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Pari opportunità

Donne e lavoro, i ritardi italiani

A Catania convegno nazionale con i ministri Bonino, Bindi e Pollastrini

 
 
12 febbraio 2008
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L'Europa chiede al nostro Paese un tasso di occupazione femminile del 60% entro il 2010 ma in Italia siamo fermi al 46,3%, e secondo questo dato, rilevato nel 2006, siamo penultimi in Europa.
Sono i dati emersi dalla Nota aggiuntiva di Lisbona che sono al centro del convegno su 'Lavoro femminile e welfare: come competere in Europa' aperto a Catania, nell'aula magna del Palazzo centrale dell'Ateneo, dal ministro alle Politiche europee, Emma Bonino, che ha sollecitato "interventi bipartisan per risolvere la questione femminile, che è un'emergenza che va risolta".

Ai lavori, introdotti dal rettore dell'Università di Catania Antonino Recca, hanno partecipato anche i ministri per la Famiglia, Rosy Bindi, e per le Pari Opportunità Barbara Pollastrini, gli economisti Andrea Ichino, Alberto Alesina e Fiorella Kostoris, gli esperti Roberto Cicciomessere, Maurizio Ferrera, il segretario nazionale dell'Ugl Renata Polverini, i parlamentari Enzo Bianco, Anna Finocchiaro e Gianfranco Micciché. Fra gli altri interventi nella sessione pomeridiana, vanno registrati quello della prof.ssa Elita Schillaci, assessore all'industria del Comune di Catania, e della presidente del comitato Pari opportunità dell'Università etnea, Rita Palidda.

Le ricerche presentate hanno messo in evidenza alcuni dati. In Italia ci sono 7 milioni di donne in età lavorativa ma fuori dal mercato del lavoro e continuano ad esistere due Paesi. Nel Mezzogiorno il tasso d'occupazione delle donne di età tra i 25 e i 34 anni è del 34,7% contro il 74,3% del Nord. I fenomeni di scoraggiamento al Sud sono sempre più diffusi: 110.000 inattive in più solo nel primo semestre del 2007 e le donne del Sud hanno rinunciato a cercare lavoro. Nella fascia over 45 anni il tasso di occupazione femminile delle regioni più sviluppate d'Italia crolla di quasi 20 punti percentuali rispetto alla media Ue e la fine della carriera coincide con esigenze di maternità. Le donne italiane lavorano in media 7 ore e 26 minuti al giorno, di cui 5 ore e 20 minuti sono di lavoro in famiglia.


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Gli uomini italiani dedicano alla cura domestica solo 1 ora e 35 minuti al giorno. In Svezia le donne lavorano complessivamente meno: 6 ore e 54 minuti, di cui 3 ore e 42 dedicate alla famiglia e il resto al lavoro retribuito. Le donne, secondo la ricerca, sono discriminate nell'arrivo ai vertici societari. Nel 63,1% delle aziende quotate, escluse banche e assicurazioni, non figura alcuna donna nel Consiglio di amministrazione.

Considerando il numero totale dei componenti dei Cda, su 2.217 consiglieri, solo 110 sono donne, pari al 5%. Nel settore pubblico va un po' meglio, ma i vertici politici restano "maschili": ministre e sottosegretarie sono solo il 20%, le deputate sono solo il 17%. Le donne italiane sono in media pagate il 9% in meno degli uomini, a parità di lavoro. La differenza di salario tra uomini e donne con ruoli dirigenziali sale al 26,3%. Anche quando arrivano "in alto" le donne sono discriminate. La povertà, in Italia, è soprattutto femminile. La vulnerabilità delle famiglie e dei bambini aumenta se il "capofamiglia" è donna. 


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Ma un segnale sicuramente significativo è giunto dal presidente di Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello. "Stiamo iniziando le consultazioni ed è possibile che ci sia un presidente di Confindustria donna - ha affermato Lo Bello - La nomina di una donna a presidente servirà anche a sfatare l'idea di una Confindustria maschilista. La verità è che è il paese intero a dover valorizzare le risorse femminili, che sono importanti per l'Italia e per il Mezzogiorno in particolare".