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Donne e democrazia, il "nodo Afghanistan"

Incontro ai Benedettini con la giornalista del Tg1 Tiziana Ferrario, autrice de "Il vento di Kabul"

 
 
13 dicembre 2007
di Giuliana Aiello
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A pochi giorni dalla scomparsa del maresciallo capo Daniele Paladini, caduto in Afghanistan nel tentativo di fermare un kamikaze, si è svolto martedì scorso nell'Auditorium De Carlo del Monastero dei Benedettini un incontro con Tiziana Ferrario, nota giornalista del Tg 1 della Rai ed  autrice del volume "Il vento di Kabul" (Baldini Castoldi Dalai editore, 2007).

L'evento dal titolo "La guerra non è finita. L'Afghanistan tra attualità e prospettive", dedicato idealmente proprio all'eroico maresciallo dei carabinieri, è stato organizzato dalle facoltà di Lettere e filosofia e di Lingue e letterature straniere e dal Diseur (Dipartimento interdisciplinare di studi europei) dell'Università di Catania, in collaborazione con la sede catanese del Soroptimist club. Alla prestigiosa iniziativa, che si è tenuta il giorno dopo la giornata mondiale dei diritti umani (celebrata purtroppo sottotono in molte parti del mondo), hanno preso parte il prorettore Antonio Pioletti; il professor Fernando Gioviale, direttore del Diseur e coordinatore dell'incontro; i presidi delle due facoltà, Enrico Iachello e Nunzio Famoso e Maria Luisa Scelfo, docente di Letteratura francese nell'Università etnea e presidente del Soroptimist club di Catania.

"Osservare la realtà attraverso le contraddizioni del presente", sono state queste le prime parole del prorettore Antonio Pioletti che ha introdotto l'incontro. "La guerra - continua Pioletti -  è una delle più macroscopiche incoerenze della società di oggi che  ci fa porre una serie di domande. Diverse sono le cause, come diverse sono le tipologie di conflitti presenti in Afghanistan, triste protagonista di decennali conflitti bellici. Nonostante questa situazione, è fondamentale tener lontani gli apriorismi: la volontà di capire, che ci viene offerta soltanto dal dialogo interculturale (che non a caso è il tema scelto per il 2008 dalla Commissione europea), è l'unico strumento efficace che appartiene agli uomini", ha concluso il prorettore.


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L'attenzione mediatica nei confronti dell'Afghanistan è scemata negli ultimi anni. Nascono anche da questo silenzio le domande che Tiziana Ferrario si pone nel suo libro. Ma perché questo calo di attenzione nei confronti del paese martoriato da decenni di guerriglie? Sono davvero migliorate le condizioni di vita del popolo afghano? "Far capire cos'era e cos'è l'Afghanistan è quello che si propone - come rilevato il professor Gioviale - la Ferrario nel suo volume".

Anche i due presidi Iachello e Famoso hanno concordato nel far risaltare lo sguardo partecipe con cui l'autrice de "Il vento di Kabul" coglie i contrasti della realtà afghana: la povertà delle baraccopoli che convivono con le ricche costruzioni degli stranieri è una testimonianza lampante di ciò. Questi e molti altri difficili aspetti che caratterizzano il paese asiatico  si collegano al faticoso processo che caratterizza da anni il raggiungimento della tanto desiderata democrazia. "Insieme alla riconciliazione è mancato il rispetto per il popolo, in particolare per le donne", hanno osservato Iachello e Famoso. "Ma l'apertura democratica conclamata nei propositi della nuova costituzione è una realtà ben lontana da Kabul e dal resto del paese", sostiene Tiziana Ferrario.

Nel Parlamento afghano le quote rosa corrispondono al 25%, ma si tratta, ha spiegato l'inviata del Tg1,  di una percentuale che lotta quotidianamente con tutti, persino con "i signori della droga" che detengono un immenso potere in un paese nel quale nel 2006 la produzione di oppio, come denunciano  le Nazioni Unite e il governo Usa,  è aumentata del 60%. "L'Afghanistan - prosegue la Ferrario -  è un paese che ha un'aspettativa di vita di 42 anni e che dunque è costituito da giovani che conoscono da sempre soltanto la guerra che si è prolungata per oltre un ventennio dal 1979 al 2001".


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Dopo l'attacco alle Torri Gemelle, il regime talebano cade in seguito all'intervento militare americano. Gli Afghani da quel momento tornano nelle loro case con grande entusiasmo: quasi cinque milioni di persone  affrontano il viaggio portando con  loro  desideri e speranze. E' proprio questo il momento in cui l'autrice mostra il punto di forza del suo volume e dunque della sua esperienza vissuta come inviata di guerra in un paese orribilmente martoriato, è questo il punto in cui spiega che il paese islamico non è soltanto un problema di politica internazionale che va risolto, come siamo abituati a sentire. La Ferrario si preoccupa di evidenziare chi sono davvero gli Afghani, quali sono le aspettative dei giovani per il futuro, com'è la loro vita.

L'Afghanistan è stato per anni il campo di addestramento per il terrorismo internazionale: le caserme ad esempio erano i luoghi in cui i giovani imparavano le tecniche di guerriglia. Nel 2001, all'arrivo dei giornalisti, per le strade non si vede anima viva. La Ferrario spiega che nella sfaccettata società afghana nella quale anche i talebani non sono tutti uguali fra loro (esiste una divisione tra afghani e pakistani), è ancora più difficile portare la democrazia e l'idea di portarla attraverso il voto dell'elettorato è soltanto un'utopia. Nel 2004, dopo 30 anni, in Afghanistan si sono svolte le elezioni per votare il presidente e la gente si è recata in massa alle urne: erano le donne la maggioranza dell'elettorato: loro votavano per i figli, per tentare di assicurare loro un mondo di pace, ma la guerriglia, da allora, si è presto riorganizzata.