro - dice Fammoni - e rivalutare il ruolo dello stage universitario. Il master non serve più a trovare lavoro, mentre lo stage, che permette di acquisire subito competenze pratiche e familiarità con il lavoro, va rivalutato. Ma bisogna stare attenti. Il rischio che si corre con gli stage è che l'obiettivo di acquisire capacità si traduca in lavoro a costo zero. Lavoro in nero per le aziende che poi non investono nei giovani stagisti". Precariato parola impropria? Risponde Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset che parla di "Politica del far andare la macchina", senza inciuci o larghe intese.

"Ognuno deve fare il suo, chi fa politica d'impresa deve dare opportunità, ma anche nell'interesse dell'impresa perché se l'impresa dà possibilità a tanti ragazzi di fare esperienza, li forma, è un patrimonio in più. E' inutile parlare di precariato - dice ancora Confalonieri - l'imprenditoria cerca il proprio profitto, cos' la politica. Ma cerchiamo di mettere a posto le cose che non vanno. Ci si lamenta per i contratti Co.Co.Co, ma se poi non si mette uno stipendio minimo come in Francia non si è completata la riforma Biagi. Infine- conclude il presidente di Mediaset - le famiglie e le Università devono porre dei limiti, avere solo a Catania 1200 iscritti in Comunicazione è eccessivo. Non bisogna intasare con i grandi numeri facoltà che non possono dare occupazione".