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Donne contro, storia di Piera

A Lingue incontro e spettacolo sulla "ribellione" alla mafia di Rita Atria e Piera Aiello

 
 
26 novembre 2007
di Fabio D'Urso
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"Donne contro" la mafie, le violenze,le guerre, le ingiustizie, le discriminazioni dalla Sicilia guardando agli altri luoghi di tutto il mondo. Nell'auditorium del ex Monastero dei Benedettini, la Facoltà di Lingue e letterature straniere, mercoledì 21 novembre, ha voluto ospitare un incontro per onorare tutte queste donne. In questo contesto, ha portato una testimonianza attualissima  la testimone di giustizia Piera Aiello che, dal 1991, con l'aiuto di Paolo Borsellino, ha portato avanti una lenta e continua lotta contro la mafia di Partanna. E per questo vive ancora oggi in una località segreta, in un'altra parte d'Italia, con una identità diversa che le è stata data per proteggere la sua vita e quella della sua famiglia.

Piera Aiello così è la donna che interpreta realmente il paradigma della lotta ad una mafia particolare, a partire dalla azione precisa dell'attacco interno di un sistema mafioso, uscendo dai suoi condizionamenti, accettando un conflitto col proprio paese di appartenenza, perseguendo la lotta alla mafia non solo nelle aule dei tribunali ma attraverso l'impegno di testimonianza alla società civile di tutto il paese.

Piera è nata in Belice nell'anno del terremoto, quella zona che è diventata famosa per un "dopo sisma" gestito all'insegna di abusi e soprusi. A Partanna, l'amministrazione negli anni novanta era nelle mani di un sindaco denunciato da Rita Atria, la cognata di Piera, al giudice Borsellino. Rita e Piera erano state le detentrici di nomi, fatti, situazioni, giri, moventi e gerarchia di della mafia di quel paese. Dopo la morte del marito Nicola Atria, uomo che Piera era stata costretta a sposare, Piera identifica e denuncia i mafiosi implicati nell'omicidio del marito, e grazie ad un amico carabiniere trova il modo di arrivare al sostituto procuratore di Sciacca, Morena Piazzi che la porta immediatamente dal Procuratore Capo di Marsala, Paolo Borsellino. La giovane Rita segue il suo esempio di verità e di giustizia fino alla sua morte, avvenuta subito dopo quella di Paolo Borsellino.

Oggi Piera vuole ancora lottare e testimoniare. Lo fa con l'aiuto dell'associazione intitolata a Rita Atria, di don Luigi Ciotti, di Rita Borsellino, portando la sua storia nelle scuole e nelle università italiane. Come ha fatto qui a Catania, insieme a Rita Borsellino, venute da Palermo senza remore "Non potevo non incontrare Piera, lei per me è rappresenta l'eredità di Paolo".

Due poliziotti che le restano sempre accanto, guardano con minuziosa attenzione qualunque cosa possa nuocere alla vita di Piera. Restano accanto a lei mentre porta la sua testimonianza. Lei, aiutata da Nadia Furnari ricostruisce la sua vicenda e quella di Rita. Poi racconta di Paolo Borsellino che per loro due non ha rappresentato soltanto il magistrato che si è occupato delle loro testimonianze, ma è stato  anche "un amico, un padre a cui aggrapparsi nei momenti di sconforto".

Davanti a lei ci sono un centinaio di persone e ci sono artiste italiane, venute questa sera, a titolo gratuito, che  hanno dato una forma ai contenuti della serata. L'attrice Lucia Sardo, che ha raccontato di Felicia, la madre di Peppino Impastato. Emanuela Pistone, fondatrice dell'Associazione "Isola Quassùd", che ha  letto poesie e testimonianze di donne di paesi lontani, Matilde Politi ha iniziato la serata con i suoi canti, Laura Pirrone, Clara Salvo, Cecilia Pitino che ha cantato canzoni, emblematiche che hanno ricordato la morte di Rita suicida, perché rimasta sola, in giorni bui, dopo l'uccisione di Borsellino.

"Tra me e Rita c'era una differenza - ha detto Piera -: lei è cresciuta in una cultura mafiosa, che non la portava a fidarsi pienamente delle istituzioni. Io invece mi fido, ma soprattutto di quelle persone come quei ragazzi della scorta che da anni mettono a repentaglio la loro vita per me. In loro non vedo lo Stato, vedo la mia famiglia". Alla fine riceve l'abbraccio del pubblico presente nell'auditorium, le persone si alzano e l'applaudono, rendendole onore per avere scelto la giustizia e la lotta contro la mafia. Qualche mese fa aveva detto, in un'intervista: "Le persone che io e Rita abbiamo denunciato oggi sono libere. Io invece sono sempre in esilio". Resta una testimone di giustizia, una donna "a rischio", che teme di poter essere eliminata.

Per questo lei ha deciso di dare battaglia specialmente fuori dalle aule dei tribunali, incontrando i ragazzi delle scuole, dallo Zen di Palermo ai quartieri popolari di Torino, insieme ad altre donne per denunciare, esortare, rendere effettiva la lotta per la legalità.