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"Bisogna uscire dal rito delle celebrazioni e affrontare le questioni della formazione permanente, senza accontentarci della quantità dell'insegnamento ma guardando alla sua qualità e lavorando in rete per conseguire gli obiettivi dei quattro programmi-pilastro del lifelong learning. Alle istituzioni pubbliche, dall'Unione europea allo Stato, chiediamo insieme fondi e investimenti seri per costruire una rete di cittadinanza, democrazia, apprendimento continuo, cambiamento dinamico del contesto ove vive e opera la nostra università". Il prorettore Antonio Pioletti ha introdotto così il secondo incontro del ciclo di conferenze multidisciplinari sul tema della "Democrazie d'Europa. Politiche culturali e strategie educative" che si è tenuto giovedì 10 gennaio alla Casa della Cultura dell'Università di Catania.

L'iniziativa, promossa dalla facoltà di Scienze della formazione e dal Dipartimento di Processi formativi, con il sostegno del Ministero dell'Università e della Ricerca, della Provincia Regionale di Catania, della Camera di Commercio di Catania, e del Pascal Observatory, rientra nell'ambito delle manifestazioni per il 50° anniversario dei Trattati di Roma.

Lifelong learning, apprendimento lungo tutto l'arco della vita. Un concetto che si coniuga - ha aggiunto Pioletti - anche con azioni come la promozione globale e reale dell'apprendimento delle lingue straniere, l'adozione di contratti con più specifica dignità per gli insegnanti, paradossalmente ancora oggi spesso assunti come tecnici, crescita continua per i programmi europei di interscambio Erasmus e Leonardo, ampliamento dello sportello informativo per gli studenti stranieri, capacità effettiva di contatto con il territorio e con la pluralità dei soggetti coinvolti: dalle scuole ai centri di formazione professionale, dalle aziende alle istituzionim senza tralasciare altre realtà civili, sociali, politiche che operano per la promozione effettiva della democrazia, dell'apprendimento continuo, della cittadinanza.

L'incontro si è aperto con gli indirizzi di saluto da parte di Antonia Criscenti, delegata del preside di Scienze della formazione, Febronia Elia, del direttore del dipartimento di Processi formativi, Francesco Coniglione, dell'assessore provinciale Orazio Quattrocchi, e del presidente della Camera di Commercio Pietro Agen.


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Tutti gli illustri relatori intervenuti, provenienti da altre università italiane e straniere, hanno avuto modo di riflettere su aspetti concreti della struttura del Lifelong Learning Program (LLP) - istituito nel 2006 dal Parlamento e dal Consiglio europei per contenere tutte le iniziative di cooperazione europea nell'ambito dell'istruzione e della formazione permanente dal 2007 al 2013 -, sulle specificità dei quattro programmi settoriali (che mantengono i nomi delle precedenti azioni dei programmi Socrates e Leonardo), del programma trasversale teso ad assicurare il coordinamento tra i diversi settori, e del programma Jean Monnet per sostenere l'insegnamento, la ricerca e la riflessione nel campo dell'integrazione europea e le istituzioni europee chiave. Obiettivi concreti e specifici, come è stato ricordato dalle diverse relazioni, in grado, inoltre, di rendere effettiva la cittadinanza e i processi democratici.

"Non è più possibile pensare in termini di spazi chiusi", ha osservato Norman Longworth, docente dell'Università di Stirling in Scozia: "Una città o uno spazio urbano  - ha aggiunto - possono realmente divenire realmente una learning city, ma è necessario interagire, creando le condizioni effettive per sostenere l'apprendimento dei singoli". Un concetto ripreso anche da Aureliana Alberici, docente a Roma Tre, che ha sottolineato l'importanza delle psicologie dello sviluppo dell'apprendimento: "Occorre elaborare il potenziale di apprendimento, che potremmo definire 'la capacitazione' di chi apprende operando in contesti di pluralità sociale e per rimuovere le difficoltà insite che ostacolano l'inclusione sociale". "Il nostro secolo sarà il secolo dell'apprendimento, oppure non sarà", ha tagliato corto Jarl Bengtsson, direttore del Centre for Research and Innovation dell'Ocse, ponendo in termini scientifici e di dinamismo la questione dell'imprescindibilità della formazione costante nel tempo per chi vuol continuare ad apprendere.Del resto, l'Unione europea si è già dotata di uno strumento, nelle intenzioni, certamente molto potente. Il Programma di apprendimento Lifelong learning dovrebbe rafforzare e integrare le azioni condotte dagli Stati membri, mantenendo inalterata la responsabilità affidata ad ognuno di essi riguardo al contenuto dei sistemi di istruzione e formazione, e rispettando la diversità culturale e linguistica dei contesti statali. Obiettivo generale di questo programma è contribuire, con l'apprendimento permanente, allo sviluppo della Comunità europea, quale società avanzata basata sulla conoscenza, con uno sviluppo economico sostenibile, nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale, garantendo nel contempo una valida tutela dell'ambiente per le generazioni future. I fondamenti giuridici si ritrovano negli art. 149 e 150 del Trattato dell'Unione dove si afferma che "La Comunità contribuisce allo sviluppo di un'istruzione di qualità incentivando la cooperazione tra Stati membri e, se necessario, sostenendo ed integrando la loro azione..." (art. 149) e che "La Comunità attua una politica di formazione professionale che rafforza ed integra le azioni degli Stati membri..." (art. 150). Su questi temi ha dato un particolare apporto la relazione della docente Angela Catalfamo nella sua relazione "L'educazione democratica del cittadino europeo", sviscerando le dicotomie esistenti tra il piano teorico, giuridico e quello pratico, che cittadini, società civile, atmosfera sociale dei diversi contesti europei hanno avuto modo di sperimentare in questi anni.

Per questo risulta sostanziale tutto il lavoro di rete fatto tra l'Università e gli altri soggetti coinvolti, gli scambi, la cooperazione e la mobilità tra i sistemi d'istruzione, di formazione, di imprenditorialità dentro il nostro Paese. Per questo risulta strategico l'interscambio con le imprese, con gli enti pubblici, con tutto il contesto territoriale. Per questo ci vuole l'effettiva aderenza e cooperazione degli enti pubblici. Si parla di realizzare lo sviluppo di un apprendimento permanente di qualità: la promozione della qualità dei processi di apprendimento, l'innovazione e l'apertura ai contesti differenti che esistono in Europa, il confronto tra le culture, la realizzazione di spazi dell'apprendimento permanente, il miglioramento della qualità della formazione, l'accesso alle opportunità di apprendimento permanente per tutti, il rafforzamento della coesione sociale, l'effettiva cittadinanza dentro diversi contesti, il dialogo interculturale, la parità tra donne e uomini, la realizzazione personale, la creatività e gioia di apprendere, la promozione della competitività, l'occupazione e lo sviluppo delle persone coinvolte, la partecipazione di persone di tutte le età, con particolare attenzione a chi vive l'esclusione e l'emarginazione. Si tratta di favorire l'apprendimento permanente a prescindere dal retroterra socio-economico, e quindi nello specifico la promozione dell'apprendimento delle lingue e la promozione della diversità linguistica, la promozione dello sviluppo di contenuti, servizi, soluzioni pedagogiche e prassi a carattere innovativo.

Il cuore di questo ragionamento politico è quel sentimento di cittadinanza europea, quella comprensione e quel rispetto dei diritti dell'uomo e della democrazia, quella promozione della tolleranza e del rispetto degli altri popoli e della altre culture, quella cooperazione che permetta di alzare il livello della qualità dell'istruzione e della formazione in Europa.


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Tutto il lavoro della giornata ha dunque posto, in termini di riflessione analitica, le questioni teoriche della formazione continua e permanente, confrontandole con l'esperienze fatte in questi anni. Un modo per ridare altissima dignità alla questione formativa o, come si diceva un tempo, pedagogica. "Siamo sicuri che non esiste resistenza nell'apprendimento? - si è chiesta la professoressa Roberta Piazza - E quali possono essere gli eventuali condizionamenti che scaturiscono dalla dicotomia tra la singolarità dell'individuo e la pluralità delle soggettività, dall'esclusione sociale, dai procedimenti dell'inclusione nella prassi concreta degli spazi di apprendimento?". La risposta, per la docente di Scienze della formazione, appare comunque scontata: "Anche quando risulta difficile creare le condizioni pedagogiche e politiche per promuovere la convivenza dei popoli nella democrazia, anche quando la fenomenologia della società presente sembra far rilevare che gli adulti avrebbero rinunciato ad essere adulti, ad elaborare la transizione dell'adulto nella relazione con le generazioni di oggi, l'apprendimento continuo non solo combatte l'esclusione sociale di interi contesti urbani e di intere popolazioni europee: esso è strumento di cittadinanza in ogni micro contesto".

La complessità delle procedure per dare vita ad esperienze concrete è stato il motivo comune delle relazioni pomeridiane, abilmente coordinate dalla presidente del Carip (Centro per l'aggiornamento ricorrente per le professioni) dell'Università di Catania, Delia La Rocca.Paolo Federighi (Università di Firenze) ha parlato di "Strategie, politiche e futuro del Lifelong learning in Europa", contestualizzando il tema rispetto alla esperienza del nord Italia e sottolineando la necessità di un monitoraggio concreto del mercato. Il professor Michael J. Osborne, dell'Università di Glasgow, ha illustrato l'esperienza scozzese, che ha dimostrato come "la flessibilità lavorativa abbia bisogno di un adeguato sistema di protezione sociale"; Ettore Ruggiero, del Consorzio universitario pugliese per la formazione e l'innovazione Universus - Csei, quella pugliese: "Si può lottare per la felicità di tutti - ha detto - pur in una società in una società dove veloci sono le dinamiche della povertà, della precarietà del lavoro, della esclusione sociale". Infine, uno sguardo sugli aspetti prettamente italiani, sui ritardi e sulle responsabilità sociali e politiche del nostro Paese, è giunto dal professor Giuseppe Ronsisvalle, docente a Farmacia, che ha ipotizzato la definizione di alcune linee guida per un sistema italiano di formazione universitaria: "La formazione permanente - ha sottolineato - è ormai un diritto riconosciuto, in Italia come in Europa".




 
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